Clelia MoscarielloL'Orto Botanico di Napoli celebra la scultura con una mostra che espone circa 30 opere di Giovanni Ferrenti. Dal 9 settembre al 3 ottobre è infatti esposta, presso la Serra Merola, la mostra del celebre artista intitolata: 'La scultura come attivazione dello spazio'. L'evento è stato inaugurato con una proiezione visiva e una conferenza, alla quale hanno partecipato il Rettore dell'Università degli Studi Federico II, Gaetano Manfredi; il direttore dell'Orto Botanico di Napoli, Paolo Caputo; l'assessore alla  Cultura e al Turismo del comune di Napoli, Gaetano Daniele. Sono intervenute, inoltre, la professoressa Annamaria Santarpìa, curatrice della mostra; il professor Franco Lista; la curatrice, Gina Affinito; varie istituzioni politiche; artisti e giornalisti. All'Orto Botanico di Napoli sono dunque presenti circa 30 opere dell'artista, i famosi 'Cromogrammi', altre grafiche inedite e sculture in metallo dell'artista napoletano. Tanti i materiali utilizzati da Ferrenti per le sculture: acciaio, legno, ceramica, carta, fili e soprattutto il ferro. Questa mostra mette in evidenza il filo conduttore che lega la natura con la scultura e lo spazio. Perché, secondo Ferrenti, lo spazio esiste anche dentro la scultura e ha un valore intrinseco. Noi di Laici.it abbiamo voluto chiedere alla curatrice, Annamaria Santarpìa, perché questa rassegna di Giovanni Ferrenti sia stata intitolata: 'La scultura come attivazione  dello  spazio'. "Perché questo è il titolo", ha risposto la Santarpìa, "tratto dal testo scritto da Franco Lista per il catalogo della mostra all'orto Botanico di Napoli. In realtà, bisogna considerare il modo del maestro di interrogare lo spazio con le sue opere. Le sculture di Ferrenti", ha proseguito la curatrice, "si muovono in un universo infinito, in cui si stanziato e divergono con esso parte di mondi immensurabili, in una doppia infinità di grandezze e di moltitudine. Le sue opere  hanno un'espressività emotiva della forma. E gli effetti che essa produce, si possono riassumere in 3 punti: spazio, tempo e forma, in quanto necessità  intrinseca  dell'essere  di occupare un punto, cognizione dell'essere  di un determinato periodo e sua interpretazione visiva che si fondono e si sintetizzano in un unico divenire: arte emozionale". Non è un caso che la mostra di Giovanni Ferrenti sia stata accolta proprio dall'Orto Botanico di Napoli: qui si fondono l'arte della natura e l'arte umana. Due spazi che s'incrociano e assorbono energia l'uno dall'altro. Le opere d'arte di Giovanni Ferrenti non possono lasciarci indifferenti: nascono da un vissuto, da una sofferenza, dall'amore, dalla malattia. Che siano sculture o grafiche, esse emozionano a primo impatto. "Anelli, segmenti e fasci di tubi, varie sezioni metalliche modulari, replicati e giustapposti", ci ha detto il professor Franco Lista, "seguono precise traiettorie strutturali, agglutinandosi secondo ritmi, sospensioni e scatti la cui durata va vista soprattutto nel loro prolungamento oltre i confini fisici della scultura. Le linee-forza, dunque, s'irradiano in modo consonante nello spazio, divergendo in molteplici direzioni e con varie durate ritmiche, a seconda degli scorci che le opere presentano o delle posizioni che il riguardante assume, poiché le opere non appaiono quasi mai come lavori compiuti e definitivamente organizzati entro un perimetro. Risultano, per converso, opere in divenire, che programmaticamente non intendono giungere a una risolutiva conclusione, se non evocandola come intenzione dinamica, mutevole nell'incremento e nell'investimento di senso del fruitore attento e sensibile. A questo vitale intersecarsi di flussi corrispondono le mutevoli vibrazioni materiche del ferro, perennemente instabile al cangiare della luce. Ed è questa stessa materia che Ferrenti interroga, penetra e forma per superarne la primitiva condizione inerziale". Giovanni Ferrenti è nato a Napoli nel 1936, dove ancora lavora. Nel 1943, a causa della guerra, si trasferì nei pressi di Sant'Agnello, sulla penisola sorrentina, dove si avvicinò al mondo dell'argilla grazie alla presenza di una fabbrica di mattoni nei pressi della sua casa. Di qui la passione per la scultura. Tornato a Napoli, si iscrisse all'Istituto di chimica 'A. Volta', ma durante gli allenamenti per le sue gare agonistiche, un  incidente gli procurò un coma dal quale uscì perdendo la memoria e la capacità di concentrazione. Ferrenti si iscrisse, allora, all'Accademia di Belle Arti di Napoli. Negli anni '50 del secolo scorso iniziò la sua ricerca spazio-temporale sulla via dell'astrattismo internazionale (con l'utilizzo della macchina fotografica), che sfocerà prima nei 'Fotogrammi' (1950-52), poi nei 'Cromogrammi' (1953-59) e, successivamente, con l'invenzione del pendolo luminoso, giungerà alle 'Tracce luminose' (1956-62); alle 'Strutture spaziali' (1965); ai 'Monumenti inutili' (1966-67); alle 'Ricerche modulari' (1968-70); 'Strutture modulari' (1971-75); 'Spazi possibili' (1976-80); 'Gli spazi concentrici' (1981-83); le 'Cariocinesi' (1984-85); le 'Superfici-luce' (1986-88); le 'Metamorfosi' (1989-90); le 'Metafore' (1991-93); 'il Tempo e lo Spazio' (1994-99); 'Ferrostrutture' (1998-2005); 'Tracce segniche' (2006-2011); 'Grafiche spazio-tempo', o 'Il mio piccolo mondo infinito' (2012-2013); fino a oggi con gli 'Ossimori della vita' (2014) e la ricerca: 'Assonanze' (2009-2015). Nel 1961 vince il premio 'Cementir' per la scultura. Nel 1985 vince il premio nazionale 'Città di San Giorgio'. Nel 1989 viene insignito del titolo di 'Benemerito della Scuola dell'Arte e della Cultura' dal presidente della Repubblica, con medaglia d'oro proposta dal ministero della Pubblica istruzione. Nel 1990 vince il premio 'Arte 90' della Mondadori-Milano. Nel 1995, vince il premio nazionale 'A. Volpi' della provincia di Pisa. Nel 1998, istalla a Furore, sulla costa di Amalfi, la sua prima opera: 'Nel Giardino del tempo Sara accompagna un uccello'. Agli inizi del 2000 esegue per il comune di Agerola: 'Le sfere concentriche'. Nel 2011-12 viene scelto da Vittorio Sgarbi per la partecipazione alla 54esima Biennale di Venezia - Padiglione Italia, con l'opera: 'Sul campo di ortiche galoppa il vento e la farfalla muore'. Il 15 novembre 2014 ha istallato a Furore la sua ferrostruttura: 'Lilla parla col tempo di materia e infinito, Canto d'Amore' (2003). È stato per anni insegnate in scuole professionali e in licei. E ha collaborato con l'Accademia di Belle Arti di Napoli per l'organizzazione della grande mostra 'Napoli scultura' a Palazzo Reale. Nel dicembre del 1988 e nel 2000 organizza con l'istituto d'Arte 'Filippo Palizzi', la mostra all'aperto a Gragnano: 'Prospettive del tempo, prospettive nel tempo'. Ha partecipato e partecipa a laboratori didattici, in collaborazione con Oscom e l'Università degli Studi di Napoli 'Federico II'.  È membro onorario di varie Accademie italiane. Molte sue opere sono conservate in musei d'Italia ed estero. "Le emozioni che prova chi si trova faccia a faccia con le sue opere", ha concluso Annamaria Santarpìa, "sono drammatiche e idilliache al tempo stesso. La sua costante è la certezza di un mondo parallelo oltre il quale l'uomo non riesce a giungere se non grazie a una razionalità emotiva e all'intelligenza del cuore".


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