La nuova
'gaffe' di
Matteo Renzi, che ha cercato di utilizzare lo
slogan di un'altra forza politica, dimostra per l'ennesima volta lo stato
'comatoso' in cui versa la nostra attuale
classe dirigente. Noi siam sempre stati dalla parte dell'attuale segretario del
Partito democratico, allorquando egli parlava di
'rottamazione'. Intendendo, tuttavia, tale concetto come
profonda opera di rinnovamento affinché emergesse, in ogni ambiente e settore, una
nuova generazione armata di buone idee e in grado di
'scalzare' una sedimentazione grigia e soffocante di
'tromboni' e
'carampane'. Invece,
Matteo Renzi ha inteso tale metodologia come semplice
sostituzione 'fideistica' di personaggi ed esponenti a lui
fedeli, secondo metodi esattamente
'speculari' a quelli
aziendalisti e
'berlusconiani'. La sua idea originaria, cioé quella di tentare un
'salto in avanti', era
buona. Purtroppo, essa è stata
mal interpretata, punto. Siamo ormai giunti innanzi al definitivo
'disvelamento': se già come premier,
Renzi ha meritato un giudizio poco al di sotto della
sufficienza, il classico
'sei meno meno' di chi ha copiato la versione di latino durante il compito in classe - aspetto di per sé
simpatico e
divertente - come
leader del più grande
Partito politico del Paese egli sta dando
il peggio di sé. Un'ostinata tendenza alla
'scopiazzatura' demagogica del populismo altrui; la convinzione ossessiva di poter rimediare alle
delusioni che egli stesso ha procurato, trasformando il
Partito democratico in un semplice
movimento di opinione; una ricerca di
autosufficienza a dir poco
ingenua, poiché direzionata esattamente verso quella
'trappola' in cui molti, a destra come a sinistra, vorrebbero
trascinarlo. Peccato che, quando egli cadrà nel fossato già da tempo predisposto, non sarà solamente lui a farsi del male, ma l'intero
Pd. Il
'disvelamento' dell'impostazione
burocratica dei
democristiani di sinistra, storicamente assai più
'statolatrica' e
'bonapartista' persino di quella del vecchio
Pci, sta dimostrando, una volta di più, il difetto di fondo del
Pd sin dai tempi della sua fondazione: una
'fusione a freddo' tra due
nomenclature assolutamente diverse, se non proprio opposte; il tentativo
'furbesco' di potersi appropriare del vecchio e glorioso elettorato
comunista, avendo ormai perduto, da tempo immemore, quello
clerico-moderato; la continua e sostanziale sottovalutazione della
cristallina discendenza laica e
anticlericale del mondo
social-comunista, in favore di un
catto-comunismo talmente propagandistico da rinnegare persino la vecchia idea
'berlingueriana' delle grandi forze popolari che
si parlano, si comprendono e cercano di
rispondere assieme alle difficili problematiche del
Paese. Noi non intendiamo lasciare il
'campo' per disperazione. Desideriamo, invece,
un'alternativa progressista per il popolo italiano, in grado di
'stoppare' l'utopismo velleitario del
Movimento 5 Stelle. Noi vogliamo
combattere la deriva demagogica in atto, non
assecondarla nel tentativo di
'lisciarle il pelo'. E intendiamo dimostrare ai cittadini che essa è fondata su
presupposti sbagliati, lontani migliaia di miglia da ogni
principio giuridico e
umanitario. La guerra esplosa a suo tempo nella sinistra italiana, tra
Bettino Craxi ed
Enrico Berlinguer, non fu mai sul
merito delle cose, bensì nel
metodo: nell'analisi
'fotografica' delle gravi condizioni del Paese - quelle di allora come quelle di oggi -
socialisti e
comunisti son sempre andati
perfettamente d'accordo. La vera questione si è sempre posta sul
'come': come affrontare la situazione? Come aggredire la crisi sociale ed economica? Come costringere i democristiani ad abbandonare gradualmente un immobilismo moralmente indifferente e materialmente sterile? Se non si è nemmeno consapevoli del
terreno culturale entro il quale ci si sta muovendo, ciò significa che si è deciso di
'gettare a mare' tutto quanto:
Romolo Murri, Jacques Maritain, Riccardo Lombardi, Ugo La Malfa, Ernesto Rossi, Amintore Fanfani, Bettino Craxi e, persino,
Aldo Moro ed
Enrico Belinguer. Gli
'imperi senza radici', costruiti sul nulla, generano solamente i
Beppe Grillo e i
Silvio Berlusconi. Ovvero,
una cura peggiore del male; una
deriva antropologica in cui
l'ultimo arrivato ordina e
comanda senza averne alcun titolo;
un'autoreferenzialità in cui ognuno rappresenta semplicemente se stesso. Già si vedono i
'sintomi', in giro, di un simile
'naufragio' antropologico: gente che si dà del
'genio' da sola; che decide di fare
l'ultima cosa che gli passa per la mente; che non rispetta minimamente la
parola data; che si comporta secondo modi e maniere totalmente
estemporanee, disancorate da ogni
senso civico o del
dovere. Il
'cretinismo al potere' rappresenta un'alternativa ancora peggiore del
'classismo' di
Forza Italia o del
nazionalismo 'sovranista' di
Matteo Salvini e
Giorgia Meloni. Sistemi valoriali ormai
'sgangherati', che tutti noi non condividiamo. Tuttavia, si tratta di modelli di riferimento a cui gli italiani, ciclicamente, possono comunque
rivolgersi, poiché
liberi di scegliere. Soprattutto se, dall'altro lato, si ritrovano ad avere a che fare, oltre che col
Movimento 5 Stelle, anche col
Partito di Renzi.