Vittorio LussanaQuesta settimana dedichiamo una riflessione in merito alla pessima figura fatta dal vicedirettore de 'l'Espresso', Marco Damilano, innanzi all'ex presidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema. L'accusa, maliziosamente insinuata dal giornalista nel corso della trasmissione 'Piazzapulita', andata in onda sulle frequenze de 'La7' la sera del 1° giugno scorso, era l'inflazionatissima 'leggenda metropolitana' di un D'Alema protagonista e artefice, nell'autunno del 1998, della caduta del Governo Prodi I. Le cose non andarono affatto così. Risulta con piena evidenza che, se il leader dell'allora Pds si fosse realmente impegnato in quella fantomatica 'congiura', descritta con ricchezza di dettagli su tutti i giornali dell'epoca, di certo non avrebbe poi trovato, nelle aule parlamentari, molti voti a sostegno degli esecutivi da lui guidati negli anni successivi. La politica italiana spesso è paradossale: ciò è fuori discussione. Tuttavia, lasciar entrare la 'volpe' direttamente nel 'pollaio' di Palazzo Chigi, sin da allora ci è apparsa una ricostruzione assai 'romanzata', priva di ogni credito. Intorno a quella vicenda, ancora oggi continuano a non essere tenuti in considerazione alcuni elementi di contesto che, invece, spiegano assai bene cosa accadde veramente. Rifondazione comunista, che in base a un complicato accordo di 'desistenza' a quei tempi si trovava nell'area della maggioranza che sosteneva il Governo Prodi, subì una dolorosa 'scissione' proprio nel tentativo disperato di 'salvare' quell'esecutivo. Un'operazione promossa da Armando Cossutta e Marco Rizzo, che non riuscì ad andare in 'porto' solamente per un voto. Un solo, singolo, voto contrario, che certamente non fu quello di Massimo D'Alema, bensì di Fausto Bertinotti. Questo genere di 'miti' e 'leggende' svelano, in realtà, un mondo del giornalismo italiano che, non si capisce per quale 'diavolo' di motivo, non solo non verifica le notizie, non soltanto si affida a vere e proprie 'voci di corridoio', ma spesso costruisce, per mero 'autoconvincimento psicologico', intere narrazioni fondate sul nulla. Si noti che stiamo parlando di Marco Damilano, uno dei migliori analisti in circolazione, che trovo regolarmente nella propria postazione presso la sala stampa di Palazzo Montecitorio. E si noti anche che stiamo trattando del percorso politico di uno degli esponenti più influenti degli ultimi 20 anni, Massimo D'Alema, che in seguito è stato vicepresidente del Consiglio del Governo Prodi II - il quale, affidandosi una seconda volta a chi lo avrebbe 'pugnalato' alla schiena nel 1998, ovviamente fu subito 'dipinto' come un povero ingenuo... - e il ministro degli Affari Esteri che, il 31 marzo 2008, insieme allo stesso Romano Prodi e al sottosegretario Bobo Craxi, riuscì a portare a 'casa' la vittoria di Milano per l'Expo 2015 presso il 'Boureau international des exspositions'. Un risultato a lungo considerato secondario da parte di molti colleghi. Una sottovalutazione a cui lo stesso Matteo Renzi ha dovuto rimediare in fretta e furia, poiché il Governo Berlusconi del 2008-2011, nell'organizzare la manifestazione aveva finito col perdere un mucchio di tempo. E non certo a causa delle note vicende di corruzione, emerse solamente in una fase successiva. Sia come sia, la domanda sorge spontanea: perché ci sono tutti questi colleghi, anche validi ed efficienti, che ogni tanto danno per scontate certe 'fandonie'? Si tratta di emerite 'dicerie' che, inspiegabilmente, reggono la prova del tempo per interi decenni e in base alle quali vengono costruiti scenari già minati alla base. Ecco scoperto uno dei motivi per cui il nostro sistema democratico non riesce a realizzare quasi più niente. La verità è che esiste da sempre, nei corridoi e in certe 'stanze' della politica, un 'pozzangherone' di chiacchiere e volgari falsità in cui è sempre buona cosa non andare a 'pescare', poiché è sorta una questione antropologica di 'autoreferenzialità' tutta italiana. Siamo certi che quest'ultimo problema non riguardi Marco Damilano, la cui ingenuità ci è apparsa, tuttavia, evidente. Anche al fine di dimostrare ad Antonio Padellaro che non siamo affatto dei 'maestrini', noi non riteniamo che l'ingenuità sia, tecnicamente, un errore: può capitare a tutti di 'inciampare' in una notizia falsa. Ma la mancata verifica di quella notizia, lo è pienamente. Nel caso in esame, stiamo parlando di una 'bufala' che sta in piedi sin dal 1998: e noi saremmo quelli che vorrebbero porre un freno alle 'fake news'? E con quale credibilità, di grazia? In questo genere di cose, mi torna sempre in mente un ottimo corsivista de 'il Giornale', Gianni Pennacchi, che spesso e volentieri era solito chiedermi di porgergli un 'orecchio', per potermi dire in tutta confidenza: "Ma senti questo che 'cazzo' sta a dì...". Il più delle volte aveva ragione. Perché ci vuole 'fiuto' per riconoscere le sciocchezze. E anche per fare questo mestiere.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)

Lascia il tuo commento

Roberto - Roma - Mail - domenica 4 giugno 2017 19.14
La calunnia, da sempre, è uno strumento di lotta politica. Almeno in Italia lo è sempre stato. Personalmente, non ritengo che le tristi condizioni in cui è finito il PD siano state causate da Massimo Dalema, ma di certo a sinistra la lotta politica è sempre stata molto ipocrita e sleale, anche più che nella destra, che bene o male ha il pregio di sapersi compattare. Purtroppo..........
Alessandro - Altopascio (LUCCA) - Mail - domenica 4 giugno 2017 12.25
I totally agree!


 1