'Pash' è la parola più
gioiosa che si tramanda da millenni nel periodo primaverile, ovvero nel primo plenilunio e non solo, tra il popolo ebraico.
Mosè, il patriarca, fece coincidere il
'Pash', ovvero il
'passaggio', con
l'esodo dall'Egitto attraverso il
mar Rosso, inseguiti dall'esercito del faraone
Ramses II. Il punto di fuga venne individuato nella zona di
Pi-Achirot, fra
Migdol e il mare di fronte a
Baal-Sefon. Secondo la tradizione, la trasmigrazione venne favorita da una
bassa marea che, opportunamente, permise il passaggio a
Mosè e a tutti i suoi seguaci.
"Gli Egiziani dunque li inseguirono. Tutti i cavalli, i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito li stavano per raggiungere, mentre essi erano in cammino attraverso il mare". -
Es 14:9. Davanti agli
Ebrei c'era il mare; dietro, il potente esercito egiziano; a destra e a sinistra montagne difficilissime da scalare. Sarebbe stato inutile, anzi impossibile, opporre resistenza o darsi alla fuga. L'unica scelta era proseguire affrettando il passo, o arrendersi e tornare schiavi in
Egitto, oppure morire sotto i colpi degli egiziani. Così, secondo gli scritti
dell'Esodo: "Quando il faraone si avvicinò, i figli d'Israele alzarono gli occhi; ed ecco, gli Egiziani marciavano alle loro spalle. Allora i figli d'Israele ebbero una gran paura, invocando a gran voce il Signore". -
Es 14:10. "E Mosè disse al popolo: "Non abbiate paura, proseguite il vostro cammino e vedrete la salvezza che il Signore compirà oggi per voi; infatti, gli Egiziani che avete visto quest'oggi non li rivedrete mai più. Il Signore combatterà per voi e sarete salvi". -
Es 14:13,14. Le acque allora si alzarono sull'esercito del faraone come uno
'tsunami', mettendo in salvo il popolo
d'Israele, ormai giunto sulla riva opposta. Il
'passaggio', in ogni caso, ha origini primordiali, poiché è da considerarsi l'alternarsi del giorno con la notte, della vita con la morte, della primavera con l'estate, dell'autunno con l'inverno. Tutto è
ciclico, cioè legato ai ritmi dei quattro elementi che regolano la vita sulla
Terra. Quei
'ritmi' entrati a far parte della nostra eredità genetica primordiale, che hanno suggerito alle giovani menti la nascita del mito. È quell'archetipo del mito: quello del ritorno dal mondo sotterraneo alla luce del giorno di
Persefone, figlia di
Demetra, dea della
terra, che simboleggiava, per la cultura
dell'antica Grecia, il rinascere della vita in primavera dopo la fredda quiete dell'inverno. L'osservazione del cielo e della terra, del tempo e dello spazio e, ancora, provare gioia e dolore, freddo e caldo: situazioni e sensazioni che ancora oggi segnano il
'passaggio', la crescita, il rinnovamento, la
rinascita. Eppoi, la figura dei profeti e dei maestri, tra i quali
il figliolo del falegname di Nazareth, l'agnello immolato per la salvezza dell'Uomo, simbolo universale di questa antica
'mediazione'. Il simbolismo
dell'agnello, o meglio del
capretto, sarebbe strettamente legato al
culto arboreo nello stesso significato che aveva la
lepre per la dea
Eostre, divinità nordica, la cui etimologia sta all'origine del termine inglese
'Easter'. La capra, come
Pan, errando per i boschi e le fresche acque dei ruscelli, si nutre di gemme e cortecce degli alberi. Solo al dio
Pan era permesso nutrirsi della vegetazione primaverile, dunque la stessa
capretta non poteva che essere considerata
sacra. L'uomo indigeno, mangiando la carne dell'animale, credeva di acquisire per introiezione la forza e una parte di
divinità. Pertanto, il cibarsi di animali sacri diventava un momento solenne, al quale dovevano presiedere i componenti della tribù. Non a caso, la comunione, con
l'Agnus Dei, ha radici antiche e primordiali. Le
uova, forse per la loro forma e sostanza molto particolare, hanno sempre rivestito un ruolo unico, come simbolo della vita in sé, ma anche del mistero della vita stessa. In tempi remoti, il cielo e la terra erano ritenuti due metà dello stesso uovo. E le
uova erano il simbolo del
ritorno alla vita. In primavera, gli uccelli preparano il nido, dando l'annuncio che l'inverno e il freddo sono ormai passati.
Greci, cinesi, persiani, slavi e
russi se li scambiavano come dono per le feste primaverili. Si ricordino le
uova 'Fabergé', realizzate appunto dalla gioielleria di
Peter Carl Fabergé: uova policrome in smalto, ideate presso la corte dello
Czar di tutte le
Russie; ma anche
nell'antico Egitto, le
uova decorate erano scambiate
all'equinozio di primavera, data d'inizio del nuovo anno, quando ancora l'annualità si basava sul fertile
limo lasciato come una
'carezza' dal sacro
Nilo. Le uova, associate per secoli alla primavera, con l'avvento del
cristianesimo divennero simbolo della rinascita non della natura, ma
dell'uomo stesso, della
resurrezione di Cristo, dell'augurio della rinascita anche in altre forme. Ci siamo limitati, insomma, a una semplice riflessione sul significato simbolico e culturale della
Pasqua. E con tutta la redazione rivolgiamo ai lettori i nostri migliori
auguri.
Nella foto: il museo egizio in Vaticano