Susanna SchimpernaIo onestamente verso lo Stato non sento doveri. Mi sento ricattata e quindi ne accetto i diktat, perché voglio cercare di dormire senza ansia, soffrendo già di insonnia. Ma questo è un altro discorso. I doveri e i diritti di cui ci parlano non sono naturalmente separati. E’ una distinzione che ci hanno insegnato a fare, ma riflettendoci non è sana e neppure giusta. Dare una quota di quanto guadagno per consentire di vivere a chi non può lavorare, a chi è debole, vecchio, malato, bambino; dare una quota di quanto percepisco affinché malata io stessa venga curata non è un dovere, ma un diritto. Questo invece è uno Stato che non mi consulta sulle sue spese, che pretende di vivere e prosperare e sbagliare autonomamente da me cittadino. Questo è uno Stato ladro, che mi toglie il 70 per cento di ciò che guadagno (tra imposte dirette e indirette, persino di più). Questo è uno Stato impunito, che può ingrassare e commettere ogni sorta di ingiustizia senza mai pagarne le spese. Ora: questo Stato con la scusa che io sia potenzialmente un evasore fiscale (presunzione di colpa: e dove si è visto mai?) vuole addirittura controllare come spendo il denaro che mi resta dopo avermi derubato?


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ARBOR - MILANO - Mail - giovedi 28 febbraio 2013 12.13
Mia Cara,
lo stato siamo noi, in particolare quando mettiamo una croce sulla scheda elettorale. In altri Paesi recriminano di meno ma pongono la croce sulla casella giusta.


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