Giuseppe LorinA 90 anni, l'avvocato Mauro Mellini, già deputato al parlamento per quattro legislature e componente, dal 1993 al 1994, del Consiglio superiore della magistratura, ancora oggi svolge un'intensa attività pubblicistica, collaborando con 'L'opinione delle libertà', diretta da Arturo Diaconale. Un autore che ha sempre trattato questioni giuridiche molto delicate: quelle inerenti all'amministrazione della Giustizia, con particolare attenzione verso il problema dei 'pentiti', di cui ha voluto approfondire anche gli aspetti storici nell'opera: 'Eminenza la pentita ha parlato', edito da Tullio Pironti (Napoli, 1982). Altra sua pubblicazione di spessore fu il volume 'Così annulla la Sacra Rota', del 1968, ma di sorprendente chiarezza si rivelò il suo libro sugli anni di piombo: 'Brigate rosse: operazione aborto', del 1974. Illuminanti anche i lavori: 'Il giudice e il pentito', del 1986; 'Toghe padrone' uscito nel medesimo anno; 'Nelle mani dei pentiti', del 1999; 'Tra corvi e pentiti', edito da Koinè nuove edizioni e pubblicato nel 2004. Nella disamina 'La fabbrica degli errori, breviario di patologia giudiziaria' (sempre per Koinè edizioni), Mauro Mellini attua una rapida, ironica e a tratti paradossale disamina delle ragioni per le quali l'errore, la persecuzione e la condanna dell'innocente, anziché un'inconveniente eccezionale risultino essere "un rischio normale, sempre incombente del sistema". Una verità assai poco conosciuta dai più. E poco meditata anche dagli addetti ai lavori, benché rappresentativa di una realtà sconcertante. Quella di Mellini è un'analisi impietosa, utile ad aprire un dibattito meno superficiale sulle terapie da adottare. Ed è qui che diviene opportuno ricordare il 'calvario' giudiziario subito, ingiustamente, dal professore e avvocato Franco Bartolomei, ordinario di diritto amministrativo all'Università di Macerata, direttore del Dipartimento di diritto pubblico e allievo di Massimo Severo Giannini: un giurista insigne e cattedratico di fama, già ministro della Funzione Pubblica nel Governo Cossiga. I libri di Mauro Mellini evidenziano quell'ombra 'kafkiana' di sofferenza che mandò nel carcere di Montacuto l'avvocato Bartolomei, tirato in 'ballo' da imprenditori, politici e amministratori senza scrupoli, i quali, come Pilato, pur conoscendo la verità dei fatti, se ne lavarono le mani, adducendo una serie di allusioni e sospetti. Il legale in questione venne interrogato come testimone e, in seguito, indagato per reticenza. E si ritrovò in carcere senza aver mai ricevuto un'informazione di garanzia, senza previo interrogatorio o avviso di garanzia per il reato che gli veniva contestato. L'avvocato saprà solo in seguito che l'imputazione era di 'millantato credito'. Dopo tre settimane, la magistratura decise la sua scarcerazione, ma pochi mesi dopo, un infarto lo colse durante le festività natalizie. Tale vicenda ricorda assai da vicino altre storie e personaggi screditati o accusati ingiustamente, come per esempio quella di Enzo Tortora. Dopo diversi anni, la Cassazione annullò la condanna emessa contro l'avvocato Bartolomei. Le prove a carico del professore non potevano essere utilizzate. E si venne anche a scoprire che il suo nome era stato fatto tramite un allucinante sorteggio: un'esperienza surreale, una 'discesa infernale' lungo le volte di un potere 'sordo' e incontrollato, al quale Mauro Mellini ha dato eco nel già citato libro 'Toghe padrone' e, ancora, nei volumi: 'Nelle mani dei pentiti'; 'Tra corvi e pentiti'; 'Il partito dei magistrati, storia di una lunga deriva istituzionale', quest'ultimo accompagnato dalla prefazione di Giuliano Ferrara e pubblicato da Bonfirraro Editore nell'ottobre del 2011. Mauro Mellini si evidenzia nell'analisi della nostra 'organizzazione legislativa', grazie alla sua composita e poliedrica personalità politico-istituzionale. Leonardo Sciascia, dopo esser stato consigliere comunale del Pci a Palermo, lo definì "l'unico interlocutore culturalmente valido". E lo stesso Mellini, quando apprese della morte del Maestro di Racalmuto, si rammaricò profondamente per non aver potuto approfondire i numerosi 'spunti' che la sua opera 'Il giorno della civetta', ha offerto e continua a offrire al dibattito politico, giuridico e istituzionale italiano.


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