In un Paese appena emerso dalla
recessione economica, è facile scambiare per
'eccellenze' alcune semplici
storie di normalità. Ecco perché, in questo primo numero del
2018 di
'Periodico italiano magazine', siamo andati a cercarle tra le imprese
medio-piccole e fra quelle
'start-up' che si sono dimostrate capaci, in questi ultimi anni, di competere sui mercati internazionali per qualità produttiva e innovazione. Abbiamo voluto cioè focalizzare la nostra attenzione su quelle aziende che hanno saputo
reagire alla crisi, oppure che sono riuscite ad ampliare e a
rigenerare i mercati, confrontandosi con altre realtà sparse in tutto il mondo. Innanzitutto, abbiamo notato che una delle cause della nostra
crisi di produttività deriva proprio da una
mentalità 'nazionalista' e
'sovranista', la quale proprio non intende abbandonare un determinato
'campanilismo' imprenditoriale, spesso legato a settori scarsamente propensi alle innovazioni. In secondo luogo, cattive politiche di assistenza e una scarsa attenzione verso i consumatori hanno provocato conseguenze negative su alcuni comparti industriali, come per esempio quello delle
automobili, costringendo molti grandi gruppi a
concentrazioni e
fusioni che permettessero ricapitalizzazioni e investimenti. Infine, rimane insuperata, in particolar modo in
Italia, una certa idea del
profitto che non proviene affatto dalla cultura
calvinista e
'weberiana' dell'interesse privato che riesce a evolversi in quello collettivo dei consumatori - i quali vorrebbero comparare tra loro i vari prodotti, al fine di scegliere sulla base di un più efficace
rapporto qualità/prezzo - bensì si preferisce rimanere legati a una concezione economica di
'quasi monopolio', in cui solo le aziende più grandi hanno influenza sui mercati, determinando i prezzi delle merci. Tali
'zavorre', che fanno esplicito riferimento a forme di capitalismo spesso
ingannevoli, quando non
'estorsive' o da
'Far west', sono espressamente vietate da numerose direttive emanate
dall'Unione europea in questi ultimi decenni. Ed è esattamente per questo motivo che essa viene indicata, da qualche tempo, come una
struttura 'iperburocratica', da abbandonare immediatamente. Proprio addentrandoci alla ricerca delle
'nuove eccellenze', ci siamo accorti dei
veri conservatorismi che stanno cercando di contrastare il processo di
costruzione europea, giudicato negativamente da alcuni grandi gruppi d'interesse, non soltanto americani, i quali, fino a qualche anno fa erano liberi di
'soffocare' i mercati, ricorrendo ad
alleanze e
'cartelli' che sostanzialmente impedivano l'entrata di nuovi soggetti in molti comparti produttivi. Da tali comportamenti deriva una forte, ma giustificata, diffidenza verso la
ricerca privata, finalizzata quasi esclusivamente a difendere gli interessi dei
'colossi'. Ciò, a sua volta, determina la marginalizzazione della
libera ricerca indipendente, che risultando scevra da ogni condizionamento, viene considerata potenzialmente in grado di
destabilizzare e rimettere in discussione interi settori industriali e di mercato. Tutto questo produce una
situazione di 'stallo', culturale e politico, ma anche e soprattutto economico, profondamente radicato nel nostro
'sistema-Paese'. Una
'impasse' che dovrebbe essere oggetto di maggior attenzione da parte delle
forze di progresso, poiché si tratta di un vero e proprio
'macigno' posto sulla strada di un nuovo rapporto di fiducia tra
interesse pubblico e quello
privato. La dimostrazione di quanto stiamo denunciando la si può notare, per esempio, nel settore delle
biotecnologie e della
biogenetica, in cui si assiste a un grande fermento che nasce
al di fuori delle grandi aziende e che potrebbe essere accompagnato da forti politiche di irrobustimento attraverso
fondi specializzati, sia pubblici, sia privati. Una
'terza via' che, da altre parti, ha già preso piede da tempo, costituendo un esempio virtuoso di rilancio economico esportabile anche in
'tessuti' e situazioni molto differenti, permettendo altresì di aggregare competenze che possano non solo aiutarci nelle valutazioni qualitative della produzione, ma anche di
aprire i mercati a nuovi soggetti e protagonisti. Le
'nuove eccellenze', insomma, potrebbero superare una
vecchia concezione del capitalismo, paragonabile alla città di
Las Vegas - ricca al proprio interno di
attrazioni e
divertimenti, ma interamente circondata dal
deserto - al fine di ricondurci verso condizioni di concorrenza maggiormente
'leali', basate cioè sulla qualità effettiva dei prodotti e su politiche dei prezzi
non ricattatorie, in grado di creare nuove
'zone abitabili' per molte giovani aziende e, al contempo, di assorbire la
disoccupazione giovanile. E' esattamente questo il
'piano regolatore' a cui dovrebbero attenersi le forze cosiddette
'di sinistra', dotandosi di strumenti che favoriscano l'avvio delle svariate e molteplici iniziative, in particolar modo quelle legate agli ambiti
dell'imprenditoria giovanile o di quella
femminile, per fare in modo che esse siano poste nelle condizioni di riuscire ad
attrarre nuovi investimenti lungo il percorso del loro sviluppo. E' dunque necessario un forte senso della competitività, che selezioni le
'eccellenze' ponendole in un contesto specifico, finalizzato a valorizzarle: una strategia di specializzazione della produzione e del lavoro che non sia rivolta solo a qualche
singola iniziativa, bensì entri a far parte di un progetto di politica economica e industriale in grado di renderci più competitivi a livello globale. Una
focalizzazione sovranazionale - e non semplicemente
nazionale o
locale, cioè basata unicamente su alcune
'eccellenze' specifiche - accompagnata dall'accettazione di forme di selettività dettate dai consumatori: dovrebbero esser queste le basi di una nuova
'agenda' per il futuro della cultura imprenditoriale italiana. Invece, è esattamente questo ciò che si cerca
d'impedire, anche qui da noi, attraverso l'utilizzo delle
forze 'sovraniste' e
populiste, avvantaggiate dalla
scarsa consapevolezza di alcuni ambienti della
sinistra radicale, tutt'oggi ancorati a
obsoleti schematismi statalisti che rischiano di
'fare il gioco' dei gruppi d'interesse più
retrivi e
conservatori.PER LEGGERE LA NOSTRA RIVISTA 'SFOGLIABILE' CLICCARE QUI
Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)
(editoriale tratto dalla rivista 'Periodico italiano magazine' n. 35 - gennaio 2018)