L’idea di un Governo di grande coalizione non fa impazzire dalla gioia. Eppure, ritengo che un simile passaggio sia necessario per riuscire a mutare la natura di molte cose. Avviare, per esempio, un ricambio generazionale nel Pdl, affinché si conformi maggiormente come un Partito conservatore all’inglese, o come la Cdu tedesca. Tuttavia, appare necessario anche cominciare a chiedersi quale debba essere la reale natura del Partito democratico, che ha presentato anch’esso numerose anomalie e forti ambiguità tra cultura riformista e alcune vecchie forme di settarismo. In democrazia non è possibile pretendere di scegliersi gli avversari con cui confrontarsi. Ma la fase che il nostro sistema politico si avvia ad affrontare presenta almeno questo, di buono: il ‘berlusconismo’ e le sue aberrazioni sono giunti realmente, checché se ne dica, alla fase terminale del proprio ciclo. Ecco per quale motivo proprio la questione di un ricambio generazionale, sia all’interno del Pd, sia del Pdl, diviene centrale: solo attraverso tale passaggio di consegne potremo avere un più o meno ordinato superamento delle distinte anomalie presenti nelle due principali forze politiche italiane. Il Pd si avvia ormai a diventare una forza riformista a tutti gli effetti, assai lentamente, ma inesorabilmente. Mentre il Pdl è destinato a trasformarsi in un movimento conservatore nell’accezione puramente occidentale di questo termine. L’errore compiuto dal Pd in questi ultimi mesi è stato infatti quello di non consentire che il confronto dialettico con il nascente movimento delle 5 stelle avvenisse al proprio interno, dimostrando un’impostazione ancora fortemente burocratica. Inglobando il dissenso ‘grillino’, esso avrebbe potuto realmente vincere le elezioni politiche dello scorso 24 e 25 febbraio, evitando di avvitarsi attorno alle proprie rivalità interne. Il potere è potere: di esso non se ne può possedere una concezione ingenua o astratta. Ma il vero potere è la capacità di coinvolgimento degli altri in un progetto di società più moderno e adatto ai tempi. Una caratteristica che, mi dispiace, continua a mancare totalmente nell’attuale sinistra italiana. Il potere non è affatto arroganza carismatica, o un edonismo puramente formale, d’immagine, bensì un’umiltà pesantissima, di non semplice gestione. Il potere non si raggiunge credendo di detenere il monopolio di giudizio sulle anomalie altrui, poiché ciò limita a pensare che le contraddizioni della controparte da sole siano in grado di convincere il corpo elettorale italiano a votare per il Pd: ebbene, le cose non stanno affatto così. Anche questo è opportunismo. E l’opportunismo non è potere. Persino Giuliano Ferrara sta dimostrando, in questi giorni, una ritrovata lucidità - a parte la consueta ‘deificazione’ di Silvio Berlusconi, che tuttavia rappresenta un elemento puramente accessorio delle proprie analisi - nell’individuare i clamorosi errori del Partito democratico. Una serie di ‘abbagli’ che, per l’ennesima volta, hanno dimostrato una concezione intessuta di quel vecchio burocratismo di derivazione comunista che da sempre gli impedisce di concepire ogni disegno di futuro, finendo con l’imporre l’immagine di un Partito destinato quasi ‘escatologicamente’ al potere. Nel suo ‘semplicismo’ aziendalistico e verticista, Berlusconi per 20 anni è riuscito a ‘gabellare’ gli italiani con il sogno di un ‘nuovo miracolo italiano’, ha promesso detassazioni che non ha mai potuto realizzare, ha teorizzato rivoluzioni liberali che non sono mai avvenute. Ma tutto questo, per quanto truffaldino, è servito a evidenziare le immobilizzanti incoerenze di cui soffre da sempre la sinistra italiana. Contraddizioni che si riflettono anche nel nuovo Movimento 5 stelle, il quale non è affatto esente dalla medesima accusa che investe pienamente il Pd: quella degli irrigidimenti schematici, dei giudizi sentenziosi e inappellabili, di un settarismo antico che innerva come un ‘cancro’ l’intera cultura progressista italiana. Datemi retta, adesso: prendiamo tempo e occupiamoci dei problemi concreti degli italiani. Mimetizziamo ogni scontro innestando sul vecchio ‘tronco’ liberaldemocratico dell’ordinamento giuridico italiano una serie di riforme fortemente pragmatiche. Vedrete che il momento opportuno per un confronto vero e pieno arriverà, con i mescolamenti, le contaminazioni e gli ‘scongelamenti’ del caso. Siamo di fronte a una fase complessa della vita politica italiana: se sapremo affrontarla con la dovuta razionalità potremo senz’altro superarla, tutti assieme, senza inutili drammatizzazioni e recuperando competenza, professionalità, ottimismo. Berlusconi ha ormai perduto la sua ‘partita’, state tranquilli: egli stesso ne è consapevole. Pur tra i suoi innumerevoli difetti è un uomo intelligente. Ed è pienamente capace di leggere il risultato finale che ormai appare con chiarezza sul ‘tabellone’ del tempo e della vita. A suo modo è stato ‘bravo’, glielo dobbiamo riconoscere: ancora una volta ha saputo limitare i danni di una situazione che vedeva il Pdl sull’orlo della deflagrazione. Ma il suo ‘giuoco’ finisce qui: oltre non può più andare, poiché troppi sono stati gli errori e le promesse mancate in 20 anni di vita politica. Di qui in avanti, non dovremo neanche più occuparci di lui: ci sono nuove questioni, ora, che premono con urgenza. A cominciare da una necessaria distinzione tra satira e politica, che non sono la stessa cosa e che, mescolate assieme, possono portare solamente a nuove sconfitte.