Vittorio CraxiOgni anno, questo giorno della memoria, per noi socialisti assume significati sempre nuovi, alla luce delle reinterpretazioni che riaffiorano e dei nuovi e crescenti riconoscimenti che vengono fatti alla memoria di Bettino Craxi, sia per l'azione politica lungimirante, sia per la schietta e limpida analisi sulla nazione, che scelse la liquidazione violenta della sua classe dirigente e dei Partiti, aprendo la strada alle incognite e alle incertezze proprie del momento che viviamo in Italia, in Europa e nel Mediterraneo. Se, a distanza di anni, si riaccende attorno alla sua figura e alla sua fine un dibattito sempre attuale, questo avviene perché egli fu una personalità della sinistra e un uomo di Stato difficilmente archiviabile nel dimenticatoio polveroso di una prima Repubblica da 'rottamare'. Il sistema politico democratico, dopo la fine di quel periodo é più fragile: i Partiti pressoché scomparsi; la sinistra più debole; le correnti figlie del comune alveo del socialismo italiano in via di liquidazione. Bettino Craxi morí sotto i colpi di una giustizia che si comportò, come disse il capo dello Stato, "con particolare durezza". Ma non vi sono errori umani e materiali che possano nascondere la grandezza della figura, dell'uomo politico e dello statista. Molti socialisti lo stanno ricordando in queste ore, così come molte personalità democratiche, (sottolineo: senza strumentalizzazione alcuna), perché é finita la fase dell'utilizzo interessato della tragica fine dei socialisti italiani.




Responsabile Esteri del Partito socialista italiano

Lascia il tuo commento

Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - martedi 26 gennaio 2016 17.53
RISPOSTA AL SIG. ARBOR: noi invece le consiglieremmo di ricordare che: 1) la responsabilità penale di ogni singolo cittadino è personale. Dunque, non è possibile proporre alcun paragone tra persone diverse, condannate per reati ben distinti; 2) nessun esponente del Partito socialista italiano è mai stato perseguito, né tantomeno condanato, per reati di associazione mafiosa o per concorso in essa, cosa che per formazioni politiche del passato (Dc), del presente (Pd, Forza Italia) o del passato più recente (Pdl) certamente non si può affermare. Il suo paragone tra Bettino Craxi e il mafioso Totò Riina risulta, pertanto, non solo offensivo e ingiurioso (due reati penali di cui la presente testata può svolgere la funzione di 'notitia criminis'...), ma è anche piuttosto astratto e sommario, fino a imporLe, se realmente intende partecipare a un dibattito pubblico qualsiasi, di rivedere principi e presupposti culturali attraverso i quali Lei pretende di prendere le mosse. Si informi con maggior completezza, insomma, evitando di far valere, nell'esposizione delle sue tesi, solamente quel che torna comodo alla sua visione delle cose; 3) la condanna di Bettino Craxi per il "Conto protezione" è stata annullata dalla Corte di Cassazione nel giugno del 1999, un caso che vedeva il leader del Psi coinvolto in veste di semplice coimputato (come in tutti gli altri casi, del resto) mentre era ancora in vita; 4) la condanna a 4 anni per il caso "All Iberian" venne prescitta nella sentenza d'appello dell'ottobre del 1999, con Bettino Craxi ancora in vita; 5) nel processo per la metropolitana milanese "Intermetro" e per quella di Lima, in Perù, Craxi venne assolto nel 2002 per non aver commesso il fatto; 6) il 5 dicembre 2002 la Corte europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ha emesso una sentenza d'appello - in riferimento al processo Eni-Sai - che condannò la giustizia italiana per la violazione dell'articolo 6 ("equo processo"), paragrafo 1 e paragrafo 3, lettera D ("diritto di interrogare o fare interrogare i testimoni") della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, in ragione dell'impossibilità di “contestare le dichiarazioni che hanno costituito la base legale della condanna”. La condanna venne infatti formulata “esclusivamente sulla base di dichiarazioni pronunciate prima del processo da alcuni coimputati (Cusani, Molino e Ligresti), che poi si sono astenuti dal testimoniare e da una persona deceduta (Gabriele Cagliari)”; 7) la stessa Corte ha emesso, nel luglio del 2003, una seconda sentenza riguardante la violazione dell'articolo 8 della Convenzione ("diritto al rispetto della vita privata"). La Corte ha infatti rilevato che “lo Stato italiano non ha assicurato la custodia dei verbali delle conversazioni telefoniche, né condotto in seguito una indagine effettiva sulla maniera in cui queste comunicazioni private sono state rese pubbliche sulla stampa” e che “le autorità italiane non hanno rispettato le procedure legali prima della lettura dei verbali delle conversazioni telefoniche intercettate”. Speriamo vivamente che ciò possa a servire, quanto meno, a permetterLe di riequilibrare il suo giudizio, insieme a quello di molti ancora oggi imbevuti di un evidente odio ideologico, forcaiolo e populista, del tutto ingiustificato, soprattutto alla luce dei reati commessi da altri funzionari ed esponenti politici negli anni più recenti e se posto in relazione con i metodi per mezzo dei quali la giustizia italiana è solita indagare - e spesso addirittura assolvere... - individui e cittadini coinvolti in procedimenti lentissimi e infamanti, sotto il profilo della pubblicità processuale, anticipata dai media per molti mesi quando l'accusato risulta ancora in attesa di giudizio. La pubblicità di un processo pubblico dovrebbe già bastare a permettere all'opinione pubblica di formulare un giudizio morale più equo, per quanto questo non possa incidere sulle decisioni processuali. Invece, qui da noi, se anche si viene assolti dopo lunghi decenni di spese legali e disonore collettivo, la notizia di assoluzione non ottiene il medesimo risalto rispetto al capo d'imputazione che precede il procedimento giudiziario. Saluti. VL


 1