Globalizzazione o
deglobalizzazione? Sistema di
tassazione unica o
libere scelte per ogni singolo Paese? Cosa è giusto per
l'Europa, soprattutto in questo prolungato periodo di
crisi recessiva, che ha investito non solo l'economia e la finanza, ma anche la pace, la stabilità e la sicurezza, considerati i fenomeni dei rifugiati e dei migranti, del terrorismo internazionale e, non da ultimo, quello delle
misure protezionistiche innescate dalla politica del presidente degli Stati Uniti,
Donald Trump, così come in
Gran Bretagna dalla
Brexit? L'occasione per discuterne e ridisegnare un nuovo
progetto europeo efficace è stato offerto dal
60esimo anniversario dei
Trattati di Roma, tenutosi lo scorso
25 marzo proprio nella
capitale d'Italia, in cui sono confluiti i
capi di Stato e
di Governo dei
27 Paesi aderenti
all'Unione economica europea. Un compleanno tanto importante quanto
difficile, tenuto conto dei crescenti sentimenti
'euroscettici' che minano la stabilità della
'grande madre' Europa. Un
summit apparso come un
'conformistico' momento celebrativo, pur nel cercare di rappresentare un forte segnale di rilancio per
l'Ue. Per questo, nelle settimane antecedenti l'evento era stato preceduto da diversi
appuntamenti istituzionali, che hanno tentato di mettere in evidenza le
'falle' del sistema e, di contro, identificare quelli che sarebbero i punti da potenziare per far fronte alle
diseguaglianze (soprattutto sociali) e riprendere la
crescita economica. Tra i vari incontri, interessante ci è parso quello svoltosi in
Farnesina nell'occasione della
decima conferenza Maeci-Banca d'Italia, dove addetti finanziari ed esperti di politica internazionale hanno sottolineato la necessità, in questo dato momento storico, di
'mettere in discussione' alcuni
paradigmi finora adottati - e ritenuti indispensabili per la crescita dei Paesi - puntando il dito soprattutto contro la
globalizzazione, che
"ha dato grandi benefici, ma non per tutti. E ha infatti anche generato delle forti disuguaglianze, spesso all'interno degli stessi Paesi", come ribadito dal nostro ministro per gli Affari Esteri,
Angelino Alfano. Ovvio, in queste considerazioni, il peso delle scelte del presidente degli Stati Uniti,
Donald Trump, che con l'idea di
ridimensionare beni e flussi commerciali inneggia alla chiusura, o al ridimensionamento, dei
rapporti multilaterali. Per
l'Europa, quindi, un nuovo
'rompicapo': bisogna capire come tutto ciò si scaricherà sul sistema delle
relazioni internazionali, poiché la logica di potenza e la bilateralizzazione dei rapporti significa
un'Europa da riscrivere. E come sarà riscritta questa storia? Si riuscirà a comprendere che i cittadini europei sono, in primis, delle
persone e che, come tali, meritano
attenzione e
risposte concrete ai loro bisogni e alle loro attese? O si continuerà soltanto a
chiedere sacrifici? I fatti ci stanno già dando alcune prime
risposte.