Il Governo italiano potrebbe muoversi militarmente in Libia soltanto sotto l'usbergo dell'Onu. Ma vale la pena ricordare, che quando si trattò di sgomberare Gheddafi si utilizzò un'interpretazione estensiva del mandato del Consiglio di sicurezza, generando e alimentando quella confusione che, oggi, è sfociata in una guerra civile 'alla somala'. In gioco, ci sono interessi vitali per il nostro Paese, che già all'epoca del primo intervento furono sostanzialmente e prepotentemente aggrediti dalle ingerenze di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Invocare un intervento delle Nazioni Unite e internazionalizzare il conflitto avrebbe senso nella misura in cui queste potenze militari ed economiche sottoscrivessero la loro rinuncia agli interessi (e alle royalties) che derivano dallo sfruttamento delle risorse del sottosuolo libico. Un intervento militare ha senso se l'Italia si facesse promotrice di un'iniziativa 'panmediterranea', con l'implicita alleanza e il coinvolgimento delle tre nazioni arabe confinanti - Egitto, Tunisia e Algeria - interessate. Tale iniziativa si richiederà e si rivelerà necessaria per ragioni di contenimento dell'espansionismo 'jihadista' e, a ogni buon conto, sarà altresì necessario che il dialogo possibile tra le numerose fazioni che si fronteggiano, venga sviluppato nell'ambito degli interessi del mondo arabo 'maghrebino' e dell'Unione africana.
Responsabile Esteri del Partito socialista italiano