Il miracolo è avvenuto:
Silvio Berlusconi e il centrodestra italiano sono stati
estumulati e
resuscitati. Alla faccia delle
contraddizioni e degli
'sputtanamenti' all'estero. Va bene: registriamo anche questo
dato siciliano. Anche perché, la vittoria del centrodestra, in un
Paese 'barzelletta' come il nostro non è affatto una novità. Altrimenti, non si spiegherebbe perché abbiamo avuto
50 anni di dominio democratico cristiano. I
siciliani si sono rivolti al solito
'forno'. E il disegno
'renziano', così come quello
'veltroniano', si è autocondannato alla sconfitta e all'isolamento. Questi sono i risultati di un
delirio di onnipotenza e di
un'ubriacatura, quella delle
elezioni europee del 2014, mai del tutto
'smaltita' dai vertici del
Pd. L'idea di emarginare
ambienti ed
esponenti politici che, per interi decenni, hanno saputo svolgere compiti e ruoli istituzionali fondamentali, ottenendo anche dei risultati effettivi e concreti, in nome di una
'rottamazione' che ha semplicemente replicato le medesime
metodologie feudali, basate sulla fidelizzazione di persone e incarichi, hanno semplicemente dato l'idea di una
nuova 'casta' di potere che si sostituiva a quella vecchia. In secondo luogo, c'è un equivoco di fondo sulla
leadership, quella di
Matteo Renzi, che si è dimostrata, ogni giorno di più,
personalistica e
'maldestra', nella convinzione che una parte dell'elettorato moderato fosse particolarmente
'sensibile' a determinate
metodologie propagandistiche o di mera
immagine. In terzo luogo, la strategia di provare a creare un nuovo fantomatico
'Partito della Nazione', in grado di diventare il nuovo
baricentro politico del Paese, non soltanto continua a risultare palesemente
'sbagliata', ma addirittura manca di ogni senso della realtà in sede di analisi.
L'Italia è cambiata da tempo, rispetto alla
prima Repubblica. E non ha alcuna intenzione di tornare alle logiche immobiliste della
seconda metà del '900. Siamo fuori già da tempo da determinati
schematismi, ideologici e politici. E credere di poter ricreare un
'centro' semplicemente cristallizzando un nuovo
ceto politico, rimane un dato politico superato, troppo legato al passato. Al
centro, dovrebbero esserci i
cittadini e i loro problemi, non una nuova
Democrazia cristiana vagamente di sinistra. Non una
nuova 'casta', insomma. In un'epoca di sviluppo tecnologico forsennato, in cui il mondo e la società stessa si sono messi a correre a
200 chilometri all'ora, credere di poter governare determinati processi socioeconomici chiedendo a tutti di salire a bordo di
un'antiquata diligenza, guidata da un solo e unico
'cocchiere', rappresenta un'emerita
idiozìa. L'idea di società che oggi s'impone è completamente diversa da quella del passato. E la capacità di saper affrontare problematiche gigantesche, come la
globalizzazione o
l'immigrazione proveniente dai Paesi del sud del mondo, così come quella di riuscire ad ammodernare i
meccanismi di funzionamento della
democrazia, debbono corrispondere più fedelmente e concretamente con la volontà dei cittadini. Non riuscire a comprendere questo, vuol dire
covare suggestioni che non esistono più. E soprattutto, significa non avere ben chiaro in testa alcun
modello di società, abbandonando il popolo italiano
all'edonismo individualista, alla
deriva opportunistica, alla sua tradizionale
'arte di arrangiarsi'. E, ovviamente, gli italiani si sono
'arrangiati': hanno inventato e dato forza a un
'terzo polo', quello del
Movimento 5 stelle, che ha finito con l'evidenziare il nostro vero
problema politico di fondo, che noi indichiamo da interi decenni: la sottorappresentanza di una
borghesìa laica in grado di svolgere una funzione di
'bussola' d'orientamento liberaldemocratico della democrazia italiana. La questione di un
'centro laico' che, spostandosi, possa garantire le varie evoluzioni politiche e un processo di più
rapida selezione delle classi dirigenti, è stata colpevolmente sottovalutata da tutti. In pratica, si è confusa la
Storia con la
geografia, considerando il
'centro' come un
terreno da colonizzare e
occupare militarmente, anziché concedergli
autonomia politica, identità culturale, funzioni di indirizzo sociale. Questo è il vero errore di fondo, commesso da tutti: credere nei
Partiti 'unici' dando, involontariamente, la
'stura' alla nascita di una nuova forza politica che non è neanche un
Partito, bensì un
movimento. Il
Partito democratico non potrà nemmeno svolgere quel ruolo di forza
'corsara' che appartiene a un contesto elettorale, quello
proporzionale, totalmente distinto e distante da quanto risulterà con la nuova
legge elettorale, voluta a tutti i costi e a
'colpi di fiducia', in cui le singole sfide di collegio vedranno il semplice
'stritolamento' e la
marginalizzazione di ogni candidato proveniente da una
forza 'terza', o
'centrista' che dir si voglia. Insomma, si è ingenerata una
confusione politica enorme, sintomo di una
mancanza di lucidità e di ogni
visione complessiva, che
'urla paura' da tutte le parti. Un autentico
suicidio politico, che il
Partito democratico merita pienamente, per
l'arroganza di un gruppo dirigente che ha dimostrato di non conoscere
limiti, né
confine alcuno.