Dopo i precedenti articoli pubblicati per
Laici.it in merito spiegazioni semantiche dei termini che riguardano la
laicità, le sue problematiche e gli
elementi laici della Costituzione, cerchiamo di scandagliare, con quest'ultimo e conclusivo intervento, quei contesti, non solo italiani, in cui sussistono, oggi, diverse problematiche. Quasi tutti i
Paesi europei, per vie diverse e con assetti giuridico-istituzionali differenti, si sono più o meno accentuatamente avvicinati a un paradigma di
sostanziale laicità. Il fatto è che il problema della laicità si sposta su
terreni diversi, rispetto a quello tradizionale dello
Stato e del
contesto religioso. Viviamo, è vero, in quell'età preconizzata da
Max Weber del
"politeismo etico". Non a caso, le tematiche della
bioetica e della
biogiuridica costituiscono, oggi, il terreno di maggior affronto e contrasto tra visioni diverse. Al riguardo, è opportuno osservare che tale fenomeno ha assunto connotazioni particolarmente evidenti in Italia: un
Paese storicamente
non pluralista, quasi
omogeneamente cattolico, almeno fino a quando i
'morsi' della
'secolarizzazione' non hanno cominciato a mostrare i loro segni più
profondi. È anche vero che da parte di una qualificatissima
dottrina costituzionale si era sostenuto che, nonostante il riferimento della
Costituzione agli
accordi lateranensi, il
principio confessionistico non aveva trovato ingresso
nell'ordinamento costituzionale, per un insuperabile contrasto di ordine strutturale
(V. Crisafulli, articolo 7 della Costituzione e "vilipendio della religione dello Stato", in Archivio penale, 1950, II, p. 415 ss.). Tuttavia, il dibattito era rimasto aperto, tant'è che ai negoziatori della revisione del
Concordato del 1984, il problema si è posto a tal punto da introdurre nel
'Protocollo addizionale', quella disposizione secondo la quale
"si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti Lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato" (articolo 1). Una disposizione sinceramente non felice nella formulazione, poiché sottende, paradossalmente, che possano esservi
più religioni ufficiali, ma che ha avuto il merito di
chiudere definitivamente la questione. Anche a livello giurisprudenziale, l'attenzione sulla
laicità sembra
debole: solo nel
1989 si è giunti a prendere di petto direttamente la questione e ad affermare che la
laicità è uno dei
principi supremi dell'ordinamento costituzionale. Da allora, la
laicità è divenuto argomento dominante nella
letteratura giuridica e nella
giurisprudenza: l'evolversi del pensiero e dell'esperienza hanno fatto sì che il problema della
laicità, in Italia, si sia posto in relazione al
pluralizzarsi della società italiana dal punto di vista
etico. Si sono introdotti, sia nel corpo sociale, sia nell'ordinamento giuridico, elementi ad
alta valenza etica, a cominciare, nel
1970, dal
divorzio; poi, nel
1978, con
l'aborto e via dicendo, in un crescendo, soprattutto nel campo
bio-medico, di interventi sempre più
eticamente sensibili, con
focus sul
codice etico. La riprova è proprio nell'intervento tardivo della
Corte costituzionale, che dichiarò la
laicità come
principio supremo dell'ordinamento costituzionale solo alla fine degli
anni '80, quando il
pluralismo delle tavole di valori morali era già un
fatto compiuto nella società italiana. Oggi, a processo ormai avanzato, il problema della
laicità dello Stato, delle istituzioni pubbliche e del diritto sembra porsi piuttosto nei confronti del
pluralismo etico, che contempla il
diritto alla vita e il
diritto alla morte, o alla
morte assistita, grazie alle leggi sul
biotestamento, sulle disposizioni dei
trattamenti sanitari e il diritto al
rifiuto delle cure. La
laicità sembra non favorire più questa o quella, tra le varie
posizioni etiche sussistenti nel corpo sociale, con il rischio che il proprio inveramento divenga un
obiettivo impossibile. Il problema della
laicità oggi si sposta anche verso
altri poteri, rispetto allo
Stato: ai soggetti da cui si pretenderebbe un
agire laico, pare si debbano cogliere significativi elementi di una
evoluzione in atto, così come dimostrato dal nuovo tema dello
'ius soli' per la cittadinanza ai figli di immigrati nati e cresciuti in Italia. In buona sostanza, con il fenomeno della
globalizzazione si assiste al declino della
'forma-Stato' ricevuta dal passato, che strutturava in maniera
gerarchica i poteri esistenti nella società ponendo al vertice quello
politico, il quale aveva il compito di
ordinare e
armonizzare tutti gli altri. Oggi, il
declino dello Stato segna la fine di tale primato. E tale declino risulta accompagnato
dall'ascesa di nuovi poteri, tra l'altro di carattere
transnazionale: ci riferiamo, innanzitutto, al potere
economico, a quello
'massmediale', al potere delle
aziende farmacologiche, a quello scientifico-tecnologico della
biologia genetica. Si tratta di poteri che tendono a
emanciparsi da quello
politico, che cioè tendono a essere insofferenti verso ogni
'etero-regolamentazione', non solo in senso
giuridico, ma anche e soprattutto in senso
etico. Basti pensare alla
procreazione medicalmente assistita, che è stata definita
"il far west della procreazione". E lo stesso processo è previsto per la
legalizzazione dell'uso personale e terapeutico della
cannabis. Il problema della
laicità, oggi, si pone anche su questi terreni e, in particolare, su quello
biomedico. Ma sono istituzioni
'altre', rispetto allo
Stato, alle quali si va orientando la pretesa a un
agire laicamente, senza preferenze per opzioni di parte, siano esse di carattere culturale, ideologico, religioso o etico. Una pretesa diretta ad assicurare che le scelte da operare siano
veramente laiche, poiché sottratte
all'arbitrarietà e a un
uso di parte. Quali conclusioni trarre, nella prospettiva di un futuro che viene? Molto difficile dare delle indicazioni. Come sempre, l'analisi dei fenomeni è assai più facile della proposizione di
soluzioni. Stando così le cose, ci sembra che il tema della
laicità debba passare da una irraggiungibile
neutralità degli
apparati pubblici, a un più ragionevole
metodo di relazione nella vita della
società civile e
politica, nel quale alla forza delle posizioni delle singole parti che si confrontano, si sostituisce la
forza della ragione. Per quanto attiene più specificamente alle leggi,
l'autentica laicità può essere raggiunta solo nella misura in cui il legislatore si muova seguendo
l'unico principio etico che del diritto è proprio: la
giustizia. La
laicità come metodo vale anche per gli altri poteri in ascesa, che in ragione della loro autoreferenzialità appaiono ancora
chiusi, o comunque poco sensibili, a una
apertura dialogica con la società e le sue componenti vitali.