C’è un caso, un solo caso, che ha visto i nostri politici, abitualmente poco brillanti e per niente innovativi, fare da apripista: nella comunicazione verbale. Sì, loro sono stati i primi ad adottare la guerriglia ‘battutara’: tu parli e io ghigno mentre ti lancio ‘frasette’ ironiche, tu cerchi di fare un ragionamento e io interrompo con insinuazioni pesanti su tuoi presunti misfatti (vanno bene tutti, purché fuori tema) a rendere chiaro che quello che dici non ha per principio alcun valore essendo tu un ‘fetente’. Essenziale non lasciarsi trascinare in un discorso, non rispondere mai a tono se non per esibirsi in un gioco di parole. Dialogare potrebbe essere pericoloso e, comunque, viene percepito perdente: i giornali non riporterebbero nulla, gli spettatori o i radioascoltatori si annoierebbero. Mettiamoci poi che la battuta è risolutiva, sempre. Mentre l’altro incalza snocciolando dati (il pivello, l’ingenuo: pare strano, ma ce ne sono ancora, di tipi così), se questi dati non si conoscono e, dunque, la figuraccia è assicurata, una bella ‘frasetta’ di scherno e si evade la pratica. Mai abbassarsi a discutere su cifre e fatti e mai innalzarsi a discettare di idee. In medio stat l’elettore (sarà vero?) e a lui, secondo i politici, piace chi reagisce con ironica noncuranza ai vili attacchi della realtà. Come Andreotti, che incalzato in un programma di Raiuno affinché spiegasse come mai fosse tanto cresciuto il numero dei detenuti da quando lui era ministro di Giustizia, reagì con un lieve sobbalzo e disse: “E che, siamo a Sing Sing”?. Il suo sconcerto depistò il giornalista interrogante, che evidentemente lo condivideva. Sulle labbra dei telespettatori spuntò un sorriso. E tutti furono contenti. Ma non facciamo confusione: Andreotti non è tra gli apripista. L’uomo, alla pari di Cossiga, poteva essere amato e odiato, ma non imitato. Tanto per rinfrescarci la memoria, ecco qualche battuta del Divo Giulio: “L’umiltà è una virtù stupenda, ma non quando si esercita nella dichiarazione dei redditi”; “Ci sono pazzi che credono di essere Napoleone e pazzi che credono di poter risanare le Ferrovie dello Stato”; “A parte le guerre puniche, mi viene attribuito veramente tutto”; “A pensar male si fa peccato ma ci si azzecca”. Edi C/Kossiga: “L’Italia è sempre stato un Paese incompiuto: il Risorgimento incompleto, la Vittoria mutilata, la Resistenza tradita, la Costituzione inattuata, la democrazia incompiuta. Il paradigma culturale dell’imperfezione genetica lega con un filo forte la storia dello sviluppo politico dell’Italia unita”; “Sono l’unico berlusconiano che si intende di politica”; “Fra Prodi e i Ds scelgo cento volte i Ds, perché i Ds so chi sono, Prodi non so chi è”; “Anche noi italiani siamo ben lieti che Carla Bruni non sia più italiana, anzi siamo addirittura felici. Chissà se un giorno Carlà Brunì non sia costretta dalla sua burrascosa vita a richiedere la cittadinanza italiana”. Tra Evelyn Waugh e la Rochefoucault. Solo dei presuntuosi al confine con la megalomania avrebbero potuto pensare di emularli. E i nostri politici non hanno personalità psicopatiche, troppa grazia, sono al massimo stressati e isterici, come la maggior parte dei loro elettori: nessuna vetta e nessun abisso neppure qui. Come è iniziata la moda, dunque? Da Gianfranco Fini e Massimo D’Alema. Gli stessi sorrisini tirati, lo stess oocchio ‘sbrilluccicante’ di goduria non appena l’interlocutore fiatava: parla, parla, che tanto t’aggiusto io. “Veda…” era spesso il primo suono articolato, dopo tante saette dalle pupille. Blando, compassionevole. L’inizio non doveva suonare aggressivo, bensì magnanimo (fintamente). Fini si rivelò subito un talento, ben oltre D’Alema. Al punto che quando, in un faccia a faccia in cui il secondo disse cose precise e Fini solo battute, i quotidiani il giorno dopo giudicarono il match “pari”. Le battute ormai avevano intontito il pubblico e conquistato la scena. La scena non l’avrebbero abbandonata più e, quanto al pubblico, le battute che deprezzano, sminuiscono, umiliano chiudono i discorsi o, ancora meglio, non permettono di aprirli, ne è stato così sedotto che non si è ripreso più. Con fervore poco comprensibile, ha adottato subito il ‘battuta-style’. I risultati si vedono ovunque, dai discorsi per la strada a Facebook. A un signore che pietiva dall’impiegata della circoscrizione una parola chiara su un iter burocratico che gli pareva incomprensibile, la ragazza ha prontamente, sapidamente risposto: “Ne uccide più lo stress che il tabacco, non conosce le statistiche? Quindi si dia tregua e mi dia pace, come dice il grande Christian”. Per poco scattava l’applauso (da parte degli altri impiegati), giuro. Ero lì. Ah, “il grande Christian” è De Sica.