Anche se il
'Rosatellum bis' in quanto modello elettorale potrebbe ancora riservare molte
sorprese, soprattutto in sede di costituzione dei
Gruppi parlamentari, nel momento in cui scriviamo alcuni elementi appaiono alquanto chiari. Innanzitutto, il
Movimento 5 stelle ha fatto il
'pieno' e bisognerà, in qualche modo, riconoscergli questo eccellente risultato. Forse, un'operazione di liste di affiancamento avrebbe potuto completare il quadro della vittoria, avvicinando maggiormente il movimento
'pentastellato' al
40%. Ma si tratta di un ragionamento totalmente
ipotetico, che potrebbe
'tornar buono' per il futuro. Il secondo elemento che emerge è la
fine, questa volta definitiva, di
Silvio Berlusconi, al quale non si poteva chiedere, alla sua ormai veneranda età, di tornare a essere
"l'uomo della Provvidenza". Il terzo elemento è la crescita della
Lega, che pone tale forza politica alla
guida dell'intero centrodestra. Infine, appare evidente la
disfatta del
Partito democratico, che a nostro parere dovrebbe cominciare a orientarsi, giunti a questo punto, verso una scelta di
netta discontinuità, magari andando a sostenere in parlamento, per questioni di
responsabilità nazionale, un nuovo
Governo guidato da
Luigi Di Maio. Ciò significa, ovviamente, che
Matteo Renzi non può pretendere di continuare a svolgere il proprio ruolo politico di
segretario nazionale come fu invece possibile, nel
2008, per
Walter Veltroni, il quale, pur perdendo, era riuscito a ottenere un dato assai più significativo. L'indicazione di un
'renzismo' ormai
'scarico', da noi segnalata più volte e in varie sedi, si è vista nettamente
confermata, anche se la coalizione di centrosinistra potrebbe riversare sul
Pd un dato del
5% in più: una redistribuzione che, stando ai numeri attuali, in ogni caso
marginalizza l'intero centrosinistra al terzo posto della competizione elettorale. Insomma, stando così le cose, ancora una volta il passaggio elettorale ha denotato un'assoluta divisione del popolo italiano in
3 blocchi, anche se questa volta i rapporti di forza sono ben diversi rispetto a quelli del
2013. Tutto ciò ci induce a mantenere le nostre
riserve nei confronti di un elettorato che rimane prigioniero di concezioni sostanzialmente
'tardo-ideologiche'. E veniamo ora a spiegare il perché di un simile giudizio:
1) è chiaro che il
M5S oggi si presenta come vero e proprio erede del
Partito comunista italiano, per lo meno nella sua funzione di contenimento del voto di protesta: un merito non di poco conto;
2) la manovra di
'riposizionamento centrista' del
Pd tentata da
Matteo Renzi non ha dato i frutti sperati, poiché non si è avuta quella
'frana' tra i ceti cattolico-moderati in cui il neo-senatore fiorentino forse confidava;
3) il magro
14% raccolto da
Forza Italia chiude completamente un'intera stagione. E il ritardo di questa forza politica nel voler intraprendere un percorso di rinnovamento interno viene pagato, questa volta, in termini piuttosto
salati. Tutto questo rende il quadro politico sostanzialmente un
'rebus'. Per parte nostra, negli ultimi anni si era cercato di consigliare una maggior insistenza, presso il popolo italiano, circa l'esigenza di una
governabilità il più possibile
univoca e
compatta sotto il profilo della visione complessiva. Ma la nostra classe politica, per l'ennesima volta, ha
sottovalutato la situazione, decidendo di
tirare a 'campare' rinchiudendosi nel proprio
'fortilizio', in attesa di un
miracolo 'provvidenzialista'. Ebbene: il
miracolo non è
avvenuto. E l'attuale situazione risulta ancor più
indecifrabile rispetto a quella del
2013. Di questo
'miracolo mancato', la classe politica cosiddetta
'tradizionale' è pienamente
responsabile, non avendo voluto rispondere in anticipo alle richieste che provenivano da una larga parte del popolo italiano. Ora, la parola passa al
presidente Mattarella: sarà lui a indicarci su quale base interpretare politicamente un simile
esito. Ovvero: in una
'chiave 'proporzionalista', premiando cioè il dato del
Movimento 5 stelle; oppure
maggioritaria, basandosi dunque sui dati di
coalizione e sul
sorpasso che la
Lega è riuscita a effettuare sul movimento guidato, forse troppo a lungo, da
Silvio Berlusconi. Il quale è il vero
sconfitto di questa consultazione. Insieme, ovviamente, a
Matteo Renzi.