Vittorio CraxiFino a oggi, molte delle norme applicate al mercato del lavoro hanno cercato di ridurre l’insana abitudine di tante aziende a ‘suggerire’ l’apertura di partita Iva ai propri collaboratori, pur di mascherare rapporti di lavoro subordinato. Si è andati così a colpire anche quei lavoratori autonomi che si guadagnano da vivere fatturando per 1 o 2 aziende al massimo, mentre per gli effetti della crisi economica è già una fortuna avere almeno un committente ‘fisso’. Il mercato, dunque, è cambiato. Di conseguenza, dovrebbero cambiare anche le norme che lo regolano. I giovani e molte delle nuove professioni che il mondo dell’istruzione ha generato dovrebbero essere ripensati in quanto soggetti economici. In un Paese in cui si iscrivono i figli a scuola via internet dovrebbero essere predisposte un più ampio numero di procedure telematiche, che creino un contatto diretto tra cittadino e pubblica amministrazione. Oggi, per aprire una posizione Iva occorre per forza rivolgersi a un commercialista che, contestualmente, apre anche la posizione Inail. Tutto ciò potrebbe farlo direttamente il cittadino ed eventuali tasse o bolli potrebbero essere pagati direttamente sul web, alleggerendo di molto i costi di inizio attività. La partita Iva è un numero identificativo. Si potrebbe perciò creare una tessera con ‘microchip’ abbinata al codice fiscale del lavoratore autonomo, così come avviene con la tessera sanitaria: ciò servirebbe a ‘tracciare’ gli acquisti negli scontrini fiscali, come già avviene nelle farmacie. I nostri giovani spesso possiedono una scarsa conoscenza di diritto amministrativo e, al termine del loro percorso scolastico, approdano a un mercato del lavoro che non conoscono, se non ‘per sentito dire’. Perché, allora, non creare dei piccoli corsi extrascolastici (magari con crediti formativi) che spieghino la differenza fra lavoro dipendente e lavoro autonomo, o come tramutare un’idea in un’impresa? Ciò aiuterebbe le generazioni future a non trovarsi allo sbaraglio nel mondo del lavoro. I cittadini provano un senso di estraneità nei confronti dello Stato quando non vedono riconosciuti i loro diritti e sono disattese le loro richieste. Sono molte le questioni che non trovano risposta nelle attuali leggi ed è evidente che il Paese ha urgenza di risposte concrete, non di slogan demagogici. Non esistono ricette magiche: la situazione è difficile e richiede scelte che vadano nella direzione dell’innovazione e della modernizzazione del sistema.



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