Giuseppe Lorin'Racconti triestini' (Marsilio Editori) è una raccolta di brevi storie che riguardano i personaggi della città che fu di Umberto Saba, Giorgio Strehler, Boris Pahor, Italo Svevo, Gillo Dorfles, Claudio Magris, Susanna Tamaro, Nino Benvenuti e tanti altri ancora, conosciuti e non. Autore dell'opera è Giorgio Pressburger. Personalmente, ho incontrato questo 'gigante' molti anni fa presso Palazzo Del Drago, sede della prestigiosa Accademia nazionale d'Arte drammatica 'Silvio D'Amico', in via delle Quattro Fontane, a Roma. Giorgio, in quel tempi insegnava Teoria di Regia e Recitazione. In seguito, per Orazio Costa, passò definitivamente a Regia. Proprio sotto la sua direzione, mi capitò di interpretare Lelio nel 'Teatro comico' di Carlo Goldoni. E ricordo, di quel periodo, l'accurata ricerca storica che dovetti svolgere sul mio personaggio, nonché le prove continue, che scavavano negli aspetti più profondi di Lelio, le 'fissazioni' per certi movimenti del Goldoni e la meticolosità nell'allestimento. Ciò diede il successo dovuto a quella rappresentazione, pur nello 'sfinimento' di tutti noi allievi-attori. Ma così doveva essere. Giorgio ci parlava sempre di un'attrice istriana, ne descriveva la dolcezza e l'eleganza. Penso oggi, a distanza di anni, che tale 'essenza di vita' abbia contribuito alla stesura di questi 'Racconti triestini', perché leggendo le pagine di questo libro si percepisce la devozione e l'affetto per alcuni luoghi 'eletti' di una città che ha saputo accogliere con calore un rifugiato costretto a fuggire dalla sua Ungheria per le proprie origini ebraiche. A Budapest, infatti, l'Autore si è ritrovato 'faccia a faccia' sia con gli orrori del nazismo, sia con quelli del totalitarismo comunista. Nel 1956, egli decise di trasferirsi in Italia, scegliendo Trieste come città elettiva. Sono stati e sono tuttora molteplici i fronti dell'impegno di Pressburger, ma il campo culturale a suo dire più inespresso, nonostante abbia già girato una decina di film, è quello del cinema. Il suo sogno, infatti, è quello di fare il suo film 'vero', libero da ogni esigenza di produzione. In ogni caso, di questa raccolta di brevi racconti è arduo scoprirne l'incipit. Nella Premessa, l'Autore spiega che: "Le storie che ho raccolto qui provengono da racconti di conoscenti, pettegolezzi da caffè e tristi o ridanciane cronache cittadine. Come tali potrebbero essere anche vere...". In realtà, via via che ci si addentra nella lettura, affiorano parti essenziali della sua vita, come se l'autore si confidasse di fronte a un abile analista affidandogli le sensazioni più recondite, al fine di trarne, appunto, un libro. Via Brunner, via Milano, Opicina, il Caffè Tommaseo, Borgo Teresiano, via Rismondo, Ponte Rosso, via Belpoggio, via delle Beccherie: questi i luoghi di Trieste in cui avvengono i fatti narrati. La splendida città 'giuliana' è dunque un sincero e autentico fantasma d'amore per questo Autore, poiché "... Trieste è essa stessa un monumento alla discreta, pigra, stravolta dolente e gioiosa umanità. In fondo, siamo tutti dilettanti di fronte al nostro destino".


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