Vittorio CraxiCommetterebbe un errore chi pensasse che la vita di un ‘rampollo’ Rizzoli , la grande famiglia milanese dell'editoria, sia stata una passeggiata. Cosi non è stato. Angelo, per tutti gli amici Angelone, ha avuto un'esistenza travagliata sin da giovane ed è quasi un miracolo se egli abbia potuto vivere così tanto, al netto delle sofferenze fisiche e morali invivibili che ha patito Se n'è andato in un ospedale, dentro e fuori dagli ospedali ha vissuto l'esistenza per quella malattia senza scampo che si portava appresso sin da ragazzo, nell'ospedale è stato persin piantonato: questa l'umiliazione che h subito nei primi mesi di quest'anno. Angelo, che ha preso il nome dal capostipite geniale della famiglia Rizzoli, venne travolto negli anni ottanta dalla vicenda che colpì il suo gruppo. Egli era troppo giovane e, forse, troppo ingenuo per difendersi dallo spericolato e compromesso Tassan Din, dalle lusinghe di colui che si presentava come il padrone di mezza nazione, Licio Gelli, dagli ‘sciacalli’ della concorrenza torinese e da una magistratura che inaugurò il rito ambrosiano proprio con la questione Rizzoli-Corriere della Sera. Lo ricordava spesso Angelone a noi tutti. Pochi davano conto delle sue profezie, immaginando che la vittima di una disgrazia giudiziaria vaticinasse il peggio per consolarsi del proprio destino. Angelone, così giovane, già distillava schegge di saggezza, di prudenza, mortificato come fu, per il resto della vita, dall'essersi improvvisamente ritrovato dalla condizione felice di un rampollo del capitalismo italiano alla figura derelitta di colui che ha perso tutto nell'ignominia. "C'erano persone che quando mi vedevano a Milano, per non salutarmi cambiavano marciapiede..". Mi raccontava sconsolato. Abbandonata Milano, di via solferino, dei ricordi del Milan di Nordhal e Liedholm comprati da suo nonno Angelo trovò riparo e seconda vita a Roma (e naufragò il suo primo matrimonio con la moglie Eleonora). Amante del cinema , cercò e trovò nuova fortuna nel nuovo cinema televisivo, solidarietà e amicizie non tornarono a mancare, perché Angelone era innanzitutto un uomo saggio, colto e di talento. Si tolse delle soddisfazioni nella vita pubblica e in quella privata quando conobbe Melania, bella e intelligente medico romano. Tuttavia, per Angelone il tarlo di aver perduto tutto, di aver conosciuto la tragedia di una famiglia dispersa e spezzata (la sorella Isabella si tolse la vita tragicamente) rappresentavano quella malinconia e quel male oscuro che non riusciva a guarire. Come il nonno Angelo, grande giocatore di bocce amico e finanziatore del Psi ‘nenniano’ prima e dopo la guerra, anche il nipote era amico dei socialisti, che ricambiavano con il medesimo affetto sincero. Angelone amava la politica pur disprezzando i politici come vuole una certa aristocrazia meneghina. L'affetto per Angelone era tuttavia sincero e ricambiato: adoravo in lui il suo gioviale cinismo, mai cattivo, la sua immensa cultura, la sua ironia a volte amara, la sua generosità, la sua capacità di introspezione nella vita degli individui, un Nero Wolfe che, dal suo stato di quasi infermità, era in grado di classificare uomini e donne nella sua grande capacità di prevedere e capire eventi italiani e internazionali mutuando questa visione dalla sua passione per la Storia. Era un piacere stare con lui, guardare le partite del nostro Milan, canticchiare le vecchie canzoni milanesi: "Sentir el me dialet..". Come cantava D'Anzi per noi, emigrati a Roma che avevamo nostalgia di Milano. Angelone non ha saputo resistere all'ennesima vicenda giudiziaria che lo ha riguardato, costretto a nuova galera, nuovo ospedale e nuovi domiciliari. Storia di fatture, di fornitori reclamanti, insomma poco a che vedere con le necessità di cautelari. Ma questa è un'altra storia. Per un uomo che ha cercato di rifarsi una vita, ricreando un piccolo nuovo mondo per non rimpiangere quello vecchio, rianimando cenacoli mondani e culturali, riallacciando rapporti sociali per non disperdere il valore e il parimonio di ciò che i Rizzoli sono stati nel nostro Paese, l'ennesima umiliazione è stata dura da digerire e sopportare. Ha tre figli maschi bravi, intelligenti e tenaci. Ciascuno di loro ha preso qualcosa dalla genetica famigliare. Sono sicuro che la dinastia dei Rizzoli non si arresterà. E' il lascito più bello che Angelone ci consegna . A chi lo ha conosciuto e gli ha voluto bene resta la grande soddisfazione di aver visto un uomo buono e speciale, un uomo giusto che ha lottato con intelligenza e ironia contro le avversità della vita, con l'orgoglio di appartenere a una grande famiglia, che cambiò il nostro Paese.




Responsabile politica estera del Partito socialista italiano
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