Lo scorso
17 maggio 2017, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la proposta di legge
A. C. 3139-B volta alla prevenzione e al contrasto del fenomeno del
'cyberbullismo'. Il provvedimento inserisce una successione di interventi di carattere educativo e formativo, indirizzati a rendere consapevoli soprattutto i giovani della lesività di quei
comportamenti 'online' che, se esasperati, portano la vittima a
isolamento ed
esclusione, con conseguenze anche
mortali in situazioni di fragilità. Innanzitutto, si è arrivati a una definizione del termine che delimita la fattispecie anche il campo giuridico:
"Bullismo telematico è ogni forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, manipolazione, acquisizione o trattamento illecito di dati personali realizzata per via telematica in danno di minori. Nonché la diffusione di contenuti online (anche relativi a un familiare) al preciso scopo di isolare il minore mediante un serio abuso, un attacco dannoso o la messa in ridicolo". Sono state inoltre individuate tutta una serie di azioni volte a prevenire fatti incredibilmente dannosi, che coinvolgono
le istituzioni, il mondo educativo, scolastico e
sociale. In questi ultimi mesi, infatti, abbiamo assistito a fatti di cronaca incredibilmente
violenti per la crudezza delle immagini e video, in cui
giovani vite sono state
spezzate con
salti nel vuoto da grattacieli e palazzi. Situazioni inimmaginabili, fino a poco tempo fa, di
'cyberbullismo', in cui l'uso non consapevole della
rete, degenerando, propone
giochi virtuali mortali, in cui il personaggio non è più
l'avatar di un videogioco, ma la
persona fisica. Quest'ultima deve superare delle
'sfide di abilità' sempre più dure per
'essere' e, all'ultimo
'step' del
'giuoco', per autoliberarsi dal
"difetto di esistere", si viene portati all'atto estremo della
'autoinflizione' della morte. 'Blue Whale', il famigerato
'gioco online' della
balena blu nato dalla mente diabolica di uno psichiatra russo, punta, per esempio,
all'autodepurazione virtuale dell'identità reale. Di fatto, i più deboli e indifesi, non integrati, sfortunati o non riconosciuti validi dalla comunità, dunque non rispondenti a
canoni di eccellenza, devono essere
eliminati dal mondo perché non conformi,
'autoeliminandosi' con dei giochi sempre più penalizzanti e inquietanti facenti parte di una
lista inviata online, che va dal sentire
musica 'rock metal' ad alto volume per tutto il giorno, ad alzarsi alle
3 di notte e vedere
film horror, fino a
incidersi una balena blu sul braccio. Questo
'gioco' autolesionista è arrivato in maniera veloce anche nelle nostre scuole e nelle nostre vite, allarmando tutti gli
'stakeholders'. Tutto questo
"provocare dolore e mal di vivere lesivo" parte da lontano. E si ricollega alla
logica narcisistica dei 'social', in cui si esiste solo se si pubblicano
foto e si ricevono
'like', risultando costantemente esaltata solo l'importanza del mostrarsi e del far parlare di sé a ogni costo,
anche a prezzo della stessa vita. E' l'estremizzazione del
vivere nel 'non reale', del nascondersi dietro a un dispositivo ed esistere solo per la ricerca
dell'approvazione fittizia di un gruppo di amici virtuali. Si esiste solo per la pubblicazione di
foto ritoccate, che fanno prendere quel
'mi piace' in più e che, quasi mai, corrispondono alla
persona reale. Molto spesso, queste foto vengono denigrate, derise, portando il soggetto passivo fragile a una
grave sofferenza, a non accettarsi e a non sentirsi accettato. Per
'cyberbullismo', dunque, s'intende denominare quel complesso di azioni aggressive e intenzionali, eseguite persistentemente attraverso strumenti elettronici
(sms; mms; foto; videoclip; e-mail; chat rooms; istant messaging; siti web; chiamate telefoniche), da una persona singola o da un gruppo con il deliberato obiettivo di
danneggiare un coetaneo che non può facilmente difendersi. Spesso, le condotte prevaricatorie digitali si configurano come
atteggiamenti antigiuridici, azioni criminali e devianti che vìolano le norme contenute nel
codice penale (articoli 615, 594, 528, 600 ter) e nella
Legge sulla privacy (articolo 161 del D.L. 196 del 2003), comportando sanzioni penali e amministrative. A differenza di quanto accade nel
'bullismo in real', in cui le vittime, tornate nell'ambiente domestico, trovano negli affetti parentali e amicali un ambiente sicuro, uno schermo affettivo che li accoglie e li conforta proteggendoli dal pericolo fisico, nel
'cyberbullismo' le persecuzioni sono costanti, continue e inarrestabili. I
'cyberbulli', nascondendosi dietro a uno schermo di qualunque dispositivo tecnologico connesso a una rete internet
(pc, smartphone, ipad, cellulare, chat) proiettano la loro
identità dolosa, aumentata all'ennesima potenza grazie all'uso di questi strumenti. Essi stessi sono le vittime della loro cattiveria. Si costruiscono un personaggio
'negativo' molto
'attrattivo' nei confronti del gruppo di riferimento e tra i pari, anche se, nella realtà quotidiana, sono spesso i più deboli. Agiscono secondo alcuni schemi classici: il
persecutore, che è già stato a sua volta perseguitato, passa all'altro lato della forza perché la rete lo rende libero di sfogare il proprio
'Io' non ascoltato e più deteriore. Solitamente, si inizia per gioco, ma poi si continua a perseverare con i propri comportamenti dolosi: in primis, perché spesso
non identificati, in quanto la vittima non si ribella per
paura; in secondo luogo, per la cattiva credenza di non poter esser mai e poi mai
'intercettati', né scoperti. Infatti, nel virtuale la
percezione di invisibilità e
anonimato, totalmente
presunta, stimola nei
'cyberbulli' un'alta disinibizione, al punto da manifestare comportamenti che nella vita reale probabilmente eviterebbero di mostrare. D'altronde, loro per lo più non si identificano con il
'fake' che hanno creato (e di
'profili fake' la stessa persona ne può creare diversi, ognuno per una o più motivazioni distinte). La
'dematerializzazione' dei rapporti nella rete è il loro primo schermo di protezione e, in realtà, la loro vera e propria
'prigione emotiva', creata per portare avanti il loro comportamento, lesivo nei confronti della vittima. In questo modo, possono
'infiltrarsi' nella vita delle vittime, perseguitandole
h24, con immagini e video offensivi, i cui effetti risultano amplificati dall'utilizzo di messaggi minatori, offensivi e intimidatori, che sulla vitima risultano insopportabilmente
amplificati rispetto alle tradizionali prepotenze. Non essendo vincolati dall'ambiente, né quello fisico, né temporale, riescono a mettere in piedi una vera e propria ossessione nei confronti del malcapitato di turno, solitamente un
ragazzino che non corrisponde ai
canoni estetici, modaioli e anche
sociali classici che il gruppo impone. Considerati
'sfigati' e
'non top', devono essere
depurati dal loro non essere considerati all'altezza dagli
'eletti' e, come in una sorta di
'Rupe Tarpea virtuale', si ritrovano aggrediti sino al punto da
autoeliminarsi. Va sottolineato che, se nel
'bullismo off line', i
'bulli' sono persone conosciute
'in real', compagni di classe o di istituto con i quali la vittima ha costruito una relazione più o meno negativa, i
'cyberbulli' possono anche essere dei completi sconosciuti, oppure persone note che
'on line' si costruiscono altre identità
(fake) rendendo impossibile per la vittima risalire all'identità di coloro con i quali sta interagendo. Può essere una persona solamente con
più profili e dispositivi finalizzati ad agire lesivamente, ma più spesso si agisce
in gruppo, ognuno dal proprio
smartphone e da ovunque ci si trovi nel globo. Alla vittima possono arrivare, contemporaneamente,
email, sms, whataspp, forum, con risvolti imprevedibili nella psiche di un adolescente, ma anche di un adulto. La
persecuzione virtuale non è
arrestabile. Ma in realtà, se si riflette bene, è facile
porre fine alla ricezione di questo tipo di
angherie virtuali: basta
'salvare' tutte le chat offensive; fare
foto delle pagine in cui compaiono
ingiurie e cattiverie varie; 'salvare' in una cartella tutti i nominativi e i numeri da dove provengono le offese; infine,
spegnere i propri dispositivi per un po', staccandosi dal virtuale per tornare al reale. Ciò al fine di rieducare anche se stessi a vedere in modo diverso la situazione e
parlare con chi ci sta intorno, denunciare o rivolgersi a
esperti del settore, per non dare più potere a questi
'bulli' di agire indisturbati sulla psiche. Bloccando tutti i profili lesivi, disattivando il
profilo facebook o
twitter e/o
'settando' le
impostazioni privacy, restringendo l'accesso a persone non gradite e/o cambiando il proprio numero telefonico, i
'cyberbulli' non potranno più ferire e la vittima si
'autoschermerà'. Girando le spalle al
'mostro', esso scomparirà dalla testa della vittima e non potrà più accedere ai dispositivi e nella vita della stessa. Nel caso non si voglia o non si possa
chiudere il profilo, oppure
cambiare numero telefonico per motivi
professionali/personali, è necessario denunciare tutto all'autorità di
Polizia postale nei casi più gravi, laddove si configuri un reato di
diffamazione/truffa/aggressione virtuale. Occorre sensibilizzare le comunità verso il
dialogo positivo contro queste nuove forme di
violenza virtuale, spronando la potenziale vittima, dal minore all'adulto in difficoltà, a parlare con persone di fiducia e rivolgersi a chi può indicargli la risoluzione del problema contingente. Di fronte a ogni forma di abuso, anche reale, parlare e denunciare cosa sta succedendo aiuterà il soggetto a
liberarsi dal proprio tormento. Si vuole, in questo contesto, ribadire come
basti un 'click' per bloccare l'aggressione. Anche se i video o le foto continueranno a girare inarrestabili in qualche luogo remoto della rete. Ma questo è un altro
delicato aspetto, da arginare e regolamentare poiché, purtroppo,
non ancora facilmente limitabile, per via della velocità di diffusione del materiale in internet, delle
'netiquette' dei
'social', delle
'nomenclature non univoche' di foto e video, le quali limitano l'intervento diretto delle forze dell'ordine per la rimozione di contenuti offensivi, lesivi, diffamatori, e a volte minatori. Il
'cyberbullismo' è, dunque, una
'cyberviolenza' complessa, catalogabile in diverse tipologie, a tratti interconnesse tra loro, che presentiamo qui di seguito:
FLAMINGCon tale termine si indicano messaggi elettronici, violenti e volgari, mirati a suscitare
'flame' (guerre verbali online), tra due o più contendenti. Il
'flaming' può essere circoscritto a una o più conversazioni tra
nuovo user e
'vecchi' utenti, o tra pari livello che avvengono nelle
'chat' dei
forum o social dei
videogiochi interattivi su internet
(game). Sentendosi protetti dall'anonimato e dalla conseguente, presunta, invisibilità, gli utenti si attaccano in modo fortemente
aggressivo, alimentando e rispondendo in maniera continua alle provocazioni. Questa lunga sequenza di messaggi insultanti e minacciosi
(flame war) potrebbe, in alcuni casi, sfociare in una vera e propria aggressione nella vita reale.
HARASSMENT Dall'inglese
'molestia', consiste in messaggi scortesi, offensivi, insultanti, disturbanti, che vengono inviati ripetutamente nel tempo attraverso
e-mail, sms, mms, telefonate sgradite o, talvolta,
mute. In alcuni casi, il
'cyberbullo' può anche coinvolgere i propri contatti online
(mailing list) che, pur non conoscendo direttamente il
target, si prestano a partecipare alle aggressioni
(fenomeno: 'Harassment con reclutamento volontario'). A differenza di quanto accade nel
flaming, il comportamento aggressivo è
reiterato nel tempo e si configura
asimmetria di potere tra il
'cyberbullo' (o i 'cyberbulli') e la
vittima. Si tratta, dunque, di una
relazione sbilanciata, nella quale la vittima subisce passivamente le molestie o al massimo tenta, generalmente senza riuscirvi, di persuadere il persecutore a porre fine agli attacchi.
CYBERSTALKING Harassment particolarmente assillante e
intimidatorio, dove la vittima comincia a temere per la propria
incolumità fisica. In questo caso, il comportamento provocatorio assume la denominazione di
'cyberpersecuzione' o
'cyberstalking'. Si riscontra nelle relazioni conflittuali con i coetanei, o nel caso di rapporti sentimentali troncati. Il comportamento criminale può arrivare a
diffondere materiale riservato (immagini e videoclip intimi, chat personali) sul
web.DENIGRATIONL'obiettivo è quello di
rovinare la reputazione o le
amicizie di un altro soggetto, diffondendo online
calunnie, diffamazioni, falsità e/o altro materiale offensivo. I
'cyberbulli' caratterizzati da un comportamento deviante, possono arrivare a inviare o pubblicare su internet
video o fotografie manomesse, in cui il soggetto appare in situazioni
intime/sessuali, al fine di schernirlo, rovinarlo, ridicolizzarlo. I soggetti che ricevono messaggi, fotografie o videoclip non sono, necessariamente, vittime, ma spettatori, talvolta passivi, del
'cyberbullismo', ma diventano attivi se scaricano il materiale, lo diffondono ad altri soggetti, lo commentano e lo votano. Questo fenomeno si definisce:
'reclutamento involontario', con effetti a cascata non prevedibili. La
denigration è la forma di
'cyberbullismo' più comunemente utilizzata dagli
studenti contro i
docenti: numerosi sono, infatti, i
videoclip gravemente offensivi presenti su internet, riportanti episodi della vita in classe.
IMPERSONATIONViolazione dell'account di qualcun altro, utilizzando programmi di intercettazione delle
password, rubandole o con altri stratagemmi per ottenerle dalla vittima stessa e, spacciandosi per quest'ultima, inviare
messaggi o
e-mail con l'obiettivo di dare una cattiva immagine dello stesso, creargli problemi, metterlo in ridicolo danneggiandone la reputazione e/o le amicizie.
OUTING AND TRICKERY Con il termine s'intende
'l'outing', una tecnica lesiva del
'bullo' con comportamento deviante il quale, dopo esser entrato in contatto con la vittima e aver
'salvato' le
confidenze spontanee tramite
chat, sms, whatsapp, email o
immagini e
video riservati e intimi, le pubblica su un
social o su un
blog con intento lesivo. Un'altra forma di
outing, può esser quella di
spingere con l'inganno (trickery) la vittima a condividere online fatti personali o informazioni delicate su se stesso o un terzo, per poi
girarli ad altri utenti della rete o minacciare di farlo qualora la vittima non si renda disponibile a soddisfare le sue pretese (spesso anche sessuali).
EXCLUSION Esclusione intenzionale (il termine, in
'gergo internettiano', è
'bannare') di un soggetto da un
gruppo online, da un
forum, da una
chat, da un
videogioco o da altri
social o
piattaforme protette da password. La
leadership sul web è determinata dal numero di
followers o contatti, che creano la propria immagine vincente agli occhi degli altri.
L'exclusion riduce la
popolarità, dunque, il
potere.CYBERBASHING O HAPPY SLAPPING Riprendere attraverso lo
smartphone l'aggressione
verbale e
fisica a un soggetto e
pubblicarla sulla rete internet. Il video o le foto saranno visualizzate da innumerevoli utenti che, pur non avendo direttamente partecipato al fatto, offre loro l'occasione di
condivisione online, download e
schernimento di massa.