Ero soltanto
un acchiappanuvole, uno scrittore di
libri di fantascienza, oppure riuscivo a vedere, soltanto io insieme a pochi altri,
quello che si stava preparando nel mondo della genetica e della clonazione? Questa domanda è lecita dopo che un gruppo di ricercatori coreani ha
isolato per la prima volta linee umane di cellule staminali embrionali, fatte apposta per
adattarsi al Dna nucleare di pazienti maschi e femmine di età diverse, con malattie genetiche o che hanno subito traumi al midollo spinale. Per inciso, uno dei miei collaboratori da due anni lavora con questo gruppo, trasmettendoci risultati e lavori di grandissimo interesse e non soltanto quelli di cui si parla adesso.
Il processo di clonazione, quello che non si doveva realizzare a tutti i costi
secondo alcuni giornalisti saccenti e ‘caproni’, per di più della sinistra snob che mi sbeffeggiavano, si è rivelato invece di grandissima importanza con un meccanismo totalmente innovativo. Ognuna delle undici nuove linee di cellule staminali embrionali realizzate è stata creata, per clonazione, con il
trasferimento in ovociti svuotati del nucleo di materiale nucleare genetico, prelevato da cellule non riproduttive di pazienti malati, i quali hanno dato il loro consenso alla sperimentazione e hanno donato le cellule. In seguito
gli ovociti ‘riempiti’ con il nuovo materiale genetico donato dai pazienti
sono stati fatti crescere fino allo stadio embrionale di blastocisti, dalla cui
‘massa interna’ è stata ricavata una notevole quantità di
cellule staminali embrionali. Altro che risultati sulle
cellule staminali adulte, le quali
mai ci potranno dare questa ricchezza di materiale su cui lavorare.
Insieme ai risultati ottenuti a
Newcastle, in Inghilterra, adesso possiamo confermare che
la via dell’impiego delle cellule staminali provenienti dagli embrioni umani apre nuovi percorsi scientifici indubbiamente difficili, ma con enormi prospettive. Intanto
gli embrioni in Italia rischiano di sparire nel nulla come, in effetti,
vogliono i ‘difensori della vita’ secondo i quali basterebbe
‘osservare’ le cellule per fare
un’accurata diagnosi prenatale. Proprio questo ha detto
l’onorevole Santanchè, affermando in tv, con disinvoltura, che
la legge sulla procreazione medicalmente assistita nelle sue norme di applicazione ha, di fatto,
sostituito la diagnosi prenatale con questa ‘osservazione’. Prima di impiantare un embrione dovremmo, infatti,
separare e isolare una cellula e osservarla semplicemente. Per quanto tempo
non si sa e neppure si è a conoscenza di cosa dovremmo fare, durante questa osservazione. Viene da fare dell’ironia su questa disposizione. Se la cellula sbadiglia, si annoia, significa che è in ottime condizioni; se invece si mette a piangere, allora possiamo capire che sta male. Fuori dell’ironia, che non viene bene per il semplice motivo che si tratta di una cosa tremendamente seria, rimane il fatto che
non siamo autorizzati a studiare il Dna interno alla cellula, il quale, come ormai quasi tutti sanno, è in grado di
farci capire l’eventuale presenza di malattie genetiche. Ma se anche
‘osservando’ la cellula giungessimo alla conclusione che quell’embrione è malato, non cambia nulla. Rimane infatti
l’assurdo obbligo di reimpiantare tutti e tre gli embrioni che abbiamo creato, come ha confermato la Corte Costituzionale quando ha ammesso il quesito referendario che riguarda la diagnosi e il reimpianto. Nel nostro Paese, purtroppo, quello che conta soprattutto è il piccolo sotterfugio, lo stratagemma miserabile, ma
non l’idea di una ricerca a vasto respiro. La clonazione di una cellula è
il nuovo demonio del nostro tempo, anche se i colleghi coreani ci dimostrano che con questo sistema sarà forse possibile, un giorno,
curare addirittura dei pazienti che hanno avuto gravi traumi alla colonna vertebrale. Con questo stesso sistema, secondo me, è possibile anche risolvere i problemi del sistema riproduttivo maschile clonando cellule del malato stesso. Quello che conta invece per questi
pseudo-politicanti è di
dividere il capello in quattro o, addirittura, come dicono in maniera enfatica,
“non manipolare la vita”. Si tratta di un’affermazione del tutto
retorica, che riempie la bocca di chi la pronuncia, ma che in sostanza non significa assolutamente nulla. Purtroppo
nel nostro Paese e in tutto il mondo la vita, quella reale, non di un embrione che non è diventato ancora una persona (deve prima ‘maturare’ per al meno 14 giorni), viene umiliata, distrutta, sbeffeggiata, annichilita, polverizzata e torturata in tutti i modi possibili. Ma se delle
cellule che ancora
non hanno formato il basilare meccanismo neuronale vengono studiate per curare gravissime malattie, dal cancro al diabete, si
aprono le cateratte del Cielo e si invoca il castigo divino, salvo poi ammettere che
questi benedetti embrioni, che da anni si trovano nei frigoriferi,
finiranno nel nulla, in attesa di un’improbabile e assurda adozione che, per legge, addirittura non può essere praticata. Tutto mentre noi
ci dividiamo nel partito dei quattro Si e in quello veramente oscurantista dei No. Nel resto del mondo, intanto, ricercatori che addirittura qualche anno fa imparavano da noi, adesso sono passati all’avanguardia e annunciano
nuove frontiere nella terapia di importanti patologie. Per fortuna la scienza non conosce confini, perché se fosse stata rinchiusa soltanto nel nostro Paese,
saremmo ancora ad affermare che il sole gira intorno alla Terra.
Direttore Scientifico Raprui Roma
Articolo tratto dal quotidiano 'Libero' del 25 maggio 2005