Il film diretto da Marco Tullio Giordana del 2003 ha ben descritto il percorso culturale del nostro Paese dagli anni ‘60 agli anni ’90 del secolo scorso. In molti si sono riconosciuti in quella generazione che, con la crescita economica, ha creduto nel cambiamento, nel miglioramento, nell’essere parte attiva di una società che doveva offrire pari opportunità per tutti. Una spinta che ha avuto anche le sue deviazioni ideologiche estremistiche, ma sempre in un’ottica volta alla costruzione di una società migliore. Quello che è venuto dopo, invece, è storia dei nostri giorni: una società basata sulla logica individualistica, dove ognuno pensa per sé, dove chi ruba è un furbo. Un sistema che ha ‘scippato’ al Paese la prospettiva di un futuro migliore. La meglio gioventù è una ‘forza’ generazionale di cui dispone ogni epoca. Umberto Galimberti l’ha definita “la forza biologica”, ovvero quell’energia di cui dispongono i giovani dai quindici ai trent’anni. E certo non si tratta solo di capacità fisica, piuttosto di una forte pulsione idealistica, che spinge l’individuo a proiettarsi verso ‘il meglio’, a realizzare ciò che è più auspicabilmente giusto, non solo per se stesso ma per tutta la società. Era questo ciò animava la meglio gioventù di ieri. Ed è questo ciò che noi che ne facevamo parte abbiamo cercato di trasmettere ai nostri figli. Purtroppo, è andato tutto storto: molto di ciò che era stato realizzato è andato distrutto. Eppure, la meglio gioventù esiste, o meglio resiste, ancora oggi. Solo che adesso non è più composta da una generazione, ma da due. Due generazioni che fanno fronte comune: quella dei quarantenni e quella dei ventenni, genitori e figli che non si arrendono e che, da questa Italia, vogliono di più della pura sopravvivenza. E che sono ancora disposti a investire sogni ed energie per ricreare stabilità e prospettive per tutti. Proprio come dovrebbe fare una società moderna e adatta ai tempi.
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(editoriale tratto dalla rivista sfogliabile 'Periodico italiano magazine')