Eppure sei tu,
Europa. Sei tu che, in quel mese di
marzo del
1957, eri ancor giovane nella mia città, in un tempo in cui gli orrori della Storia divennero
attualità della tua esistenza. Forse non siamo riusciti a comprendere la tua lezione: per feroce ironia della sorte, il tuo sguardo vaga nel mondo dei
vivi e in quello dei
morti, nel mondo dei
ricchi e in quello dei
poveri. Eppure la Storia, madre assoluta di questa
tragedia, mi parla di popoli a cui guardo con
ostinata speranza, sebbene le cose del mondo ogni giorno m'inducano al
disincanto più indifferente. Sembri quasi caduta per caso, in questo
nuovo mondo. E solamente a tratti percepisco il tuo
spirito, che per una legge di contrasti vive imprigionato in mezzo a ciò che, per interi secoli, ti era morto intorno. In questo Paese, in cui il mio impegno continua ostinato senza fermarsi neppure per un giorno, vivo uno spirito e una sorte non meno inquieta. E nemmeno dopo i fatti di
Parigi, Bruxelles, Tunisi, Berlino e
Londra riusciamo a provare quei sentimenti che il passare dei secoli non hanno mai mutato nella loro
sostanza d'ingiustizia. Eppure, questo provare a pensarti come
nuovo e più antico mondo è più forte e vitale di sempre, teso a raggiungere il giorno in cui potremo decretare la fine di ogni
sopruso. Un mondo di cui ho bisogno, perché in me giacciono
vissuti estremi: quelli di
mio padre, che respingo con la mente, ma che sento indissolubilmente legato nel più profondo dei miei istinti, poiché facente parte di me stesso; e i pensieri più
dinamici, animati da
estetica passione. Io provo amore per la tua gioventù, i cui sogni sono per me
vangelo, ma essi sono
natura, non
coscienza: forza antica, originaria di umanità. Altro non saprei dire, se non che la mia non è altro che umana
simpatia per i
popoli semplici; attrazione per i capelli corvini delle
ragazze spagnole; ammirazione sincera per il silenzio operoso della
gioventù tedesca; commozione infinita per la fredda dolcezza delle popolazioni
slave e
scandinave. Un amore che sembra
astratto, composto da forme mentali non sostanziate, che vivo come un cattolico attaccato a
umilianti speranze. Un
amore 'privilegiato' e
clandestino, che mi ha donato il
lume della Storia e che mi concede di guardare dall'alto le idee e gli umori dei
tiranni, trascinandomi in quella stessa Storia dalla quale in tanti vorrebbero fuggire, per poter vivere nascosti nell'ombra. Per continuare a recitare la
'parte' dei
'tagliatori di teste', in un mondo in cui servirebbe la
solidarietà di tutti.
Tanta o poca che sia.