Accogliamo con un certo grado di favore il dato elettorale emerso in queste ore dalle
presidenziali francesi. E riteniamo sia da sottolineare la
maturità democratica di una nazione, la
Francia, che pur vedendo i propri
Partiti storici in crisi, ha saputo riorganizzare un
fronte politico liberal-progressista, quello guidato da
Emmanuel Macron, capace di tener fermi una serie di
princìpi che, finalmente,
abbozzano il nuovo tipo di
società che alcuni di noi, tra cui il sottoscritto, hanno in mente. Innanzitutto, una
società aperta, che valorizzi le
diversità culturali tra i popoli, dimostrando coraggio e forza morale; in secondo luogo, l'idea che si possano allargare i confini del
mercato, includendo nuove forme di
aziendalismo imperniate sulla libera circolazione delle
notizie, sull'interscambio culturale, sulle distinte potenzialità turistiche, architettoniche e persino ricettizie di ogni singolo Paese, per rispondere con saggezza a
quell'ignoranza generalista che si è diffusa senza argini nella seconda fase di
globalizzazione planetaria. Finalmente s'intravede, cioè, quella
configurazione strategica di
economia sociale strutturalmente composta da
tante piccole aziende che competano sui mercati interni con le armi della
qualità, della
credibilità e della
competenza all'interno dei propri singoli e specifici
settori. In fondo, si tratta di una rivisitazione di quell'antico modello di
concorrenza 'imperfetta' che noi, oggi, amiamo definire di
moltiplicazione delle 'nicchie', in grado di rispondere alla gigantesca
domanda occupazionale proveniente soprattutto dal
mondo giovanile, abbandonando ogni rigidità
monopolista, oligopolista o
statalista. Se si riuscirà a comprendere la
lezione francese, forse
l'Europa e il
mondo intero potranno varcare quella
'porta stretta' che si è cercato di individuare in questi anni, con molta fatica e il
rumoroso disturbo di tanti
imbecilli. Un disturbo soprattutto
mediatico-televisivo, che imporrà a un certo punto una precisa
'resa dei conti'. Ma a prescindere da questo problema, tutto sommato secondario, nonostante la grave
confusione qualunquista e
'pseudo-semplificatoria' ingenerata tra i cittadini,
l'Italia, come al solito, per questioni di
arretratezza soffre almeno dieci volte di più le
patologie 'post ideologiche' a cui la
Francia ha saputo fornire una prima
risposta. Dunque, lo sforzo di uscita dalla
devastazione generalista e
'berlusconiana' comporta ancora un lungo tratto di strada, che tuttavia dobbiamo percorrere anche noi italiani, al fine di affrancarci da concezioni e mentalità
'chiuse', legate a
visioni plebiscitarie, assolutiste o
assembleari della politica, le quali rischiano di farci perdere tempo e terreno ulteriore. Che Dio ce la mandi
'buona' anche a noi, insomma. E possibilmente non
'bionda', come la signora
Marine Le Pen.