I talenti della
WWE hanno fatto ritorno in
Italia nella due giorni di
Roma (il 3 maggio al Palalottomatica) e
Bologna (il 4 maggio alla Unipol Arena). Uno spettacolo, quello del
wrestling, che nel nostro Paese viene comunemente giudicato come
"finto, costruito e diseducativo", ma che riesce comunque a
riempire i palazzetti dello sport delle varie città in cui annualmente fa tappa. La kermesse andata in scena nella capitale e nel capoluogo emiliano ha riservato non poche sorprese, con le superstar dello
'show di Raw' (il programma di punta della compagnia, che va in onda ogni lunedì dal
1993) impegnate a darsele di santa ragione. Non sono mancate le sorprese, come il monologo in italiano di
'The Miz', uno degli atleti più
'odiati' dai fans, o l'apparizione a sorpresa dei giganti
Brawn Strowman e
Roman Reigns, che hanno mandato i loro appassionati letteralmente in visibilio. Perché per anni, lo
show di questi moderni
'gladiatori a stelle e strisce' è stato
deriso e
osteggiato nel nostro Paese? Senza voler tornare troppo indietro nel tempo, percorso che richiederebbe uno sforzo mnemonico non indifferente, si può dire che, tra la fine degli anni '90 e i primi anni 2000, la disciplina avesse raggiunto la massima
esposizione mediatica, dati i numerosi passaggi televisivi sulle
tv satellitari e in chiaro su
Italia 1. Ed è proprio contro il programma settimanale in onda su
Italia 1 che si sono scagliate le voci più
'autorevoli', quale quella di
Maurizio Costanzo, che per anni fu in prima linea nel criticare lo
spettacolo del ring dalle televisioni nazionali. A questo si aggiungano anche le
associazioni 'moraliste' come il
Codacons e il
Moige, che si adoperarono in autentiche battaglie per promuovere lo spostamento dei programmi di
wrestling in una fascia oraria più consona ai
"contenuti violenti" in esso trasmessi. Il
13 novembre 2005, la morte del popolare lottatore
Eddie Guerrero inferse un primo grave colpo alla popolarità del
wrestling in Italia. La tragica scomparsa del lottatore messicano, dovuta all'aggravarsi di una condizione deteriorata dall'abuso di antidolorifici e alcol negli anni precedenti, fu il pretesto di quotidiani e rotocalchi televisivi per
parlare male del wrestling e dei suoi
atleti. Nonostante questo evento tragico, la programmazione delle trasmissioni
WWE, in Italia, rimase pressoché invariata per i successivi due anni, quando il
'terremoto Chris Benoit', il lottatore canadese che, a causa delle gravi lesioni celebrali non diagnosticate, in preda a un
raptus uccise la moglie e il figlio nella propria abitazione in
Georgia, per poi suicidarsi. I vertici
Mediaset, a seguito dell'accaduto, decisero di sospendere la trasmissione di
'WWE SmackDown', con tutto il seguito di polemiche che sono facilmente immaginabili. Questo fatto di cronaca fu un violento
'knock out' per lo spettacolo del
wrestling, che rimane a tutt'oggi relegato nei palinsesti delle
'pay-tv' e sul
digitale terrestre. Nonostante questo, la
Federazione di Stanford ha continuato, negli anni, a organizzare
periodici 'tour' nel nostro Paese, sebbene con una frequenza ridotta rispetto ai primi
anni 2000, diventando un fenomeno più di
'nicchia', ma comunque sempre seguito con entusiasmo e calore dai suoi appassionati, come d'altronde dimostrato da quest'ultima
tournée. La speranza non può che esser quella di riprendere la popolarità persa in passato: la
WWE, in questi ultimi anni, ha investito molto nell'espansione del proprio marchio in tutto il mondo, reclutando atleti da Paesi come
l'India e il
Giappone e diffondendo i propri eventi attraverso la propria piattaforma di
streaming online (WWE Network), addirittura creando il titolo di
'United Kingdom Champion' per rinforzare la propria
'fanbase' nel
Regno Unito, primo mercato europeo per la compagnia. Chissà se, un giorno, sarà possibile vedere un simile riconoscimento anche per il
secondo mercato europeo, ovvero quello
italiano?