Un’epoca è finita: il grande comunicatore ha deciso di fare un passo indietro e di non ricandidarsi alla guida del centrodestra. Lo ha annunciato tramite una nota: un comunicato lucido, asciutto, persino equilibrato. Si è trattato di un bel gesto, politicamente opportuno, soprattutto alla luce della condanna per frode fiscale giunta in questi giorni. Personalmente, considero il ‘quasi ventennio’ caratterizzato da Silvio Berlusconi una parentesi molto negativa della politica italiana. Ma tale giudizio è rivolto soprattutto all’insieme di quell’armata Brancaleone definita, in un primo tempo, ‘Polo delle Libertà’, poi divenuta ‘Casa’ e, infine, ‘Popolo’, assai meno verso colui che ne è stato il leader, il mentore, la guida. Sembra incredibile a dirsi, ma nel centrodestra Berlusconi era il ‘meno peggio’. A tratti, egli ha dimostrato generosità, altruismo, umanità. Credo addirittura di poter dire che mi mancherà, poiché i suoi sono stati 18 anni molto intensi. E affermo ciò senza alcuna ironia. Berlusconi è stato un personaggio politico brillante, volenteroso, caparbio. La sua intelligenza rimane particolare, molto affabile, razionalmente ‘calda’, capace di stimolare sogni ed emozioni. Sotto questo aspetto, egli ha rappresentato un fenomeno veramente ‘a sé stante’. La sua idea di fondo era anche ‘carina’: far divertire gli italiani, coinvolgerli emotivamente verso la conduzione della cosa pubblica, facendoli finalmente uscire dal vecchio ‘torpore’ del ‘passivismo’ moderato, dalla ‘naftalina’ della retorica reazionaria. Un rivoluzionario conservatore: rivoluzionario negli slogan, nelle idee, nella capacità di esprimere un linguaggio ben distinto rispetto ai logori ‘bizantinismi’ della politica italiana; conservatore nella sostanza dei provvedimenti presi e del movimentismo politico proposto, concepito quasi esclusivamente con il sostegno di esponenti tutto sommato di basso profilo, a parte qualche rara eccezione. Fermi restando i suoi problemi giudiziari personali, egli è stato l’esponente più interessante del centrodestra italiano: tutti gli altri, li si poteva tranquillamente abbandonare al loro destino. Era lui la ‘marcia in più’, la vera ‘anima’ del fronte moderato. In questi ultimi decenni, ci ha fatto ridere e sorridere, molto spesso ha realmente divertito, anche se comprendo appieno che per molti italiani non possa esser stato così. Ma, sottolineo, il fallimento del centrodestra non è responsabilità interamente sua: è stato soprattutto l’ambiente che si è dovuto ‘tirar dietro’ a causare tanti ‘guasti’, poiché in realtà si trattava del solito ‘circuito’ del cinismo qualunquista italiano. Berlusconi non è mai stato un cinico: ha sempre creduto convintamente in quel che diceva, desiderava e pensava. Forse, avrebbe dovuto tentare la via di una formulazione culturalmente diversa, un liberalismo di sinistra, o una riflessione meno distante dal ‘craxismo’ più autentico e vero, quello delle decisioni difficili, dei ‘momenti-soglia’ coraggiosi e concreti. Alla fine, Berlusconi è divenuto un problema proprio perché poco ‘craxiano’, decisamente ambiguo, contraddittorio, ingombrante. Non è stato né un temporeggiatore, né un riformatore sociale ‘alla Peron’, come aveva vaticinato Achille Occhetto nei primi anni ’90, bensì un illusionista, una sorta di Arsenio Lupin ‘all’italiana’ da cui molta gente era persino felice di lasciarsi ‘gabbare’. Berlusconi, a suo modo, ha dimostrato di essere un uomo ‘in gamba’: un ottimo imprenditore, uno splendido presidente di calcio, un avversario politico difficilmente prevedibile, sempre capace di sgombrare il ‘campo’ dalle idee più ‘spuntate’ o ‘incagliate’ al fine di imporne delle nuove, spesso astratte, ma con il grande merito di risultare ‘fresche’, mai sentite prima. Un grande improvvisatore, un ottimo ‘piazzista’, nel senso pienamente ‘merceologico’ del termine. Il tempo e la Storia ora potranno mettersi al lavoro per tentare di comprendere le radici più profonde di un simile fenomeno politico, ben diverso rispetto a quello ‘mussoliniano’, poiché assai meno ideologico, marcatamente post moderno: un populismo epicureo in cui il privato diventa ‘spettacolo’, dove un traguardo o un obiettivo qualsiasi può considerarsi raggiungibile anche passando per vie ‘laterali’, seguendo i sentieri meno battuti, transitando per i ‘bordi’ più estremi di una norma di legge, oppure ancora ricorrendo a un ‘nominalismo reinterpretativo’ di parole e linguaggi, fattispecie quest’ultima filologicamente interessante sotto il profilo strettamente ‘creativo’. Una formula politica sostanzialmente ‘elastica’ che, tuttavia, pretendeva di presentarsi formalmente ‘rigida’, sintetica, monocorde, poiché plasmata attorno a un aziendalismo ‘pseudo-ruggente’, provocatoriamente ‘retrò’. Sì, è vero: Berlusconi ce l’ha sempre ‘avuta su’ con le sinistre, soprattutto quelle comuniste, senza mai riconoscerne la dignità culturale o l’effettivo patrimonio intellettuale. Ma spesso non aveva torto, poiché la sinistra italiana Berlusconi se l’è meritato, per numerosi motivi. Insomma, l’Italia poteva anche ‘reggerlo’ un Berlusconi: era tutto il resto che non si poteva minimamente vedere, né sentire.
Direttore responsabile di www.laici.it e di www.periodicoitalianomagazine.it