Il principale
errore, commesso per interi decenni dall'intera classe politica italiana, è stato quello di rinunciare ostinatamente ad analizzare la
società e i suoi mutamenti di fondo. Un
rinchiudersi all'interno dei propri Partiti, considerati come dei
'bastioni' di protezione rispetto alla società stessa. Ciò ha allontanato i cittadini dalla politica, inducendoli ad affidare il proprio consenso a un movimento disordinato e protestatario come quello dei
'5 stelle'. Si è generata una
distanza, tra società e classe politica, praticamente
incolmabile. Anche chi, nel
1994, aveva annunciato di voler
"scendere in campo" nel tentativo, puramente di
'facciata', di realizzare una
"rivoluzione liberale" si è poi ben guardato dal voler quanto meno
'abbozzare' un'analisi efficace della realtà più profonda del nostro Paese. Probabilmente, una certa impostazione
'classista' del
moderatismo italiano ha indotto tutti quanti a non porsi minimamente il problema di affrontare ambiti e settori alquanto impervi: occuparsi di
welfare o, più in generale, di
'sociale' è
"roba da socialisti". Perché, allora, continuare a sperare in una
"rivoluzione liberale", se chi dovrebbe condurla si limita a porsi come un semplice
restauratore dell'ottuso opportunismo
dell'italiano 'medio'? Il quale, oggi, non è più un
colonialista, un
assolutista o un
'guerrafondaio' solamente perché è cambiato il mondo attorno a lui, non in quanto risultato di
un'evoluzione culturale innescata da
Silvio Berlusconi o da qualcuno dei suoi
alleati, di ieri e di oggi. Insomma, i
moderati attuali sono più o meno gli stessi di ieri:
anacronistici, demenziali, legati a una concezione
'atomica' della
libertà privata. Vetusti
detriti culturali, poiché una libertà totalmente
'sganciata' da ogni forma di sensibilità verso l'interesse generale del Paese è mero
opportunismo, non
liberaldemocrazia: sarebbe anche il caso che qualcuno lo comprendesse con un minimo di
'crociana' onestà intellettuale. Ma in tutto questo e oltre a tutto questo, il vero
'guaio' è che anche il mondo
democratico e
progressista si è dimostrato
provinciale, qualunquista, piccolo borghese, esattamente come quello
moderato. Per anni, a sinistra ci si è
'riempiti la bocca' di parole senza fornire loro alcun significato concreto. E ciò è avvenuto perché anche il mondo degli
intellettuali e della
classe politica 'di sinistra' è completamente cambiato: non c'è più
l'Unione sovietica, né il
sogno marxista del
"paradiso sulla Terra", né quello dell'eguaglianza e della fratellanza tra i popoli e i singoli individui appartenenti a generi e razze diverse, a fedi e religioni distinte, a filosofie e culture differenti. Si tratta di
valori crollati solo materialmente, legati cioè all'esperienza storica di un
socialismo determinista e 'coattivo', ma ancora validi in senso
ideale e
'spirituale': ecco perché
l'esponente più avanzato e
progressista sembra essere, oggi,
l'attuale pontefice. I presupposti sociologici e i princìpi filosofici della
rivoluzione francese sono ancora tutti in piedi. E allora? Che cos'è che ci sta
'scaraventando' tutti quanti all'indietro, verso una crisi di valori devastante, che ha ormai distrutto ogni
cultura politica precedente? La risposta, tutto sommato, è piuttosto semplice: l'avvento del
'leaderismo' e del
'personalismo' all'americana. L'italiano
'medio' è stato indotto a scegliere l'esponente più adatto a rappresentarlo in base a nuovi criteri puramente
percettivi, d'immagine, anziché legati ai
contenuti politici reali. Non è stata
Tangentopoli a generare la regressione: le inchieste di
'Mani Pulite' sono state il
'detonatore' della crisi, ma non la
causa primaria. Dopo il crollo della prima Repubblica, la classe politica dei
Veltroni e dei
D'Alema, ma anche dei
Romano Prodi e dei
Fausto Bertinotti, avrebbe dovuto preoccuparsi di rielaborare nuovi orizzonti e strategie, rinnovando se stessa. Invece, si è deciso di affidarsi totalmente
all'apparente modernità del marketing, alle
analisi di mercato, ai
sondaggi d'opinione, ai venti mutevoli di una quotidianità priva di obiettivi riformisti di lunga lena. Un errore commesso anche perché a nessuno è stato concesso il tempo di reagire alla nuova situazione:
'quel tempo' se lo è preso,
a suo tempo - mi si perdoni il
'gioco di parole' - il
'berlusconismo', la creazione di
Forza Italia, la
sotto-cultura commerciale del
mero intrattenimento televisivo. Anziché impegnarci a formulare un nuovo
progetto di società, si è perseverato diabolicamente nell'errore che si era già commesso nell'altro
'campo': si è cercato di
'scopiazzare' un'impostazione
pasticciona e 'populista', quasi da
'sit-com' televisiva, dimostrando di essere
una sinistra completamente priva di idee proprie. E' così cominciata la lunga serie di
'mutazioni', le quali non si sono affatto poste il problema di
'tornare al sociale' o di affrontare una seria riforma di un
welfare ridotto a un
'colabrodo' di
sprechi e
clientelismi, insomma di fornire una
risposta strutturale e realmente
alternativa ai problemi. Anche i provvedimenti approvati nell'ultima legislatura sono state spesso decisioni
prese 'a metà': nell'immediato, affrontano alcuni problemi, ma poi risultano totalmente privi di una visione che ne delinei una
coerenza culturale di fondo, al fine di raggiungere degli obiettivi che rispondano agli interessi concreti della collettività. Tale
parziale fallimento è particolarmente grave proprio per quei Partiti che si sono sempre definiti
"di sinistra". Certamente, alcune
riforme sono state portate a compimento. E qualche obiettivo è stato anche raggiunto, in qualche modo. Ma è proprio questo
"in qualche modo" che preoccupa e che continua a preoccuparci. Tra le forze
laiche e di
progresso manca un
metodo, oltre a una
strategia complessiva.
Silvio Berlusconi e le
destre, per quanto
'sgangherato' e
populista, un proprio
metodo ce l'hanno:
l'aziendalismo gerarchico; la convinzione di poter
trascendere dalle norme giuridiche; un'inconsapevolezza e una
sprovvedutezza delirante, che tuttavia riproduce fedelmente le contraddizioni più banali
dell'italiano 'medio'. Ai cittadini dev'essere spiegato:
a) perché è giusto cambiare e migliorare se stessi;
b) perché occorre rivedere alcuni valori di comportamento nei riguardi delle donne;
c) perché è necessario accettare un nuovo
'modello' sovranazionale basato sui valori della
solidarietà e di accettazione della
diversità tra le culture e le persone;
d) perché è opportunto e persino urgente battersi per una
società 'aperta', laica, moderna, integrata e multiculturale. Se non siamo in grado di far comprendere queste cose agli italiani, perché mai quel che
andava bene fino a ieri, oggi non dovrebbe
valere più nulla? Era questa la domanda a cui bisognava rispondere in maniera
politicamente articolata. La gente non può continuare a sentirsi
'investita' dalle questioni come se stesse cercando di
attraversare la strada in mezzo a un circuito di
'Formula Uno'. Non è da persone
laiche, né tantomeno
"di sinistra", decidere di
abbandonare intere categorie sociali a se stesse - i giovani, le donne, i lavoratori, l'intera società - lasciandole
completamente in balìa di mutamenti epocali. Si trattava di questioni alle quali delle forze politiche realmente
democratiche dovevano saper rispondere. Invece, ci siamo ritrovati tutti
'scagliati' all'interno di un
'vuoto' che ha generato soprattutto
disorientamento. Le poche
élites colte rimaste in campo, quelle
socialiste, radicali e
cattolico-progressiste, si sono anch'esse adeguate al
conformismo 'berlusconiano'. E innanzi a un orizzonte così tragico e desolante, gli unici che hanno dimostrato l'intenzione di voler rielaborare
un'idea 'diversa' di cultura politica, proiettata verso il futuro e capace di provare ad andare
al di là delle 'culture perdute' sono stati proprio i ragazzi di
Beppe Grillo e
Gianroberto Casaleggio. La forza politica attualmente guidata da
Luigi Di Maio non manda
'in sollucchero' i
'palati' più sofisticati dei nostri
opinionisti, compreso quello del sottoscritto. Ma per lo meno, il
'M5S' ha saputo dimostrare l'intenzione di
volersi battere per la
dignità delle
persone. E questo è un merito che non possiamo continuare a negare. Le cose, purtroppo, stanno così: la
politica si è
volutamente dimenticata della società. Pertanto, la
società ha deciso di
dimenticarsi della politica. Non si tratta di una personale dichiarazione di
resa: non sono affatto intenzionato a votare per il
Movimento 5 stelle, né mi adopererò in alcun modo a favore dei loro disordinati e contraddittori programmi politici. Ritengo semplicemente necessario un nuovo
approccio di
dialogo e
comprensione verso di loro: basta con i
cinismi e le
malignità, poiché potrebbe nascere un rapporto assai più fecondo, estremamente utile per questo
disgraziato Paese. Se valgono le ipotesi sopra esposte,
'Liberi e Uguali', insieme a tutte quelle forze che si richiamano al mondo che ruota attorno al critico d'arte
Tomaso Montanari e all'amica
Anna Falcone - coraggiosamente prodottasi, in questi ultimi anni, in uno
sforzo 'perlustrativo' non indifferente - insieme al
professor Pisapia, Nichi Vendola, Pippo Civati e tutti gli altri debbono dimostrarsi
finalmente consapevoli di quale sia, oggi, il compito di una
'nuova sinistra', anche al fine di farlo comprendere agli elettori: quello di
sposare un'idea della politica basata sull'azione. Perché noi
'padri' non siamo tenuti solamente a
comprendere i nostri
figli, bensì dobbiamo anche
saper agire con loro, avvertendoli, consigliandoli, guidandoli alla luce della nostra esperienza e avvedutezza. Senza
pregiudizi o
malafede.