Giovanni PalilloL'altissimo livello di corruzione accertato dalla Procura di Milano non è solo un fenomeno meneghino. Le ultime statistiche considerano il nostro Paese, per quanto riguarda la corruzione, al 65 posto addirittura dopo il Ghana. Da tempo, l’Italia è uscita dal nucleo dei Paesi virtuosi e paga alla corruzione endemica e sistematica un costo di oltre 60 miliardi. Solo la mafia in generale fattura oltre 100 miliardi di euro, mentre l'evasione fiscale e l'elusione costano oltre cento miliardi e, secondo alcuni, anche oltre 150 miliardi a cominciare dalle multinazionali e dalle grandi società di capitali. Senza affrontarlo nel suo insieme, questo immane costo è a carico dell'erario e di milioni di italiani angustiati, derisi ma non rassegnati. L'intreccio tra politica e affari, come è noto, è continuato dopo Tangentopoli e non si è mai arrestato. C'è stato un blocco delle gare di appalto nella seconda metà degli anni novanta, ma si è trattato di una lieve inversione di tendenza. Poi si è continuato più di prima. E non vale neanche fare la distinzione tra Partiti, uomini politici e burocrati. Sempre di ruberie si è trattato e sempre per esercizio di concorrenza sleale è avvenuto. Per non parlare dei costi triplicati delle autostrade, dove sotto si interravano rifiuti tossici, o di ospedali, caserme, impianti sportivi multifunzionali o grandi opere o grandi eventi. I Partiti che hanno preso il posto di quelli della prima Repubblica hanno promesse riforme mai attuate e, anzi, il centrodestra aboliva il falso in bilancio, riduceva i termini della prescrizione o, addirittura, approvava leggi ad personam. La legge Severino è arrivata 17 anni dopo Tangentopoli e a Milano non ha neanche funzionato, non apponendo filtri consistenti all'opera corruttoria di personaggi vecchi, ma che hanno ancora consolidati rapporti politici. In quasi tutte le regioni avveniva altrettanto, senza adeguate reazioni. Ora, il magistrato Cantone ha ragione quando chiede poteri certi derivanti da una legge ad hoc, per trovare i colpevoli e impedire ulteriori occasioni di arricchimento criminale a danno dei cittadini. Renzi ha proposto un Daspo per i corrotti e ciò va benissimo. Ma, pur nell'ambito delle leggi vigenti, alcune da migliorare come il falso in bilancio e i termini della prescrizione, occorre che lo Stato affidi a una autorità nazionale, con poteri giusti, la possibilità di combattere per davvero la corruzione. Arrivare sempre dopo e non prima, significa consentire il saccheggio della finanza pubblica. E milioni di cittadini vogliono dalla politica risposte esaurienti. Per non vedere più alterata la democrazia e disorientato lo Stato, che non può perdere questa battaglia.


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