Francesco FravoliniEconomia, etnia, controllo dei territori, filosofie religiose, autonomia territoriale, rivendicazione delle popolazioni. Sono queste le cause alla base delle guerre internazionali combattute strenuamente tra i popoli, capaci di sconvolgere l’equilibrio economico e sociale. Non c’è tregua di fronte alla mera supremazia da vantare. Vicino alle insurrezioni e alle attività belliche fioriscono prosperose le industrie produttrici di armi da vendere alle fazioni in guerra. È una opportunità meramente economica. Si tralascia il bene dell’umanità per inseguire i propri profitti a scapito di interi popoli compresi i bambini, vittime innocenti di stragi e di guerriglie volute dalle fazioni in lotta, spesso guidate da potenti poteri economici. Il controllo dei territori sembra essere la ragione principale, se non l’unica, della nascita di conflitti bellici, soprattutto nel Medio Oriente dove gli equilibri sociali e politici sono costantemente a rischio. È impensabile prevedere un periodo di pace ma è altrettanto inconcepibile che i rappresentanti politici, a qualsiasi livello, non siano sufficientemente forti per impedire insurrezioni e movimenti pericolosi dei ribelli. La guerra riesce a comandare su tutto e su tutti, dettando quelle pericolose linee bellicose. Le emergenze derivate dalle guerre coinvolgono altri Stati poiché proliferano le richieste di asilo di rifugiati, costretti a lasciare il loro Paese per salvare la propria vita. Le guerre generano ripercussioni mondiali in diversi settori: sociale, economico, politico. Ciò dovrebbe indurre a una maggiore cautela durante la gestione di situazioni a rischio, nelle quali si deve trattare per scongiurare attacchi bellici, al fine di promuovere la pace. Questa situazione critica dei rifugiati politici interessa e comprende maggiormente i Paesi del Medio Oriente, poiché è ancora molto difficile vivere momenti duraturi di pace. Le azioni belliche sono all’ordine del giorno, frequentemente causate da motivi religiosi o etnici. Di fronte a questo triste scenario è difficile comprendere il ruolo di tutte le nazioni. Forse manca quella giusta volontà di incidere in maniera forte e determinata? Forse non c’è un’opportuna conoscenza delle situazioni a rischio per prevenire le guerre anziché tamponare i conflitti bellici? Ciò che si comprende è solo un comportamento con l’esclusivo obiettivo di reprimere, mentre sarebbe preferibile un’azione mirata a sedare i focolai dei ribelli. È chiedere troppo? Le guerre si combattono ma si possono anche prevenire con una forte determinazione. Il bene dell’umanità interessa veramente a qualcuno?





(articolo tratto dal sito ‘The opinions post’  http://it.opinionspost.com/)
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