Francesca BuffoArtista eclettico e figlio d'arte, Giuseppe Farina, detto Beppe, si divide tra teatro e pittura. Questa settimana ha inaugurato la sua personale milanese allo ‘Spazio Tadini’ dal titolo 'Viva l'Italia', una scelta legata al titolo dell'ultimo film di Massimiliano Bruno, primo in classifica ai box office di questa settimana. Le tele esposte, infatti, sono quelle utilizzate per arricchire la scenografia della pellicola interpretata da Michele Placido, Raoul Bova, Alessandro Gasman, Ambra Angiolini e Rocco Papaleo. Un connubio artistico, che ha voluto raccontarci in questa intervista.

Beppe Farina, per te questo è un momento interessantissimo, professionalmente, per la tua attività di pittore: avevi mai pensato a una collaborazione artistica nel cinema?
"No, non come pittore. Come attore, magari sì, magari per ruoli minori. Anche perché il mio impegno nelle arti visive è nato solo negli ultimi anni”.

Ma tu sei un figlio d'arte, dunque è stato un percorso naturale?
"Sì, in gioventù ho lavorato come factotum nello studio di mio padre, Armando Farina, noto pittore torinese. Gli cambiavo l'acqua e pulivo i pennelli, per intenderci. In realtà, mi sono diplomato in teatro e ho proseguito nel mio lavoro teatrale, abbandonando per un po' l'aspetto pittorico che, per me, era più un impegno artigianale, non proprio creativo. Poi, nel 2000, mi sono riavvicinato alla manualità. Sentivo che il teatro mi spingeva a creare qualcosa di nuovo. A parte i lavori scenografici, che mi avevano sempre affascinato, sentivo di dover risolvere dentro di me la convivenza tra il lavoro artistico che avevo visto portare avanti da mio padre e la mia attività teatrale. Così ho rimesso mano a pennelli e tele, ripartendo proprio da quegli studi sull'informale e sul colore, in modo particolare, che avevano accompagnato la mia infanzia. Poco per volta, è nato un mio stile, che io reputo proprio un punto d'incontro tra l'espressione e l'immaginazione. Poter immaginare una determinata scena, un personaggio, una determinata situazione, con la prosa e, nello stesso tempo, 'sposarla' a un'espressione pittorica. Un progetto che potrebbe apparire velleitario, ma nella realtà non lo è”.

In questa tua idea, quando ti sei confrontato con il regista del film ‘Viva l’Italia’, Massimiliano Bruno e con la scenografa, Sonia Peng, la tua esperienza di attore ti ha facilitato per comprendere il loro punto di vista?
"Sì, specialmente quando si è trattato di fare il lavoro 'Viva l'Italia’, il grande fondale che è stato utilizzato nella scena del film in cui Bruno recita la Costituzione italiana”.

Un fondale molto suggestivo, che riprende anche i volti di Pertini, Falcone e Borsellino: com’è nata questa grande tela?
"La scenografa doveva stabilire come creare un fondale per la scena che ricostruiva una trasmissione televisiva. Proprio grazie all'ottimo rapporto collaborativo tra me e Sonia, anziché utilizzare una stampa mi ha domandato se potevo creare un'immagine ad hoc. Ne abbiamo parlato, quindi, con il regista e il direttore della fotografia e abbiamo presentato questa ‘idea-progetto’, nel quale io proponevo una forma di espressione artistica che potesse andar bene sia a livello pittorico, sia a livello scenografico”.

La scena in sé richiedeva che il fondale facesse riferimento ai punti salienti della nostra storia più recente?
"Indubbiamente, alla fine, è diventato un excursus storico dell'Italia: Pertini con le braccia alzate perché l’Italia aveva appena segnato il terzo goal nell'indimenticabile finale di Madrid; Falcone e Borsellino e anche altri personaggi che, purtroppo per esigenze cinematografiche si intravedono solamente sul grande schermo. Poi ci sono Rita Levi Montalcini, Giorgio Gaber, le immagini delle manifestazioni a Torino negli anni '80 - la famosa rivolta dei ‘colletti bianchi’ - il primo movimento operaio, Enrico Berlinguer, un riferimento a Napoli e al problema dei rifiuti, l’Ilva di Taranto. Il tutto ruota attorno all'immagine della Renault 4 con il corpo di Aldo Moro, che ha rappresentato uno dei momenti più tragici della Storia del nostro Paese”.

Con i tagli della fotografia cinematografica, la visione d'insieme del fondale resta come messaggio subliminale di un vissuto tutto italiano?
"Io ho avuto delle testimonianze straordinarie: chiunque abbia visto il fondale, a partire dagli operai dell'azienda che mi ha ospitato (per una tela così grande ho dovuto lavorare in una grande officina con spazi e luci adatte per poter dipingere) ha guardato il lavoro con occhi totalmente diversi da come usualmente si guarda un quadro. Un quadro si guarda con la testa inclinata, socchiudendo gli occhi, ti dà delle emozioni, delle sensazioni principalmente estetiche: chi guardava quella grande tela aveva le pupille che si dilatavano, come l'immagine di una persona che si tuffa nel passato”.

È un'immagine che pone delle riflessioni?
"Sì. Ritengo che noi italiani siamo molto attenti a ciò che accade nel nostro Paese. Poi, magari, siamo anche pigri e valutiamo se intervenire o meno in certi momenti, perché siamo un po' opportunisti, ma le cose ci segnano: le immagini forti restano. Chi si trova di fronte a un'immagine così rievocativa, oltretutto arricchita da una tematica cromatica, con un imput artistico forte come può essere l'informale, come può essere il gestuale, ne rimane colpito. Non è il disegno classico, con le prospettive che appartengono anche all'architettura: ho invece cercato di esprimere una forza, quasi per dire: "Guarda! Questo siamo noi”. È stato importante anche per me, tanto che sto cercando di modulare il mio stile artistico proprio da questa esperienza. Tanto che ho già in progetto 'Viva l'Italia 2'…”.

Questo connubio tra arte e cinema non ci riporta un po' all'idea dell'antico mecenatismo, che dava all'artista la possibilità di creare e contestualizzare il proprio lavoro in un progetto più ampio?
"L'arte contemporanea, negli ultimi vent'anni, ha preso una strada un po' tortuosa e si sta contorcendo su se stessa: da una parte, c'è una grande quantità di proposta che, indubbiamente, fa bene, perché l'arte fa bene; dall'altra, siamo di fronte a una vastità di immagini e di proposte tale che così tanta eco rischia di diventare assordante e non ti fa ‘ascoltare’ nulla di preciso. E, nel frastuono generale, l'arte è come se si fosse allontanata dalla sua funzione principale: quella decorativa. L'arte è decoro dell'anima, di una parete, di uno spazio temporale, ciò che manca all'essere umano nella sua quotidianità. Noi svolgiamo automaticamente tutta una serie di azioni quotidiane: alzarsi, lavarsi, vestirsi, andare a lavorare, occuparsi dei figli e così via. A tutto questo manca di una forma estetica di bellezza: questo è il compito dell'arte. Matisse diceva: "Noi abbiamo la possibilità di avere due soli: uno si trova in cielo, il sole che riscalda tutto l'universo, l'altro nello stomaco degli artisti, il famoso ‘sole nel ventre’: è questo sole che deve riscaldare l'anima delle persone”. Noi ci siamo allontanati da questo, perché il contemporaneo ha portato a elevare più l'artista che l'arte. Esistono esempi di pura performance artistica che sino dissolte nel nulla, che hanno evidenziato soltanto un certo 'spirito' fantastico di una persona, ma niente di più: niente decoro, niente bellezza. L'arte deve tornare a interessare e a sollecitare chi ha i mezzi economici per sostenerla, affinché nasca qualcosa che possa essere non dico eterno, ma duraturo" .

Tornando al film ‘Viva l'Italia’, qual è la soddisfazione più grande che ti ha dato Massimiliano Bruno per il valore aggiunto che hai potuto donare alla pellicola?
"Io e Massimiliano ci conosciamo da tanto tempo. Abbiamo iniziato a fare teatro insieme. Al di là di questo, l'incontro con 'Viva l'Italia’ è stato strettamente tecnico. Lui mi ha detto: "Devo fare una scena in cui mi trovo nella Galleria nazionale di arte moderna e mi piacerebbe, tra gli altri, avere un tuo quadro. Da lì, invece, è nato tutto un altro discorso: lo spazio non era più la Galleria nazionale, la mostra non era più una ‘collettiva’ e si è trasformato in una galleria nella quale si teneva la mostra di un artista emergente”.

Ha modificato, quindi, il testo del soggetto?
"Sì: quando Ambra Angiolini, in una scena con Edoardo Leo, di fronte al mio quadro dice: "Che bello questo quadro, mi dà tanta allegria…”, lui le risponde: "Ma guarda che si intitola funerale”, lì c'è stata l'unione tra la pittura e il cinema”.

Ma fra l'essere pittore e l'essere attore, cosa ti dà più soddisfazione?

"Direi che l'uno non potrebbe esistere in assenza dell'altro e viceversa”.

Video della mostra allo 'Spazio Tadini' di Milano di Giuseppe Farina:
http://www.youtube.com/watch?v=AouMd6stw7I




Nella foto: Beppe Farina, al centro, tra i due autori del film 'Viva l'Italia', Edoardo Falcone, a sinistra, Massimiliano Bruno, a destra. Sullo sfondo: il fondale dipinto dall'artista

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Mario - Bari - Mail - mercoledi 28 novembre 2012 12.25
ho visto il film e il quadro mi ha colpito moltissimo, tanto che ricercando sul web qualche notizia sono "incappato" in questo articolo...sarebbe possibile in qualche modo richiedere una stampa del quadro?
Valeria - Roma - Mail - martedi 13 novembre 2012 4.29
Intervista molto interessante!
Roberto - Roma - Mail - domenica 11 novembre 2012 21.58
Splendida intervista e ottima idea collegare arte, cinema, cultura e politica. State facendo veramente un ottimo lavoro :)


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