Serena Di GiovanniTroppo spesso i media, ma anche l’opinione pubblica, i tecnici e gli addetti ai lavori, affrontano in maniera del tutto superficiale gli esiti dell’infelice connubio “crisi economica-assenza di investimenti nel campo culturale” che affligge da tempo il nostro Paese. Sempre più frequentemente si parla dello straordinario patrimonio italiano e di come quest’ultimo non venga adeguatamente valorizzato senza qualificare e quantificare in termini numerici e statistici la misura di tale problematica. Il rapporto Bes 2014, realizzato dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) e l’Istituto nazionale di statistica (Istat) tra il 2011 e il 2013 e reso noto il 26 giugno 2014, ha provato a mettere ordine alla questione, dimostrando, attraverso dati incontrovertibili, che l’Italia è uno dei paesi “meno generosi” d’Europa nel finanziamento della cultura. E comprovando statisticamente che la tutela e la valorizzazione delle “bellezze” artistiche e paesaggistiche italiane ha sicuri risvolti di carattere economico oltre che culturale. Secondo questa ricerca, infatti, attraverso la salvaguardia del nostro patrimonio aumenterebbero anche le opportunità di rilancio sul mercato globale di alcuni settori fondamentali della nostra economia. Vediamo quali.

Il patrimonio culturale italiano: una priorità non riconosciuta
Ormai lo sappiamo: la dotazione dei beni culturali è una delle peculiarità del nostro paese, che tutto il globo, più o meno, ci invidia. Nella World Heritage List dell’Unesco si contano ben 49 siti italiani riconosciuti come “patrimonio dell’umanità”, la maggiore concentrazione al mondo secondo il rapporto Bes 2014. Da quest’ultimo, inoltre, si evince che solo nel 2013 i beni culturali censiti dal MiBACT erano più di 33 ogni 100 km2. Eppure la “tutela e valorizzazione dei beni e delle attività culturali e paesaggistici”, una delle 34 missioni in cui si articola il bilancio dello Stato, non sembra essere una priorità per i nostri politici. A dimostrarlo, i più che sconfortanti dati raccolti dal rapporto sul sostegno da parte delle autorità statali al nostro patrimonio, i quali evidenziano come l’Italia risulti tra i paesi che spendono meno per la tutela e la valorizzazione in tale settore. Dall’analisi in questione emerge altresì come il divario tra centro-nord e sud nella “spesa culturale” dei comuni sia notevole e come i tagli ai beni culturali abbiano interessato soprattutto le regioni a “statuto ordinario”. Altro dato “allarmante” riguarda l’erosione degli spazi rurali dovuta alla crescente urbanizzazione e all’abbandono delle pratiche agricole tradizionali, due elementi che costituiscono una seria minaccia per il paesaggio italiano.

La tutela del paesaggio: la parte più fragile, sulla quale, tuttavia, è necessario puntare
Relativamente alla tutela e alla valorizzazione, dal rapporto Bes emerge come il paesaggio costituisca la parte più fragile del patrimonio culturale essendo quest’ultimo esposto alle pressioni dell’attività edilizia. Dall’analisi Bes si evince, in sostanza, un’incapacità dei poteri pubblici di tutelare le aree più sensibili. Un paradosso, se consideriamo che l’Italia vanta una lunga tradizione normativa in materia di tutela del patrimonio che risale, addirittura, all’Italia pre-unitaria. Secondo il rapporto, un problema di grande entità è quello dell’abusivismo edilizio, fenomeno che nel nostro Paese si manifesta con un’intensità che ha pochi riscontri in Europa e che, sempre secondo l’indagine, si ripercuote pesantemente sul benessere individuale e collettivo.

Quasi un italiano su cinque denuncia l’evidente degrado dei luoghi che lo circondano
Merito dell’indagine è l’aver rilevato la “dimensione soggettiva del paesaggio. Un italiano su cinque, infatti, denuncia l’evidente degrado dei luoghi che lo circondano, portando alla luce due dati interessanti: l’insoddisfazione verso la qualità del paesaggio circostante e la preoccupazione per il suo progressivo deterioramento. Dati che, a loro volta, intercettano due aspetti centrali, da non sottovalutare: le ripercussioni dell’ambiente sulla qualità della vita del cittadino e la consapevolezza da parte del singolo individuo del valore del patrimonio per la collettività.

La tutela del patrimonio incide direttamente sulla salute dei cittadini e sulla crescita economica del Paese

Il dato più interessante emerso dall’indagine Bes è, tuttavia, quello che riguarda la stretta correlazione tra tutela dei beni culturali e ambientali, sicurezza dei cittadini e crescita economica del paese. Leggendo il rapporto, infatti, appare evidente come la salvaguardia del paesaggio, anello debole del patrimonio, sia necessaria, oltre che possibile, in quanto direttamente correlata alla salute e alla sicurezza dei cittadini, nonché alle prospettive di crescita economica. Quest’ultima, secondo i dati, potrà avvenire solamente attraverso una maggiore presenza del governo sul territorio e mediante l’attuazione di politiche volte ad arginare il fenomeno dell’edilizia illegale. L’unico segnale positivo è dato dal rallentamento, registrato dall’ultimo Censimento dell’agricoltura, della perdita di superficie agricola utilizzata (Sau), necessario alla tutela e conservazione dei paesaggi rurali.

Tutelare e riattivare le zone rurali

Secondo il rapporto, per rilanciare l’economia italiana è necessario incentivare la conservazione del paesaggio rurale, minacciato da un’urbanizzazione poco governata e dalla rinaturalizzazione delle superfici agricole abbandonate. Tutelare e riattivare le zone rurali potrebbe condurre a un crescente sviluppo locale e a rendere nuovamente attrattive a livello turistico delle aree paesaggistiche di comprovato interesse storico, favorendo così la “rinascita economica” del Paese. Quest’ultima, in effetti, secondo i dati raccolti non può assolutamente prescindere dal recupero delle pratiche agricole tradizionali. Del resto, il valore economico del paesaggio è stato ampiamente riconosciuto anche dal Piano strategico nazionale per lo sviluppo rurale 2007-2013 (Psn) secondo il quale i paesaggi rurali costituiscono un fattore importante di competitività per il settore agricolo – forestale in quanto non riproducibile dalla concorrenza.

Cos’è il Rapporto Bes 2014?
Si tratta del secondo rapporto sul Benessere equo e sostenibile, realizzato dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) e l’Istituto nazionale di statistica (Istat), e pubblicato sul sito dell’Istat il 26 giugno 2014, con l’obiettivo di fornire a policy maker, parti sociali e mondo della ricerca una guida utile da perseguire per garantire alle generazioni presenti e future un benessere equo e sostenibile. La ricerca, incentrata sull’analisi di 12 domini del benessere in Italia attraverso 134 indicatori, ha interessato diversi campi: Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente, Ricerca e innovazione, Qualità dei servizi. L’analisi, nella sua seconda edizione, prende in considerazione un lungo periodo di tempo, compreso tra il 2011 e il 2013 e chiama in causa anche i cittadini, invitatati ad esprimere le loro opinioni mediante un’indagine campionaria e decine di incontri territoriali. Per quanto riguarda il dominio 'Paesaggio e patrimonio culturale', gli indicatori sono stati costruiti prendendo in considerazione le dimensioni del paesaggio urbano, del paesaggio rurale e la percezione della qualità del paesaggio vissuto.

Per ulteriori info sull’indagine:
http://www.istat.it/it/archivio/126613
http://www.istat.it/it/files/2014/06/Bes-_-2014-NotaStampa-DEF.pdf
http://www.misuredelbenessere.it/
http://www.reterurale.it/downloads/cd/PSN/Psn_21_06_2010.pdf


‘Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia per l'ambiente contro il degrado civile’ di Salvatore Settis: un testo edito da Einaudi che, già nel 2010, denunciava quanto rilevato dal Rapporto Bes 2014

“Lo spazio dell’uomo è riflesso e memoria della storia e della società, anzi delle storie e delle società che lo hanno plasmato nel tempo, che lo plasmano oggi per gli uomini e le donne di domani.[…]. Una volta avvilito a strumento o a merce, il paesaggio respinge, si fa estraneo; e il paesaggio inospitale genera un profondo disagio psicofisico. Anche quando lo spazio vissuto nella quotidianità ci respinge e ci disgusta siamo obbligati ad accettarlo; e tuttavia la memoria dei paesaggi storici può esser tanto forte da indurci a guardare orride periferie e fabbriche in rovina con occhio insieme indignato e indulgente: come errori da correggere, ma anche come anomalie, eccezioni deplorevoli ma tutto sommato marginali. Rassegnati ormai alle devastazioni che ci feriscono ogni giorno, rifiutiamo di vedere quel che dovremmo: che l’anomalia sta diventando la regola, che l’eccezione si va trasformando in modello unico di sviluppo, che l’urban sprawl sta mangiandosi città e campagna, che intere generazioni di italiani (milioni di persone) non hanno più nella loro geografia interiore nessun paesaggio armonioso da ricordare, nulla su cui fantasticare. La città orizzontale, diffusa e dispersa, cresce su se stessa, si sparge intorno come una colata lavica. […] L’ambiente che noi abbiamo creato a sua volta ci condiziona: ci fa membri di una comunità se possiamo riconoscerci in esso, ci spinge alla violenza quando quel che ci circonda è alienante […]”.

In ‘Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia per l'ambiente contro il degrado civile’, edito da Einaudi nel 2010 - ma estremamente attuale - Salvatore Settis, storico dell’arte e archeologo di fama internazionale, analizza la legislazione di tutela dell’ambiente e del paesaggio a partire dagli anni più antichi fino ai giorni nostri. E considera le ragioni, etiche e giuridiche, del progressivo disfacimento del nostro patrimonio ambientale, in parte imputabile ai recenti provvedimenti normativi e allo scollamento tra Stato e Regioni in materia. Il degrado di cui Settis parla non riguarda solo la forma del paesaggio e dell'ambiente, e nemmeno solo gli inquinamenti, i veleni, le sofferenze che ne nascono e ci affliggono, ma è una vera e propria forma di declino complessivo delle regole del vivere comune, dovuto soprattutto all’indifferenza dei nostri politici e a leggi contraddittorie, che vengono puntualmente aggirate. Nel tracciare un quadro dettagliato e sconcertante sull’attuale stato di conservazione dei beni paesaggistici in Italia (alimentato dalla crescente disinformazione operata dai media e dalla classe politica di destra e di sinistra), Settis rivolge agli italiani un accorato appello a considerare l’ambiente non un lusso ma una necessità per salvaguardare la vita delle generazioni presenti e future.

Salvatore Settis ha pubblicato La tempesta interpretata. Giorgione, i committenti, il soggetto (1978 e 2005), La colonna Traiana (1988), Italia S.p.A. (2002), Futuro del «classico» (2004), Iconografia dell'arte italiana 1100-1500: una linea (2005), Artemidoro. Un papiro dal I secolo al XXI (2008) e Artisti e committenti fra Quattro e Cinquecento (2010). Dopo aver diretto il Getty Research Institute for the History of Art di Los Angeles (1994-99), è tornato a insegnare Storia dell'arte e dell'archeologia classica alla Scuola Normale Superiore di Pisa, di cui è direttore. Accademico dei Lincei, delle Accademie delle Scienze di Berlino, Monaco e Torino, dell'Accademia Reale del Belgio e dell'American Academy of Arts and Sciences. Nel 2006 è stato nominato dalla Commissione Europea fra i membri fondatori del Consiglio Europeo delle Ricerche (ERC), dal 2008 è presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali. Con Claudio Gallazzi e Bärbel Kramer ha curato l’ edizione del Papiro di Artemidoro (LED, 2008).



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