Vittorio LussanaSiamo ormai giunti alla sfida finale: con la ricandidatura di Silvio Berlusconi, l’Italia dirà definitivamente la sua ultima parola sul proprio futuro. Soprattutto, se intende veramente andare incontro a esso, oppure rimanere ancorata attorno al proprio provincialismo culturale. E’ l’ultima ‘spiaggia’ insomma, per l’Italia e per lo stesso Berlusconi. Una sua eventuale ennesima vittoria, infatti, questa volta non verrebbe compresa dal mondo che ci circonda: apparirebbe una scelta isolazionista, basata su un’infatuazione collettiva nei riguardi di un personaggio che, pur tenendo ferme tutte le sue qualità umane e personali, ha veramente già detto tutto quel che aveva da dire nei riguardi della conduzione della cosa pubblica. Riproporlo, significa solamente dimostrare la propria incapacità a guardare innanzi a sé, oltre a irritare tutte le altre nazioni che compongono la comunità internazionale. Nel corso della Storia sono spesso capitate figure che presentavano caratteristiche simili a quelle di Berlusconi: dittatori, imperatori, capi di Stato del passato furono tanto amati dal proprio Paese quanto temuti e mal tollerati all’estero. Così come spesso, nella Storia, è accaduto esattamente il contrario: il declamato Gorbaciov della ‘perestrojka’ di fine anni ’80 fu tanto osannato all’estero quanto mal sopportato all’interno dell’Urss. E così si potrebbe dire di molti altri leader politici o capi di Stato del passato, partendo dai primi imperatori mongoli per giungere sino ai Romanov. In ogni caso, questo genere di contraddizioni sono quasi sempre foriere di eventi negativi, se non addirittura disastrosi, per un Paese. Chi governa con forti consensi, spesso diviene un personaggio scomodo in politica estera; e chi, viceversa, governa col ‘pugno di ferro’ viene trattato con sussiego all’estero, anche se si tratta di un rispetto falso, puramente diplomatico, teso a cercare un dialogo che indebolisca l’interlocutore. In un modo o in un altro, questo genere di situazioni sono sempre foriere di conseguenze negative: De Gasperi e Andreotti riuscirono a riportare l’Italia nel novero delle grandi nazioni poiché seppero rappresentare l’embrione di una democrazia che cercava, faticosamente, di emergere da una disavventura. E ciò  rappresentò un vantaggio diplomatico immenso per l’Italia, poiché riaprì la nostra strada verso un cammino di pace e prosperità insieme agli altri popoli del pianeta. Ma non si trattava di una moderazione indotta dalla sconfitta militare, bensì dalla sincera presa d’atto che gli esponenti politici di una nazione hanno il compito di rappresentarla per quello che effettivamente essa è. Ai tempi di De Gasperi eravamo innanzitutto poveri, prima ancora che sconfitti. E avevamo subìto una dittatura a causa della nostra arretratezza economica, la quale aveva costretto decine di milioni di italiani a emigrare in altri Paesi. Era dunque questa incapacità a garantire un futuro ai nostri figli la cosa che il fascismo aveva preteso di nascondere, colpevolmente e consapevolmente, dietro una ‘buffonesca’ facciata autoritaria. Mussolini aveva travestito da grande potenza un popolo che, invece, aveva le ‘toppe nel didietro’: fu questo il suo errore più grave, poiché era vero che moltissimi italiani avevano creduto in lui, rimanendone ingannati. E quando gli storici cosiddetti ‘revisionisti’ sottolineano il consenso di cui egli ha goduto, in realtà non fanno altro che evidenziare ulteriormente la gravità di quell’errore politico. Uno sbaglio mastodontico, clamoroso, madornale. La nostra incapacità a garantire un futuro alle giovani generazioni, oggi è nuovamente di clamorosa attualità, come dimostrato dai recenti dati Istat sulla disoccupazione giovanile, soprattutto al sud. Dati che rappresentano non soltanto l’impossibilità per milioni di ragazzi di riuscire ad aprirsi una propria strada nella vita, ma anche il pericolo di una gestione della situazione basata sullo sfruttamento, sull’ingiustizia, sull’arbitrio, su un utilizzo delle persone come fossero ‘cose’, in una tracotante reiterazione di un paternalismo falso, ingannevole, canagliesco. Detto questo, di qui in avanti non esprimerò null’altro in merito alle forze politiche che si presenteranno, nei prossimi mesi, al vaglio del corpo elettorale, al fine di assumere un atteggiamento quanto mai neutrale e professionale nei confronti della contesa elettorale ormai al via. Purché sia chiaro per tutti, però, quale e quanto sia elevata, questa volta, la posta in gioco per il nostro Paese.




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Simona - Palermo - Mail - giovedi 13 dicembre 2012 13.58
Gentilissimo direttore, lei ha scritto bene: "Riproporlo, significa solamente dimostrare la propria incapacità a guardare innanzi a sè". E poi ci lamentiamo. In realtà, siamo noi che non siamo in grado di guardare oltre e preferiamo vivere in una sorta di autoinganno permanente...
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - giovedi 13 dicembre 2012 13.28
RISPOSTA AL SIG. MARIO: gentilissimo lettore, a prescindere dalle nostre distinte interpretazioni storiche sul fascismo, non credo di aver proposto una lettura della situazione politica attuale basata sull'assunto che "chi non è di sinistra è un ebete": in quanto laico e direttore di una testata giornalistica non mi ritengo legato a una parte politica precisa. Viceversa, proprio il suo commento - che comunque ho apprezzato - mi appare un punto di vista culturalmente ben identificabile, dunque di contrapposizione netta ed esplicita. Certamente, per mere questioni di sintesi giornalistica, in questo brano non ho potuto esporre anche alcuni aspetti positivi del fascismo, come il suo corporativismo giuridico (che oggi risulta alquanto datato ma che, all'epoca, fu un buon modo di riordinare socialmente il Paese), o la sua politica urbanistica. Le mie convinzioni personali sulla bontà di alcuni aspetti del fascismo, probabilmente l'evrebbero aiutata maggiormente a comprendere i margini di equilibrio del mio giudizio storico. Tuttavia, le ricordo anche che errori demagogici come la contraddittoria accusa di imperialismo nei confronti delle potenze demoplutocratiche, affiancate da quelle 8 milioni di baionette mandate a conquistare imperialisticamente l'Etiopia, per poi subire sanzioni che legarono l'Italia mani e piedi alla Germania nazista, non li ritengo minimamente paragonabili alle forzature formali dell'attuale presidente della Repubblica, il quale ha semplicemente preso atto di un logoramento politico del Pdl e, dunque, non può essere tirato in ballo con astratte accuse di parzialità politica. La contrapposizione di solito la vuole chi è alla ricerca di un capro espiatorio o di un parafulmine su cui scaricare tutte le colpe e tutti gli errori. Ciò non è da ebeti: è semplicistico, dunque mistificatorio. Se così non fosse, allora vi riunireste in un Congresso e vi votereste un nuovo leader, anche con procedure da raffinare o da studiare più approfonditamente - come nel caso del Pd, su cui lei ha più di qualche ragione... - e vi presentereste al corpo elettorale come nuovo nucleo conservatore del Paese. Siccome al momento ciò non è accaduto, allora vi 'beccate', tranquillamente e in piena serenità democratica, il mio giudizio di esercito di fidelizzati a un padrone insofferente a ogni meccanismo di controllo democratico interno. Un giudizio che, per dovere professionale e morale, sono comunque tenuto a fornire, pur correndo il rischio di sbagliare. Anche perché, se così fosse, in un certo senso sarei il primo a esserne lieto. Cordiali saluti e felici festività natalizie. VL
Mario - ravenna - Mail - martedi 11 dicembre 2012 17.58
La leggo sempre molto volentieri ma non capisco come si possa fare della storia del Fascismo la solita retorica come se nulla fosse scritta nei libri di storia e nel revisionismo attuale (meno male!). Trovo errato il paragone fascismo-il nostro tempo- Berlusconi. La povertà Fascista che descrive è certamente vera se paragonata alla ricchezza della Germania nazista che sfoggiava già le Zoppas. Ma rammento che prima ancora della prima guerra il popolo viveva veramente con le toppe nel fondoschiena e viveva di stenti senza nessuna opportunità sociale cosa che il Duce costruì come idea di rinascita sociale. Fece fare invece un salto qualitativo. Per questo ci fu consenso. Noi, purtroppo, non proveniamo dalla povertà, ma da un’opulenza senza precedenti. E il consenso lo avrà chi ci porterà fuori da questo baratro delle contrapposizioni che dopo 50 anni non abbiamo ancora superato! Trovo invece triste percepire ancora il legame a quella magia di nascondere le verità per la solita retorica “chi non pensa di sinistra è un ebete”. Tutti così masochisti chi ha votato Berlusconi? Non si potrà mai uscire dalla spirale della contrapposizione. L’errore delle primarie di sinistra è stato proprio in quella parte di votanti che ha scelto di conservare (populisti) per paura di innovare (progressisti). Bersani che Renzi. Il vecchio invece che nuovo ( e poi si fa per dire…). Del sicuro che dell’ignoto. Ecco dove sta l’inghippo! Proprio per questa cecità mediatica che ha riproposto le contrapposizioni di “casta” (sindacati-imprenditoria) siamo ritornati alla più bassa politica dell’antiberlusconismo. Mi vien da esclamare Basta! Se l’atteggiamento presidenzialista anticostituzionale di Napolitano fosse stato di destra allora saremmo già in una guerra civile? Ma visto che è della casta comunista… allora tutto bene. Quello che mi dispiace che sicuramente il governo Bersani riproporrà i soli noti ! E il primo noto non è di certo Berlusconi. Che diamine!
Patrizia - Roma - Mail - martedi 11 dicembre 2012 14.4
Per me devono andare a casa tutti, destra e sinistra. Non penso che Bersani e la sua squalificata compagnia sia meglio degli altri. Ci vuole un cambiamento radicale, come dice Cristina qui sotto, basato su meritocrazia e professionalità. Ma sarà difficile cacciarli...
Cristina - Milano - Mail - martedi 11 dicembre 2012 14.0
Ribadisco il mio pensiero: fuori tutti e candidature per meritocrazia e professionalità!! Inoltre che ci sia un turn over sensato e non che una volta eletti muoiano incollati alle poltrone con i soldi nostri!!
Massimo - Genova - Mail - lunedi 10 dicembre 2012 18.37
Una cultura populista che ci portera' al baratro
Roberta - Roma - Mail - lunedi 10 dicembre 2012 17.44
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