"E' stato un grande amico dell'Italia, che ha contribuito fortemente allo sviluppo delle relazioni tra il nostro Paese e il suo popolo. Si può dire, anzi, che nella storia di Nemer Hammad in Italia, c'è quella della metamorfosi politica dei palestinesi, c'è la storia di come la loro causa, all'inizio minoritaria, è stata poi largamente accettata, invece, dall'opinione pubblica italiana. Senza di lui, forse tutto questo non sarebbe stato possibile". Così
Pier Ferdinando Casini, presidente emerito della Camera, ha aperto, nella sede dell'Ambasciata palestinese a Roma, la commemorazione di
Nemer Hammad, il giornalista e diplomatico palestinese scomparso il 29 settembre scorso, esattamente un giorno dopo
Shimon Peres. Hammad fu stretto consigliere politico di
Yasser Arafat, tra i suoi principali collaboratori nello storico inizio
(1991-'94) del processo di pace con
Israele, arenatosi poi con l'assassinio di
Ytzhak Rabin nel
1995 e la successiva involuzione della politica mediorientale. Nato nel
1941 ad
Al-Akri (Acri), in
Galilea, trasferitosi con la famiglia in
Libano a seguito della
guerra arabo-israeliana del
1948, Hammad, dal
1974 al
2005, era stato rappresentante
dell'Olp e primo
ambasciatore palestinese in Italia, rappresentando poi
l'Autorità nazionale palestinese anche in
Jugoslavia (1984-'86). Molto vicino, oltre ad
Arafat, anche al presidente
Abu Mazen, nel
2008 era stato da lui incaricato di riorganizzare tutta la comunicazione palestinese, dalla tv all'agenzia ufficiale d'informazione
Wafa. "Diversamente da quanto spesso accade", ha ricordato
Najd Hammad, "la famiglia di mio padre Nemer, poverissima, preferì farlo studiare anziché mandarlo subito a lavorare. In quegli anni così difficili, lui e i suoi amici, a volte, per studiare erano addirittura costretti a mettersi, la sera, sotto ai lampioni delle strade". "La storia di Nemer", ha ricordato
Stefania Craxi, presidente della
Fondazione Craxi, "si è intrecciata fortemente a quella della mia famiglia. Ricordo bene, per esempio, quando, nei giorni terribili del sequestro della 'Achille Lauro', Bettino Craxi, presidente del Consiglio, si rivolse proprio a lui (all'epoca ambasciatore a Belgrado, ndr)
per risolvere lo spinoso problema di Abu Habbas". Nemer Hammad, in effetti, era da tutti apprezzato in Italia per le sue indubbie qualità umane (intelligenza, ragionevolezza, diplomazia),
"stimato dai nostri principali politici, specialmente dai grandi leader Dc" ha aggiunto
Casini. Egli svolse il suo incarico in Italia in anni sì difficili, ma in cui i
Partiti avevano posizioni precise sul
Medio Oriente e altri gravi problemi internazionali. Il suo è stato uno sforzo continuo per facilitare la
'lunga marcia' dell'Olp e, soprattutto, di
Al Fattah, sua componente maggioritaria, verso il rifiuto della violenza e del terrorismo - specialmente contro i civili - come armi di lotta politica: eliminando il più possibile ambiguità e zone d'ombra. Quando arrivò in
Italia, i palestinesi non erano certo ben visti dall'opinione pubblica, dopo il tragico massacro compiuto da
'Settembre nero' alle
Olimpiadi di Monaco del
1972. Hammad mise tutto il suo impegno per evitare che
l'Italia divenisse un campo di battaglia tra fazioni armate.
"L'attacco dei terroristi di Abu Nidal alla sinagoga di Roma e poi all'aeroporto di Fiumicino (ottobre 1982 e dicembre 1985)
fu un colpo alle nostre spalle: così collaborammo con i servizi italiani", ha raccontato Hammad molti anni dopo quei fatti in un'intervista a un quotidiano italiano.
"Un anno dopo", aggiunse,
"identificammo tre terroristi a Roma che preparavano un attentato: lo segnalammo ai servizi, che li arrestarono. Noi volevamo evitare l'equazione: palestinesi=terrorismo. Noi eravamo le prime vittime di Abu Nidal", ovvero l'ambiguo leader palestinese, dissidente da
Arafat, che in quegli anni uccise
sei ambasciatori palestinesi in Europa, compreso, nel
1978, il
fratello di Hammad, rappresentante
dell'Olp a Parigi. "Nel 1991, poi", ha ricordato il giornalista della Rai,
Alberto La Volpe, curatore, nel
2002, del
'Diario segreto' di
Nemer, pubblicato da
Editori Riuniti, "Hammad, in Italia, condannò chiaramente l'invasione irachena del Kuwait, diversamente da Arafat, schieratosi, invece con Saddam". Messaggi di cordoglio per la scomparsa di Hammad sono giunti dal presidente emerito della Repubblica,
Giorgio Napolitano; dalla vicepresidente della Camera,
Marina Sereni; dal capogruppo socialista alla Camera,
Pia Locatelli, la quale ha ricordato come
"Hammad, Peres, Rabin e Arafat avevano tracciato un solco per un futuro di pace nel Medio Oriente: una strada che Netanyahu, però, oggi non sembra convinto di percorrere"; dal presidente della
Fondazione 'Italiani europei', Massimo D'Alema e dal sindaco di Napoli,
Luigi de Magistris. Hassan Sala, segretario di
Al-Fattah per
l'Italia, ha ricordato la lungimiranza di
Hammad: "In anni difficili come gli '80, lui aveva idee nuove: per esempio, parlare tranquillamente con gli ebrei, almeno qui in Italia". Salameh Ashour, presidente della Comunità palestinese di Roma e del Lazio, ha rimpianto
"il suo grande equilibrio personale, che non si faceva mai vincere dall'emotività. Proprio durante la guerra del Libano, nel 1982, quando furono assassinati anche palestinesi in Italia, fu lui a spingermi a partecipare a un incontro con esponenti della cultura ebraica, al quale ero stato invitato da ambienti molto vicini a Papa Wojtyla". "Fu grazie anche a Nemer", ha infine ricordato
Luisa Morgantini, presidente di
Assopace Palestina, "che nel 1980, al vertice di Venezia, la Cee si pronunciò per la prima volta ufficialmente a favore della causa palestinese. Oggi, il modo migliore per proseguire la sua battaglia è premere sul nostro Governo, perchè riconosca, finalmente, senza ambiguità, lo Stato palestinese: basta col dover continuamente piangere morti tra i palestinesi e i civili israeliani".