Massimo FilipponiPer disquisire di filosofia politica, il punto fermo dell’Imu su cui si è battuta la destra italiana non ha rappresentato solo un puntiglio d'onore per la salvaguardia della prima casa, come vogliono farci credere, o la correzione di un’aberrazione del nostro già scoordinato sistema tassativo, ma qualcosa di più. Secondo la destra, inizialmente bisognava togliere l’Imu a tutti i beni immobili e anche restituirla, adducendo che ciò avrebbe aumentato il danaro circolante. Cosa questa alquanto sbagliata, poiché non si tratta di un flusso continuo di moneta spendibile, bensì di un piccolissimo risparmio provvisorio, prettamente simbolico, frutto di una manovra elettorale. Ma ciò che ha destato qualche dubbio, in questa fumosa battaglia, è stato anche il fatto che si intendeva togliere e, peggio ancora, restituire risorse reinvestibili. In più, i comuni sono ora pronti a ritoccare le modalità delle loro entrate sotto altre voci: aumenti di accise su imposte locali e altri tributi indiretti. Altro dilemma, forse più grave, è addirittura di natura ideologicamente occulta: il diritto alla proprietà privata prima dell'interesse della collettività. Ovvero, se nella scala dei valori di una società non necessariamente socialista o socialdemocratica, l'interesse della proprietà privata, specialmente di un singolo individuo, termini ove questa leda l'interesse di una comunità, locale o nazionale. In diritto privato, la proprietà (in latino 'proprietas da priolurius') è un diritto reale, che ha per contenuto la facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi previsti dall'ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile italiano). In sostanza, si parla di proprietà privata o pubblica con riferimento allo status - privato/pubblico - del soggetto giuridico cui spetta la titolarità del diritto. Nel linguaggio comune, il termine "proprietà", oltre alla situazione giuridica soggettiva, designa anche il bene oggetto del diritto. Secondo il diritto romano, come esplicitato da Feliciano Serrao, il proprietario ha diritto pieno di trasferimento, di godere o addirittura di distruggere il bene proprio. Ora, nel nostro ordinamento giuridico, figlio anche della rivoluzione francese, il bene più prezioso di cui l'uomo è titolare è il diritto di uguaglianza e di libertà, cosa che molto spesso contrasta con un diritto 'assoluto' di proprietà. Con la rivoluzione francese si iniziò, pertanto, a considerare la proprietà in termini diversi. Saint Just aveva la convinzione che proprietà e libertà fossero strettamente collegate: "La libertà non può reggersi a lungo tra coloro ai quali i propri bisogni stanno più a cuore dell'uguaglianza. La proprietà è un diritto sociale, come la sovranità. Se voi fissate il massimo di tale proprietà e costringete il ricco a convertire in danaro ciò che possiede di troppo, ne trarrete questo vantaggio: che il ricco stesso sarà obbligato a fare del commercio, che la città più occupata avrà dei costumi e avrà di che vivere in questo stato..". In un discorso pronunciato alla ‘Convenzione’ il 24 aprile 1793, Robespierre disse: "Poniamo dunque in buona fede i princìpi del diritto di proprietà: occorre farlo, tanto più che non vi è nessun aspetto di esso che i pregiudizi e i vizi degli uomini non abbiano cercato di avviluppare con nuvole più spesse". Sappiate quindi, che tale battaglia di principio sull'Imu, anche se molto sottaciuta, può giuridicamente - e in quanto precedente - diventare uno scalino, in futuro, per cambiare anche il primo articolo della Costituzione, "L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro", per trasformarlo nel massonico ordinamento in cui, all'articolo uno, vi è scritto: "L'uomo è nato uguale agli altri e libero, il suo diritto alla proprietà privata è sacro e inviolabile al di sopra di tutto". Anche dello Stato.



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