Ho votato per la prima volta il
18 aprile 1948, avendo da poco compiuti i
ventuno anni, età allora necessaria per votare per la
Camera. Non nascondo che votai con
passione civile, senza l'entusiasmo di chi spera in una vittoria della sua parte. Che era un
Partito liberale, che poco ci mancava si scusasse di esistere. Furono le elezioni del falso salvataggio, della
'diga' contro il
comunismo avanzante da est, dal quale ci aveva salvato il tracciato della
"cortina di ferro". Ne seguirono gli anni di
regime clericale. Aver contribuito in seguito un po' di più di quanto non fosse possibile a ogni cittadino alla sconfitta di quel
regime è quanto di meglio possa riconoscere a me stesso alla fine dei miei anni. Voto oggi, settant'tanni dopo, con una
passione civile non scalfita dagli insuccessi, dalle brutture, dalle incomprensioni e dagli errori. Quelli miei e quelli di chi ho avuto vicino. E voto con la mesta consapevolezza che, all'indomani, quale che ne sarà l'esito, non mi sarà dato di considerarmi tra i
vincitori. La passione civile mi consente di poter votare
a fronte alta, senza
compromessi morali e senza viltà di
diserzioni. Certo, però,
senza quell'entusiasmo che mi faccia sentire meno grave la responsabilità e più chiare le previsioni. Voterò contro il
'prepotere', contro idee e vuoti ideali, complicità con le violenze, oggi quelle
giudiziarie, di un nuovo
'squadrismo togato'. Contro quella
violenza e la sua
(in)cultura. Andrò per esclusione. Ma il mio non sarà un
'voto contro'. Un voto a favore di chi più di altri è stato
bersaglio di un
'golpe' consumato e di uno rimasto, si spera, a metà. Ho già detto - ed è inutile che lo ripeta - che non voterò certo per gli
accattoni e le
accattone, né per una
sinistra parassitaria del
terrorismo giudiziario, che vive delle sedimentazioni guaste e funeste di questo suo parassitismo e degli errori di decenni. Non voterò certo per la
supponenza cretina e ignorante dei
'grillini', per la loro
politica dell'antipolitica. Il
Partito dei magistrati è, oggi, culturalmente e praticamente il
'nocciolo' della
risacca antidemocratica, illiberale, autoritaria che minaccia il nostro Paese. Il voto non è una sorta di
onorificenza, un attestato di benemerenza, né un
risarcimento consolatorio, ma credo che debba, nelle circostanze attuali, esser dato a chi è stato ed è tuttora il
bersaglio contro cui si è scatenato lo
squadrismo golpista giudiziario. Voterò quindi centrodestra,
Berlusconi, sì,
Berlusconi e, perché no,
Antonio Tajani, che è un politico e un giornalista italiano
presidente del parlamento europeo dal
17 gennaio 2017, anche se a essi non posso riconoscere di aver saputo
opporre alla
violenza giudiziaria la forza di una
fede nella giustizia. E anche se non hanno saputo e voluto presentarsi al Paese come
veri combattenti contro quella sciagurata operazione in loro danno. C'è, naturalmente, la questione delle
alleanze pericolose. Ma, intanto, sono state alleanze che hanno
resistito alla demonizzazione e alla
sopraffazione del centrodestra e del suo
leader. E, poi, per fortuna qui non avrò la fastidiosa presenza della
Lega. Ragionamenti
contorti, direte. Ma non intendo seguire una
'linearità' che mi conduca
all'assurdo, magari
all'astensione, che è una
diserzione. Spero che altri vedano
tempi migliori.