L’assenza di un progetto coerente di riforme e di modernizzazione delle istituzioni ha prodotto, in questi ultimi venti anni, una serie di modifiche occasionali delle regole del gioco politico che hanno addirittura peggiorato la situazione, esasperando i cittadini. Gli schieramenti che si sono contrapposti non solo hanno apportato, surrettiziamente e di comune accordo, una radicale modifica delle attribuzioni del parlamento e del presidente della Repubblica, ma hanno anche costruito un modello di Governo che non è affatto la Repubblica presidenziale americana, né il cancellierato tedesco o il semipresidenzialismo francese, bensì una caricatura del Governo del Primo ministro del Regno Unito. Siamo di fronte a un conflitto che talvolta cova sotto le ceneri, talaltra divampa furiosamente, a causa della mancanza di precisi meccanismi legislativi di ricambio della classe politica. Appare evidente che un capo del Governo eletto direttamente dal popolo non potrebbe essere sostituito, se non attraverso nuove elezioni. E questa è la convinzione di Silvio Berlusconi e dei suoi sostenitori. Ma tale convincimento corrisponde a una concezione vagamente autarchica della democrazia. Il ‘berlusconismo’ ha introdotto un ‘leaderismo’ pericoloso e inconcludente, che rischia di trascinare il Paese verso una deriva difficilmente controllabile. A ciò ha fatto seguito, sventuratamente, il grave errore di non essere riusciti a cogliere la necessità di dover modificare una legge elettorale che consente ai leader politici di nominare deputati e senatori di propria fiducia, sottraendo ogni scelta effettiva agli elettori invertendo, di fatto, le regole della democrazia. In una parola, in Italia siamo ormai passati da un parlamento degli eletti a un parlamento di ‘nominati’. E la democrazia parlamentare risulta praticamente cancellata da un’orripilante legge elettorale. Oggi, ci ritroviamo al centro di un ‘pasticcio’ che prefigura esiti inquietanti, poiché appare evidente che un leader che si sente chiamato dal popolo a guidare un Partito non voglia accettare l’idea di essere esautorato dalle sentenze della magistratura. E questo rimane un nodo centrale e ineludibile della realtà italiana. Siccome i meccanismi di ricambio non funzionano, deve intervenire la magistratura a selezionare le classi dirigenti. E non ci si può limitare ad affermare che le colpe di un simile malessere siano tutte dalla parte dei magistrati. Da una parte, infatti, i Partiti rischiano continuamente di irrigidirsi e di irrigimentarsi come fossero degli organi di diritto pubblico; dall’altra, l’esigenza di un sistema giudiziario più snello ed efficace poteva essere tranquillamente affrontata dalle ‘mostruose’ maggioranze di cui ha goduto, in più occasioni, Silvio Berlusconi, il quale si è invece limitato a varare normative tese a difendere la propria posizione di monopolista del mercato editoriale e dell’informazione privata. Se si voleva trasformare il sistema giudiziario italiano sul modello di quello americano, tanto per fare un esempio, in cui l’imputato può pagare una cauzione in attesa del processo e, in seguito, difendersi all’interno del procedimento stesso, lo si poteva e doveva fare. Si ripropone la medesima critica di sempre: le riforme non si possono solamente elencare o declamare, vanno fatte. La qual cosa ha mostrato brutalmente ai cittadini l’impostazione fortemente propagandistica dei Partiti della seconda Repubblica e il loro impianto vetustamente verticistico-burocratico. Si è sottovalutato il ‘portato’ ancora fortemente post-ideologico e qualunquistico della democrazia di massa italiana, la tendenza a manipolare dichiarazioni e intenzioni politiche scambiando demagogicamente ideologie e idee, posizioni di principio e opportunismi individuali e personali. Berlusconi era un problema italiano, un’anomalia politica vera e propria. Ostinarsi a non voler comprendere questa semplice verità ha prodotto, a sua volta, la risposta ‘facile’ del ‘grillismo’, che risulta persino giustificato dal semplice alibi di un autoritarismo omologativo dettato dalle metodologie del marketing applicate alla politica. “Rinnovarsi o perire”, disse una volta Pietro Nenni: cercate di farlo, per piacere, con la delicatezza che l’attuale fase richiede, ma fatelo, poiché siamo di fronte a un ‘momento-soglia’ che potrebbe sommare definitivamente la vostra debolezza, insieme alle vostre colpe.
Direttore responsabile di www.laici.it e di www.periodicoitalianomagazine.it