Serena Di GiovanniDal 20 marzo al 31 agosto 2014, le ‘Scuderie del Quirinale’ in Roma ospiteranno la mostra dedicata a Frida Kahlo, il simbolo dell'avanguardia e dell'esuberanza artistica messicana. Curata dall’esperta Helga Prignitz-Poda, l’esposizione è parte di un progetto promosso congiuntamente da Roma Capitale e dalla città di Genova, in una sorta di interessante tandem espositivo. La mostra romana infatti, che analizza una parte dell’attività di Frida Kahlo e, in particolare, il suo rapporto con i movimenti artistici dell'epoca, proseguirà dal 20 settembre 2014 al 15 febbraio 2015 al Palazzo Ducale di Genova, dove sarà approfondito l'universo privato dell’artista. Ed è proprio su questo universo privato che il presente contributo intende soffermarsi. Questo approfondimento, in effetti, non vuole essere una recensione, né un’analisi critica e tecnica della mostra alle ‘Scuderie’. È, piuttosto, un excursus biografico che, senza troppe pretese, si pone l’obiettivo di fornire al lettore una delle tante e possibili chiavi di lettura delle opere esposte nelle due rassegne. Perché un'artista, al di là di ogni mitizzazione, è principalmente un essere umano che vive, respira, si innamora, soffre, si ammala e si reinventa giorno dopo giorno, proprio come tutti noi. Inoltre, per comprendere appieno l’arte di Frida Kahlo è necessario conoscere in maniera approfondita quella che è stata la sua vicenda biografica. E, magari, anche identificarsi con essa. Forse, questo è chiedere troppo. Perché la vita della Kahlo è stata segnata da numerosi avvenimenti, anche di portata storica - come la rivoluzione messicana - e da grandi sofferenze, legate alla malattia e al contrastato rapporto con il marito, Diego Rivera, l’amore di una vita. Quell’amore ‘malato’ che ti distrugge, ma di cui non puoi fare a meno. Quell’amore che tutti (o quasi) abbiamo vissuto.

LE DURE PROVE DELLA SUA VITA
Magdalena Carmen Frieda Kahlo Calderón nasce il 6 luglio del 1907 nel villaggio di Coyoacán, Città del Messico. È figlia del fotografo di origine tedesca Guillermo Kahlo e della sua seconda moglie, Matilde Calderón. A sette anni, Frida inizia a soffrire dei primi problemi di salute, le cui cause restano poco chiare. Più tardi le verrà diagnosticata una malformazione congenita della colonna vertebrale (spina bifida), che l’affliggerà per tutta la vita. Come se non bastasse, all’età di 18 anni, in un incidente su un autobus, il suo corpo viene trapassato da una parte all'altra, causandole una lunga convalescenza che, tuttavia, la condurrà a intraprendere la carriera artistica. In seguito, Frida entra nel Partito comunista, dove conosce Diego Rivera (il suo più grande amore), sposato il 21 agosto del 1928. Dopo due anni, nel corso di un soggiorno col marito negli Stati Uniti, abortisce per la prima volta. A testimonianza di questo delicato momento è l’opera, esposta in mostra a Roma, ‘Frida e l'aborto’, datata 1932. In seguito a tale evento, Frida stringe una relazione extraconiugale con unfotografo newyorkese. E, per la serie: ‘chi la fa l’aspetti’, poco più tardi scopre che anche il marito la tradisce. E che la tradisce con sua sorella Cristina. Siamo nel 1934: Frida ha 28 anni e interrompe bruscamente la propria attività artistica. Ma poco tempo dopo si riprende. Rifiorisce. Pur avendo alle spalle la malattia, l’incidente, l’aborto e anche il tradimento del marito, si rimette in ‘carreggiata’. Ragionevolmente, decide di vivere una vita in totale autonomia, di allontanarsi da quell’amore malato che non la rendeva felice. E inizia ben due relazioni sentimentali: una con uno scultore e l’altra con il marito di un’amica di famiglia. Ma, soprattutto, comincia a stringere quei fondamentali rapporti lavorativi che le cambieranno la vita: nel 1938, il poeta francese André Breton riconosce nella sua opera un'originale impronta surrealista e scrive l'introduzione al catalogo della sua prima esposizione personale, tenutasi presso la Julien Lexy Gallery di New York. Alcuni suoi quadri vengono venduti anche all'attore statunitense Edward G. Robinson.Insomma, laddove qualsiasi altra persona si sarebbe arresa, cadendo in una profonda depressione, la Kalho reagisce e arriva all’apice della carriera. Viaggia per lavoro (nel 1939 si reca a Parigi per partecipare alla mostra ‘Mexique’, organizzata da Breton). Non si ferma. Anzi, si ferma solo per divorziare dal marito e per troncare quella relazione divenuta per lei una sorta di ‘zavorra’. Torna a vivere dai genitori. Sfrutta la sofferenza, la frustrazione e la lacerazione interiore per autoaffermarsi a livello sociale, artistico e professionale. Mette nelle sue opere d’arte un pizzico del suo vissuto. Proprio nel 1938, uno scatto del fotografo Nickolas Muray le fa ottenere la copertina della rivista Vogue’. Nella vita privata, come in quella lavorativa, Frida affronta la grande problematica dell’autorappresentazione e dell’autoaffermazione di sé (tema principale della rassegna alle Scuderie del Quirinale). Nel 1940 è già prontaper ripartire. Prende parte a numerose esposizioni tra Città del Messico, San Francisco e New York. Non la ferma nemmeno l’imminente e improvviso assassinio dell’ex-amante. Poi, arriva la scelta inaspettata, quella dettata dall’istinto, appunto, di una donna che ha vissuto con passione ogni decisione della sua vita: quella di guardare indietro, di tornare dall’ex marito, da quell’amore di una vita. L'8 dicembre 1940, a San Francisco, Frida Kahlo e Diego Rivera si sposano per la seconda volta. E la malattia, nel frattempo, peggiora, ma non le impedisce di continuare. Inizia a insegnare, dà lezioni private a casa sua. A partire dal 1946 è costretta a indossare un corsetto di ferro e comincia a tenere un diario, in cui raccoglie disegni e testi poetici molto personali riguardanti la propria vita sentimentale. Frida scrive di sperare in una fine felice e senza ritorno: "Esperoalegre la salida, y espero no volver jamás" ("Aspetto felice la partenza e spero di non tornare mai più", ndr). Ma al di là delle righe dedicate al rapporto ambivalente con Rivera o alla morte, la Kahlo non si smentisce nemmeno questa volta: con profondo e inspiegabile ottimismo trasforma gli eventi più drammatici della sua vita in una rassegna colorata di ricordi surreali, descritti in pagine ricche di umorismo e ironia. In seguito, riceverà dal ministro dell'Educazione del Messico il Premio nazionale per l'arte e la scienza. E subirà numerose operazioni alla colonna vertebrale. Nonostante le deficienze fisiche (le verrà amputata una gamba) continua a lavorare, a prendere parte a esposizioni e a lottare per le proprie idee, arrendendosi solo alla morte, sopraggiunta il 13 luglio del 1954.

NON SI E' MAI ARRESA
Questa sintesi della vicenda biografica della Kahlo fa comprendere come, in realtà, l’artista messicana sia lontana anni luce da quella donna fragile, malaticcia e, diciamolo, anche un po’ ‘sfigata’, che la critica per tanto tempo ci ha raccontato. È stata, al contrario, una donna estremamente forte, che nonostante i suoi evidenti problemi fisici ha deciso di non piangersi addosso: si è inventata un lavoro; si è emancipata (e, ricordiamo, Frida ha vissuto nei primi anni del Novecento, quando l’emancipazione femminile era poco più di una ‘chimera’); ha lottato per i suoi ideali politici; si è innamorata; ha tradito e ha subìto tradimenti. Forse, possiamo giudicarla un po’ ‘arrivista’: ha infatti correttamente sfruttato le proprie conoscenze e le sue relazioni (tutte con uomini attivi nel campo dell’arte) per affermarsi nella vita e nel lavoro. Nonostante i numerosi aborti, fonte di lacerazioni interiori indicibili, ha sempre saputo reagire. È caduta e si è rialzata. Anche e soprattutto grazie al suo lavoro. Le opere d’arte che ha realizzato non possono che essere il risultato perfetto dell’intreccio di tutte queste vicende: delle intense sofferenze vissute; degli amori negati e di quelli ripresi; della malattia e delle perdite; dell’ottimismo e delle passioni per la politica; del disagio fisico provato; delle conoscenze fatte (Breton) e di quelle che le hanno segnato la vita; dell’amore per Diego. Quell’amore che l’ha sempre appartenuta, fino alla morte. Perché Frida ha vissuto senza remore, conpassione e ironia, in ogni singolo momento della sua vita. E, parallelamente, ha saputo tradurre in immagini le visioni ataviche di un’infanzia negata, le passioni e le speranze per un futuro più roseo. Tutto questo, facendo dell’arte e della pittura il suo più grande ‘salvagente’.



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