Può sembrare blasfemo rivolgere gli auguri di buona Pasqua ai propri lettori parlando male di un pontefice che sembra avere un unico, evidente, obiettivo: scuotere quel che nella mente febbrile di ogni cattolico sono la pigrizia, l’arrendevolezza, l’ignavia di fronte alla secolarizzazione in atto e alla profonda crisi in cui si dibattono le religioni di tutto il mondo. Criticando Papa Bergoglio bestemmieremmo? Offenderemmo i cristiani di ogni confessione? Perché tutto questo compiacimento nei riguardi dell’attuale vescovo di Roma? Per il semplice motivo che anche quello in corso è un papato concepito come un’arma nell’arsenale del conflitto di civiltà. E il suo messaggio deve rispondere pienamente alle diverse esigenze di propaganda mediatica, cui la teologia cattolica più reazionaria intende comunque far ricorso. Quale sarebbe, altrimenti, il senso profondo di questo primo anno di pontificato a prima vista innocuo, dopo lunghi decenni di cattolicesimo ideologico? Nel cristiano abitudinario e poco evangelizzatore sta forse tornando la voglia di un Cristo affettuoso, quello tranquillizzante e un po’ melenso del nostro catechismo infantile? Oppure è ancora il Cristo che muore nella passione straziante secondo Matteo, quello di Bach e della Messa di Mozart, della dissanguata tragicità del Mantegna? Papa Bergoglio, da buon argentino, ‘dribbla’ calcisticamente la maledizione del “suo sangue ricadrà su di voi”, che fu la vera fonte storica di un antisemitismo multisecolare, superato solamente nel XX secolo dal Concilio Vaticano II. Ma ferma rimane la sua opposizione nei riguardi della recente sentenza della Corte Costituzionale - che nei giorni scorsi ha definitivamente fatto a pezzi ogni divieto di fecondazione eterologa - al fine di non cadere vittime “della dittatura del pensiero unico”. Ma si tratta di un’opposizione ormai debole e mortificata, frutto di una teologia che difende se stessa ‘autoaccusando’ gli altri. Perché a furia di frequentare se stessi si finisce col cadere nel peccato di attribuire al prossimo i propri difetti più caratteristici e peculiari. “Nihil sine domino”, avvertono i Gesuiti: nulla accade senza la volontà di Dio. Dunque, non saremo certamente noi, miserabili peccatori, a stabilire cos’abbia in mente il padreterno. Il quale lo avrà pure un proprio pensiero, oltre a un determinato e ormai ‘percepibile’ senso dell’umorismo.