Noi siamo un popolo instupidito e ingannato, manipolato e represso. Ogni forma di scadimento qualitativo ha ormai percorso, già da svariato tempo, tutti i settori professionali della nostra società: dai bancari inetti ai commercialisti ‘casinari’, dai giudici ottusi agli attori ‘cani’, dagli scrittori insulsi ai ‘giornalisti-impiegati’. E la nostra politica è un ambiente che non desidera persone che valgano qualcosa, bensì dei miserabili ‘fantocci’, non vuole ‘teste pensanti’, ma semplici ‘schiacciatori di pulsanti’ all’interno delle aule parlamentari. Questa deriva oligarchica ha semplicemente fatto seguito a un vero e proprio ‘naufragio sociale’ della nostra società, che si è riempita, in ogni settore, di persone indegne e meschine. Tutti vogliono seguire ‘scorciatoie’ per riuscire a ottenere qualcosa, senza ritenere di dover apprendere alcunché durante il proprio percorso di maturazione, lavorativa o di vita. Ed è per questo motivo che occorrerebbe veramente una grande rivoluzione laica: per impedire la definitiva vittoria dell’arroganza, della presunzione, dell’incapacità, dell’ipocrisia. Viviamo tutti in un Paese alla rovescia, in cui non esiste un minimo di coerenza e di decenza, in nessun ambiente. Coloro che ci governano non sono quasi mai all’altezza del loro compito, poiché storicamente si è esaurita quella forma di potere che i politici hanno servilmente servito in passato, traendone tutti i possibili profitti, mentre il nuovo potere non sa neanche più cosa farsene di loro. Gli italiani di oggi sono laici nella stessa misura in cui, fino a ieri, erano cattolici. E i valori di uno sviluppo economico disgiunto da un effettivo progresso civile e morale ha dissolto ogni cultura, ideologia e religione. Gli italiani si ostinano a optare, sempre e comunque, per una egoistica e rassicurante continuità, anche se si tratta di un’iniquità spregevole, della più inetta delle incapacità. Senza veri princìpi non solo non si può governare, ma non si può nemmeno gestire decentemente l’ordinaria amministrazione. E la nostra politica, così come la nostra società, di princìpi non ne ha più, poiché li ha sempre identificati con quelli morali e religiosi della Chiesa, in grazia della quale deteneva il potere. Mai nessuna delle passioni più vere dell’uomo si è rivelata nelle parole e nelle azioni della Chiesa. Perciò, guai a chi non può non essere a essa nuovo; guai a chi non vuol dare a essa, ingenuo tutto, ciò che in lui ondeggia come un mare di trepidante amore; guai a chi con gioia vitale vuole servire una legge che è dolore; guai a chi, con vitale amarezza, si dona a una causa che nulla vuole, se non difendere la poca fede ancora rimasta per dar rassegnazione al mondo; guai a chi crede che, all’impeto del cuore, debba rispondere l’impeto della ragione; guai a chi non sa essere misero nel misurare nell’anima i fondi piani dell’egoismo e le derise pazzie della pietà; guai a chi crede che la Storia di una eterna origine, per candore piuttosto che per fede, si sia interrotta come il sole del sogno e non sa che di ciò è erede la Chiesa, di ogni secolo creatore, per difenderne gli istituti beni, l’orribile grigiore che vince nell’uomo la luce e le tenebre; guai a chi non sa quanto è falsa questa fede cristiana, nel segno di ogni privilegio, di ogni resa, di ogni servitù. Perché il peccato non è altro che reato di lesa certezza quotidiana, odiato per paura e aridità. Perché la Chiesa è lo spietato cuore dello Stato. Così la nazione è tornata al punto di partenza, in questo suo ricorso all’empietà. E chi non crede in nulla ne ha coscienza e la governa. Non ha certo rimorso chi non crede in niente. Ed è cattolico, nel suo saper d’essere spietatamente in torto. Usando nei ricatti e nei disonori quotidiani sicari provinciali, volgari fin nel più profondo del cuore, vuole uccidere ogni forma di religione, nell’irreligioso pretesto di difenderla: vuole, in nome d’un Dio morto, esser padrone.
Direttore responsabile di www.laici.it e di www.periodicoitalianomagazine.it