Sono un affezionato ascoltatore della
radio, mezzo che ho praticato, pratico e praticherò ancora perché si tratta di un media che ho sempre profondamente amato. Ma durante la settimana appena trascorsa sono incappato in alcune trasmissioni aperte all'intervento del pubblico o di ospiti esterni, nelle quali il
giornalista/conduttore si è clamorosamente e impropriamente sostituito all'intervistato prendendosi la
'briga' di '
tradurre' ogni contributo o risposta, fosse di ascoltatore o di politico, uomo di cultura, scrittore, editore o
'cialtrone' di turno, secondo il suo personale punto di vista. L'esempio più clamoroso è quello di
Alessandro Milan, che a
'Radio24', lo scorso
13 dicembre (o forse era il
14), ospitava l'assessore al Welfare del comune di Milano,
Pierfrancesco Majorino, che di certo non si distingue per essere un pericoloso estremista. Dopo un paio di minuti di chiacchierata,
Milan ha chiuso il collegamento con l'assessore meneghino dopo avergli posto una domanda alla quale
Majorino non aveva avuto il tempo di rispondere compiutamente, sostituendo il proprio punto di vista con ciò che avrebbe potuto dire, ma non aveva avuto il tempo di articolare, l'esponente dell'attuale Giunta comunale milanese. La sgradevolissima sensazione che ne ho tratto è quella di uno
'scontro in divenire' tra
politica e
giornalismo, affinché il secondo si sostituisca, quando serve, alla prima. Se anche fosse vero - e probabilmente lo è - che i nostri
politici attuali, o di questo preciso periodo storico, non brillino per capacità, preparazone e sintesi dialettica, di certo anche molto
giornalisti del 'jour d'houi' non si distinguono particolarmente né per intelligenza, né per professionalità e, purtroppo, ancor meno per indipendenza. Con tutto il rispetto per
Alessandro Milan, il suo programma
'I Funamboli' e la bella radio di
Confindustria.