Il Dott. Giampiero Pepe è il Direttore clinico della Mediterranean Association for Human Reproduct.

Dott. Pepe, partiamo dalle cellule staminali embrionali: ci può spiegare cosa sono, cosa possono rappresentare per la medicina e perché sono state escluse dalla ricerca?
"Volendo essere molto didattico, potrei dire che le staminali sono cellule definite 'totipotenti', ossia capaci di differenziarsi e prendere l’aspetto e la funzione delle cellule di ogni tessuto corporeo. E’ quindi piuttosto chiaro il vantaggio che si avrebbe nel momento in cui si potesse, mediante procedure tecniche standardizzate, indirizzarne lo sviluppo verso cellule epatiche, renali, cardiache, nervose, ematiche e così via. La medicina avrebbe la possibilità di guarire o, perlomeno, di trattare buona parte delle gravi malattie acute e croniche. Per completezza, va detto che tali cellule totipotenti sono già presenti in ogni tessuto corporeo e sono, ad esempio, rintracciabili e recuperabili dal sangue del cordone ombelicale al momento della nascita. Naturalmente, le cellule embrionali, proprio perché esistenti e recuperabili ai primordi dello sviluppo individuale, sembrano dare migliori garanzie in termini di totipotenzialità. Il divieto all’esercizio dell’attività di ricerca nasce, ufficialmente, dal fatto che il loro uso porterebbe al sacrificio di un embrione o, comunque, al suo trattamento mediante tecniche micromanipolative dichiarate invasive: se l’embrione viene dichiarato persona allora acquisisce piena autonomia nei confronti degli altri e della legge e diviene intoccabile come fortunatamente siamo (o dovremmo essere) noi".

Le diverse prese di posizione trovano origine in distinti convincimenti culturali: l’embrione è una persona, secondo lei?
"In sedici anni di attività mai ho pensato che l’embrione potesse essere considerabile come non vitale. Le dirò di più. La vita è sempre presente: è già presente nello spermatozoo e nella cellula uovo ed entrambi derivano dall’essere umano che è vivo ed è stato embrione. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma: il fatto è risaputo. Nonostante ciò, l’embrione non è persona in atto sebbene lo sia in fieri. Può essere manipolato senza che provi dolore perché non ha un sistema nervoso propriamente detto e non ha una coscienza di sé per sé e rispetto agli altri".

Quindi, lei ritiene possa essere liberamente manipolato?
"Ritengo che lo scienziato debba accostarsi con rispetto alla sacralità della vita. Ritengo che egli debba rifarsi all’etica prima che alla legge, alla morale prima che alla religione. Auspico che, ovunque, l’approccio manipolativo, certamente invasivo, venga effettuato abbia come oggetto un embrione non persona ma gruppo di cellule finalizzate, vitali e totalmente dipendenti dall’uomo".

Quindi, lei è favorevole alla ricerca sulle staminali embrionali...
"Assolutamente sì. Non su embrioni prodotti appositamente ma applicata alla coppia specifica per problematiche specifiche su embrioni poi mantenuti in vita. La ricerca su larga scala dovrà avvalersi di cellule staminali recuperate in altro modo. Abbiamo almeno due possibilità di affrontare il problema: la prima è che tutti donino qualcosa per tutti (come ad esempio la donazione di sangue, la donazione di midollo osseo, la donazione degli organi) rendendo necessario lo screening di compatibilità tra chi dona e chi riceve al fine di scongiurare gli eventi legati al rigetto del tessuto proveniente, comunque, da un estraneo; la seconda è che ognuno doni a sé stesso cellule staminali scongiurando le problematiche relative alla incompatibilità e al conseguente rigetto. Pensi solo al vantaggio biologico ed economico se ognuno dei nuovi nati nascesse con una dotazione di cellule totipotenti crioconservate".

Non la seguiamo...
"Sto parlando del prelievo di sangue dal cordone ombelicale. Oggi questo è possibile ma il sangue prelevato è stoccato in banche pubbliche di crioconservazione finchè non risulti compatibile e quindi usabile per qualcun altro. Mi chiedo perchè non si affronti mai il problema della impossibilità per ogni genitore di essere libero di crioconservare dove vuole il sangue del cordone ombelicale del proprio figlio per imprevedibili e scongiurabili usi futuri. Se ognuno avesse in dotazione le proprie cellule staminali non vi sarebbe necessità di cercare di produrle o prelevarle ad altri".

Torniamo alla procreazione assistita: lei ritiene giusto il limite di tre embrioni da produrre per ciclo FIVET?
"Opererei un distinguo tra embrioni prodotti ed embrioni trasferiti in utero. Lavorare con questi limiti si può, ed infatti lo facciamo. Ma si creano svantaggi alla coppia e, all’interno di questa, prevalentemente alla donna. Non essendo possibile mettere a punto terapie farmacologiche di stimolazione ovarica che consentano lo sviluppo di un numero massimo di tre follicoli e, quindi, il recupero di un numero di ovociti compreso tra zero e tre, siamo costretti ad usare solo tre degli ovociti recuperati ignorando (e siamo al paradosso) la spinta evolutiva di un ovocita a vedersi fecondato. Quindi, per legge, l’embrione è persona ma l’ovocita non è vivo o, se lo è, è non trattabile e quindi ignorabile. A nulla valgono, a mio parere, le giustificazioni di coloro che dicono che, d’altronde, ogni mese ogni donna perde almeno un ovocita (quando non gravida) perché si potrebbe obiettare che nella specie umana circa il 70% degli embrioni non attecchiscono e muoiono all’interno dell’apparato riproduttivo femminile. Paradossalmente, ci sentivamo moralmente ed eticamente più corretti in precedenza, quando davamo il massimo delle possibilità ad ogni ovocita, ad ogni embrione trasferito in utero e ad ogni embrione crioconservato. Per quanto riguarda il limite di tre embrioni da trasferire, questo è oggi una diretta conseguenza del numero massimo di embrioni da produrre ma ieri era una scelta convenzionale operata in quasi tutti i centri di riproduzione assistita".

Cosa pensa della questione della diagnosi preimpianto?
"E' una possibilità diagnostica complessa ed eccezionale. Un passo avanti strategico nella diagnosi delle malattie geneticamente trasmissibili. Quando vietata, diviene un'occasione perduta per limitare la diffusione tra la popolazione di malattie incurabili, estremamente costose per la famiglia e la comunità. Quando impedita, rappresenta l’esercizio legalizzato dell’egoismo di Stato, atto a creare la situazione in cui la coppia sia costretta a decidere di togliere la vita ad un organismo malato ma formatom piuttosto che interrompere lo sviluppo di cellule vive ma indifferenziate. Nel primo caso il rimorso, immediato e/o postumo, è generalmente incontenibile e su sensi di colpa e rimorsi qualcuno agisce da secoli".

Si riferisce alla Chiesa?
"Qualcuno ha detto che la legge n. 40/2004 pare scritta a quattro mani da chi non ha mai visto un centro di procreazione unitamente a esponenti della classe dirigente del clero. Non è mia competenza appurare il vero ma, fortunatamente, qualche giorno fa, un’anziana suora (mia maestra di canto alle elementari) mi ha detto:-Bravo, porta avanti la tua missione-...".

Si dice che la norma sia stata pensata per dar fine al 'far west' riproduttivo...
"Molti hanno pensato e pensano che la 40/2004 sia stata approvata per dare un severo segnale alla classe medica mettendo fine a guadagni a tanti zeri. Come vi ho già detto, si dice che questa legge pare formulata da chi non ha conoscenza di centri di procreazione assistita. La fenomenologia di una scoperta medica o di una innovazione tecnologica in medicina è sempre pressocchè identica: all’inizio (quando è praticata da uno o da pochi) consente guadagni elevati ed anche elevatissimi (parlo, nel nostro caso, degli anni ’80 e ’90) poi tende ad assestarsi a valori tanto più bassi quanto più aumenta di numero di operatori. Pertanto, i primi risultati sono: a) aver diminuito il numero di embrioni producibili per ciclo aumentando il numero di cicli totale per coppia (con vantaggio per i centri); b) aver impedito il congelamento di embrioni e l’uso di gameti donati ha diminuito le incombenze, i costi e il rischio medico-legale per i centri ma ha costretto le coppie a sottoporsi ad un maggior numero di cicli FIVET, con maggior impegno in termini di stress psico-fisico ed economico, ha spinto le coppie all’estero con maggior impegno in termini di stress psico-fisico ed economico e minore valutabilità del rischio legato all’uso di gameti donati, ha determinato l’incontrollabilità dei centri (perché stranieri) con minore valutabilità del rischio biologico per la coppia e per la sanità pubblica in genere, infine ha creato la possibilità di 'gabbare' le restrizioni della legge, mediante l’applicazione di tecniche vietate, presso strutture clandestine, come accadeva prima che venisse regolamentata l’interruzione volontaria della gravidanza...".

Lei, che è un operatore del settore, cosa auspica a questo punto?
"Le rispondo molto onestamente: da tempo ci aspettavamo qualcosa che non fosse necessariamente una legge, perché la poca normativa che avevamo sulla procreazione assistita, unita a quella sulle strutture sanitarie e alle norme civili e penali già in essere, poteva bastare quando associata al normale esercizio della deontologia medica. Tuttavia, ci attendevamo anche un pronunciamento (tipo linee-guida) che segnasse metodicamente la sequenza degli atti amministrativi e procedurali utili a standardizzare l’operato dei numerosi centri presenti sul nostro territorio. Chi si comportava bene ieri non ha avuto grossi cambiamenti oggi ma, anzi, ha potuto evitare il trattamento di quei casi (peraltro scarsi) non suscettibili di trattamento omologo e gravati da grosso impegno organizzativo e medico-legale. Purtroppo, però, l’Italia, che era, come sempre, all’avanguardia, ha poi dovuto bloccare tutti i progetti di ricerca sulla diagnosi genetica preimpianto, dovendo aderire al principio: 'meglio un aborto domani, che un uovo oggi'...".

Lei ha firmato per il referendum per l’abrogazione della legge sulla P.M.A.?
"Ho firmato anche se solo allo scadere del tempo utile. Ho firmato come uomo e non come medico perché anch’io ho avuto qualche difficoltà ad avere la prima delle due mie figlie. Ho firmato perchè ho conosciuto la disperazione discreta e dignitosa di chi si divide giorno dopo giorno tra ambulatori di riproduzione assistita e tribunali senza riuscire ad avere né figli propri né adottati. Ho firmato per riscrivere una legge che è statica, pesante, offensiva per la coppia e per il medico, accettata più dai pochi che dai molti. Ho firmato perché grande parte del mondo scientifico ha firmato con me contro una legge nata dall’ignoranza sulla materia e dal più ostentato integralismo religioso".

Quando si è proprio convinto?
"In una non recentissima trasmissione a tema condotta da Antonio Socci ed ambientata in una comunità 'operativa' cattolica, nel corso della quale il Prof. Buttiglione richiamava tutti a pensare alle migliaia di embrioni lasciati a 'morire di freddo'. Un uso, me lo lasci dire, artatamente scorretto della credulità popolare".

Poco prima della nostra intervista, colloquiando, ci ha parlato di alleanza solidale: puo’ spiegarci meglio questo suo progetto?
"Dove regna l'inerzia e l'indifferenza, c'è bisogno di noi. Alleanza solidale è il progetto per una comunità eterogenea, non avrà limiti di credo politico o religioso, non avrà un sesso nè un colore o un'età. Avrà tempo e voglia di parlare, discutere, progettare, costruire e aiutare. E’ nata per aiutare gli altri, bisognerà trovare persone, famiglie, istituzioni da sostenere moralmente ed economicamente e sensibilizzare la gente comune, le amministrazioni, le classi dirigenti, i politici spingendoli ad aderire ad un fine comune: difendere chi non ce la fa. E’ nata anche per chi ha voglia di aiutare ma non ha il tempo materiale di farlo. Per il momento e’ un progetto, abbiamo anche un nostro sito web. Spero che faremo molta strada".


Intervista tratta dalla rubrica web "Lettera 22" di Mauro Cherubino per gentile concessione dell'autore
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