Vittorio LussanaLa deriva che hanno assunto i parlamentari del Movimento 5 stelle è quella della vuota protesta estremistica, un modo di fare opposizione privo di ogni strategia che produce disegni di legge generalmente utopici e poco originali, figli di una sottocultura puramente contestataria. Ignoranza, maleducazione, interpretazione malevola di ogni realtà contraria alla propria visione, una retorica congiunta a una totalmente supposta superiorità della democrazia diretta in quanto forma di governo: queste le caratteristiche politiche direttamente o indirettamente trasmesse sin qui. La democrazia diretta, tra l’altro, rappresenta un’alternativa storicamente percorribile solo per Paesi di piccole dimensioni, caratterizzati da una popolazione poco numerosa, suddivisibile in realtà territoriali di contea o ‘cantonali’, come nel caso della Svizzera. Ma per un popolo di 60 milioni di abitanti come l’Italia, ipotizzare un assemblearismo ‘rousseauiano’ di tal genere, finalizzato a superare il principio di rappresentanza, assume i contorni di una concezione totalmente ‘piatta’ della democrazia, che viceversa è il sistema che più di ogni altro riconosce la diversità delle idee, delle opinioni, delle distinte realtà sociali. La visione dei ‘pentastellati’ appare dunque figlia di quell’ideologia utopica e assolutista che ha generato, nella Storia, solamente burocrazie tanto inutili quanto inefficaci: il principio anarchico della rivoluzione, se non è in grado di delineare un disegno preciso di trasformazione della società, finisce col generare solamente dissesti e disavventure ancora peggiori dei regimi che ha abbattuto o che cerca di combattere. E’ esattamente questo il problema che stanno incontrando alcuni Paesi protagonisti, negli anni più recenti, delle cosiddette ‘primavere arabe’, Egitto e Libia in particolare. L’irresponsabilità irrazionalista del populismo, congiunta a una vaga concezione di autogestione della società che teorizza come inutili le sovrastrutture istituzionali e di rappresentanza democratica, non realizza alcun sogno, bensì materializza gli incubi peggiori di instabilità regressiva. Nella Jugoslavia ‘titina’ della fine degli anni ’60 venne tentato un esperimento di autogestione delle fabbriche e della produzione industriale: una sorta di dittatura delle maestranze tesa a dimostrare la validità socioeconomica di fondo del marxismo. Ne derivò non soltanto una sostanziale gerarchia ‘alla rovescia’, in cui ogni operaio finiva col ‘delegare’ ogni problematica decisionale e ogni responsabilità personale in favore di un centro manageriale fortemente burocratizzato - che si ritrovò impossibilitato, ovviamente, a risolvere le molteplici questioni che venivano a crearsi all’interno dei singoli stabilimenti - ma ogni velleità programmatica e qualsiasi forma di pianificazione dell’attività produttiva risultò completamente disattesa. Scarsi furono gli obiettivi che si riuscirono a raggiungere. E la qualità del prodotto ‘finito’ risentì di una ‘piattezza’, di un’uniformità ‘primitiva’ - che oggi probabilmente definiremmo ‘vintage style’ - la quale obbligò i gusti personali dei consumatori a un’omologazione forzata, perdendo per strada ogni genere e tipo di originalità, di ingegnosità, di brillantezza individuale. In buona sostanza, il marxismo, in quanto dottrina economica, pur se applicato nelle sue formulazioni più umanizzate e libertarie, risultò solamente una sorta di convergenza ‘stilistica’ con il primitivo preistorico: uno storicismo esasperato e inattuale, che espelle la creatività del singolo individuo dall’intero processo produttivo, oltreché da ogni equazione socioeconomica. Alla fine, in Jugoslavia fu dimostrato come il dominio delle maestranze generasse una produzione scarsamente differenziata, poco competitiva sui mercati, obsoleta rispetto all’altissimo grado tecnologico raggiunto dalle merci prodotte nelle industrie giapponesi e americane. E’ questo il principale pericolo che si nasconde nella visione tardo-ideologica espressa dal Movimento 5 stelle: dietro ad alcuni presupposti libertari di origine anarchica, in realtà si celano conseguenze devastanti sotto il profilo della selettività individuale e collettiva. Negli anni della contestazione del ’68, il sistema democratico italiano riuscì, tutto sommato, a controllare molte derive negative di questo genere di proteste ideologiche fini a se stesse, selezionando nel tempo quei singoli soggetti che, muovendosi all’interno del movimento studentesco, avevano dimostrato pregevoli qualità personali e innovativi punti di vista professionali e morali. Tra i parlamentari a ‘5 stelle’ non c’è nemmeno questo: a parte qualche capacità di sintesi individuale, come per esempio quella della senatrice Paola Taverna, il resto del movimento è composto da soggetti impresentabili, che si propongono in maniera arrogante e spocchiosa in quanto unici ed esclusivi portatori di etica civile e moralità sociale. Ogni giudizio nei confronti delle parti avverse è negativo: gli altri sbagliano sempre tutto, poiché il movimento ritiene di difendere un’unica, assoluta e ‘cattolicissima’ verità. E’ una forma di ideologia vera, che può affascinare solamente qualche nostalgico degli anni ’70 e della disastrosa visione di un mondo diviso esattamente a metà. Uno schematismo semplicistico, uguale e contrario rispetto all’assolutismo aziendalista espresso da Silvio Berlusconi e dai suoi ‘adepti’. Forme di sintesi capaci solamente di generare slogan propagandistici, che utilizzano le parole come ‘gusci vuoti’: l’ultimo rimasuglio di un ‘sinistrese’ che non solo non è mai stato realmente di sinistra sotto il profilo dell’appartenenza antropologica e sociale, ma che non ha neanche le idee molto chiare in merito al progetto di società che intenderebbe costruire. Dove si vuole andare a ‘parare’? In un mondo di persone ‘tappate’ in casa, perennemente ‘incollate’ al computer? Verso una società in cui tutto viene gestito dalla rete secondo una concezione dogmatica della gratuità? Ma se anche tutto quanto, un giorno, divenisse gratuito, quale funzione tecnica potrebbero svolgere, a quel punto, fattori come la moneta e la stessa microeconomia? A cosa servirebbe guadagnarsi uno stipendio? E, soprattutto, chi riuscirebbe a portarne a casa almeno uno? Il ‘grillismo’ non è affatto un’etica laburista basata sulla devoluzione di sé, bensì una forma di goliardia da nullafacenti, l’infantilismo puerile di un gruppo di personaggi patetici, incapaci di raggiungere un qualsiasi obiettivo personale senza il ‘calcio in culo’ di mamma e papà. Persino la linea di difesa del loro comportamento di questi giorni in quanto mera ‘reazione’ a una decisione del presidente della Camera risulta patologicamente peripatetica, poiché allorquando si ‘reagisce’ con violenza a qualcosa che si ritiene ingiusto si dimostra solamente di appartenere alla schiera dei ‘reazionari’, nell’interpretazione più schiettamente politica di questo termine. Il trambusto, gli attacchi e le proteste di questi giorni sono state la dimostrazione più concreta di una totale mancanza di linguaggio dei ‘segni’, di una grave incapacità a ‘produrre discorso’, di una mancanza di rielaborazione del pensiero che produce solamente cupi brontolìi, in una confusione di idee e di metodi che genera soltanto altro caos, inutile e dannoso.




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Gaetano Massimo - Roma - Mail - giovedi 6 febbraio 2014 13.11
Osservazioni sul concetto di democrazia partecipativa.
In linea generale, teorica e pratica, oggi non esiste la democrazia. Nel senso che l’unica vera forma democratica, in senso ‘assoluto’ sarebbe quella ateniese. La famosa partecipazione diretta, a cui si richiamano i ‘pentastellati’, nacque, com’è logico e ovvio, in un ambiente ristretto. Nel lungo corso della Storia, fu l’incontro tra liberalismo e democrazia a far nascere la forma di governo democratico così come oggi la conosciamo, anzi, per correttezza dovremmo dire liberal-democratico. Infatti, viviamo in una liberal-democrazia. A molti forse sfuggirà l’aspetto ‘liberale’ che tende a confondere con quello ‘democratico’, ma se i principi connessi al famoso ‘potere del popolo’ si sono potuti sviluppare e applicare su ampia scala, è solo grazia a quei principi LIBERALI con cui si sono incrociati, e nel tempo anche bilanciati, garantendo libertà individuali a ogni singolo cittadino da una parte e eguaglianza in partenza a tutti, dall’altra.
Cercando di fare un riassunto ‘di secoli’, il punto di svolta di tutto questo processo sfociato alla fine nella liberal-democrazia, si ebbe con la nascita degli Stati-Nazione e con quell’assolutismo che permise alla gente di svincolarsi dal sovrano, che era si assoluto, libero da vincoli, ma cominciavano a esserlo anche i cittadini. Si era liberi di circolare e pensare a sé stessi, al proprio futuro, dunque al commercio, agli affari. Questo perché a governare ci pensava già qualcuno, togliendo gli altri dagli ‘impicci’ della politica. Se ho chi mi governa, posso dedicarmi ad altro, questo è il semplice passaggio. Posso crescere e migliorare la mia posizione economica e, magari, studiando anche quella culturale, quindi sarò pronto anche per la politica, se mi interessasse. Sottolineo “se mi interessasse”. Il punto cruciale, infatti, è questo. E’ errato pensare che tutti vogliano partecipare alla politica. Se fossimo, per ipotesi, in un sistema di democrazia diretta, non credo che su 60 milioni di Italiani troveremmo questa grande voglia di perdere tempo in Parlamento. Si tiene molto di più alla libertà personale, di fare o non fare le cose, politica compresa. Per questo abbiamo la rappresentanza in Camera e Senato. Siccome non vogliamo sporcarci le mani, abbiamo delegato chi ci rappresenti. E se poi i nostri onorevoli dovessero sbagliare, abbiamo sempre il voto per mandarli a casa. Certo, qualcuno dirà che in 60 anni di vita parlamentare la classe politica ha sonnecchiato troppo. Vero, è una riflessione ammissibile, ma allora dovremmo per correttezza dire lo stesso per l’elettorato attivo, che evidentemente tanto ‘attivo’ non lo è stato mai. La bontà del grillismo è o era stata la ventata di novità e l’iniziale irruenza su cui si potevano fondare le speranze per una ‘sonora svegliata’ sia alla classe politica che agli elettori. Invece, a parte praticare un continuo ostruzionismo (non avete i numeri per governare, non li avrete mai, dovete sostenere una maggioranza di governo: questa è la liberal-democrazia) si sono, mi pare, impantanati su una folle idea di partecipazione diretta. Non siamo ad Atene. Per fortuna. Non sarà mai possibile che grazie alla Rete ci si possa riappropriare di quella forma ‘assoluta’, ‘pura’ di democrazia. Sarebbe il caos totale. Questo caos invece non c’è, proprio perché alla stragrande maggioranza dei cittadini, di votare in continuazione o di proporre leggi, non gliene frega un’emerita cippa! E non è una eresia sostenerlo. Volendo un minimo approfondire la questione, all’interno di questo sistema liberal-democratico, in cui a livello generale tutto si regge grazie alla RAPPRESENTANZA, al livello minore, invece, si sviluppano altre forme di democrazia sempre più ‘partecipativa’ per dirla come voi preferite. Più si scende di livello, ovvero più la realtà è piccola, più ovviamente vale il principio della democrazia ‘ateniese’, poiché non avrebbe senso delegare qualcuno, come avviene ai livelli ‘alti’. In altri termini abbiamo un macro sistema liberal-democratico e una serie di micro sistemi caratterizzati dalla democrazia diretta. Gli studiosi (leggetevi magari qualcosa di Robert Dahl) in relazione alle forme di democrazia attuale, parlano di poliarchie: all’interno del nostro macro sistema democratico, ci sono tanti gruppi di potere, ognuno ha un peso specifico differente, si confronta nell’arena e chi è più forte riesce a far entrare la sua proposta nell’agenda di governo. Se ci pensate viviamo in una democrazia con tante sue riduzioni. Sono proprio questi ‘filtri’ a garantirci la libertà. La Rete rischia di confondere le idee, capovolgendo l’ordine: dal più piccolo al più grande.
Voi non proponete nulla di nuovo e democratico. Rischiate solo di fare un gran caos.
A memoria, ricordo che i vecchi comunisti, quelli duri e puri, con cui era facile cadere in accese discussioni ideologiche e post ideologiche, erano nettamente più democratici di voi. Osservatevi.
Maria Antonietta - Roma - Mail - lunedi 3 febbraio 2014 18.20
Un'armata Brancaleone a 5 stelle...
Cristina - Milano - Mail - lunedi 3 febbraio 2014 18.12
Pezzo veramente interessante, di cui condivido tutto! Incredibile ma vero....
E' fantastica l'assonanza "patetici e peripatetici"....Magari questi pseudopolitichesi senza arte né parte, avessero ereditato un briciolo degli insegnamenti dell'antica scuola greca, farebbero qualche passo evolutivo...
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - lunedi 3 febbraio 2014 1.51
RISPOSTA A CARLO CADORNA: caro lettore, abbiamo semplicemente assistito a un mero trucco contabile, una sorta di 'tratto di penna' che fornirà un guadagno assolutamente astratto per le banche. Si tratta di un provvedimento che si pensava di fare da anni. E c'è anche chi, nelle file del centrodestra, ha giudicato la ricapitalizzazione avvenuta - forse non a torto in questo caso - ancora troppo bassa. La necessità di farlo in questo periodo è capitata per andare a coprire la seconda rata dell'Imu attraverso il versamento al fisco, da parte delle banche, delle cosiddette plusvalenze di ricavo. Le ricordo inoltre che l'abolizione dell'Imu è stata imposta al Governo dal centrodestra per ragioni totalmente propagandistiche. Insomma, non le dò totalmente torto nel merito di un'operazione non molto ortodossa. Tuttavia, bisogna anche sottolineare una distinzione politica di non poco conto tra chi cerca di operare al fine di andare incontro alla domanda di credito della collettività anche a costo di fare 'carte false' - diciamo così - e chi, invece, cerca di portare, sempre e solamente, 'acqua' al proprio 'mulino'... Le assicuro che non si tratta di una differenza politica di poco conto. Cordialità. VL
Carlo Cadorna - Frascati - Mail - domenica 2 febbraio 2014 20.12
Questa volta però, la sostanziale connivenza del parlamento e della stampa al furto delle quote e forse dell'oro della Banca d'Italia, ha dato ragione ai grillini che sono stati gli unici a ribellarsi.
Roberto - Roma - Mail - domenica 2 febbraio 2014 5.42
Questa volta non sono del tutto d'accordo: i "grillini" sono stati ingenui nel cedere a delle provocazioni, ma io credo che essi rappresentano l'unica speranza di un rinnovamento autentico della politica. I vecchi partiti hanno accumulato troppi ritardi nel fare le riforme. Non ci sono giustificazioni per questo. E lo sa bene anche lei.....
Marina - Urbino - Mail - domenica 2 febbraio 2014 0.16
Premetto che come scrive lei, pochi al mondo, ma dissento sull'inutilità e pericolosità (almeno in questo modo interpreto il suo scritto) del M5S. Loro non basteranno a cambiare l' Italia con i computer e i blogger, ma almeno cercano di proporre qualcosa di nuovo e non sempre la solita pura e semplice demagogia politica che di politico ha ben poco ma piuttosto è un "tenere i glutei al caldo ed essere ultra retribuiti". Comunque rispetto le sue idee e le difenderò fino alla morte....


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