Tra gli attori cinematografici italiani non ho mai amato, più di tanto, Alberto Sordi. Egli ha infatti incarnato, con una certa indulgenza, i tratti più lazzaroni e furfanteschi di quell’italiano ‘medio’ che, per interi decenni, ha rappresentato il soggetto ‘atomico’ privato su cui è stata imperniata tutta la nostra convulsa, quanto squilibrata, modernizzazione socioeconomica. Tuttavia, questo attore romano è riuscito a convincermi pienamente in almeno un paio di interpretazioni: quella drammatica di un padre di famiglia sull’orlo della follia nel film ‘Un borghese piccolo piccolo’ e quella, assai precedente, impersonata nel capolavoro di Luigi Comencini ‘Tutti a casa’. In quest’ultima pellicola, in particolare, Comencini riuscì a mettere proprio sulle labbra di Sordi, improbabile tenente dell’Esercito italiano preso totalmente in ‘contropiede’ dall’armistizio firmato dall’Italia l’8 settembre 1943, una celebre battuta: “Signor capitano, i tedeschi si sono alleati con gli americani e hanno iniziato a spararci addosso…”. Una frase che la disse ‘lunga’ intorno a quel provincialismo di cui gli italiani risultano, da sempre, affetti. Il fascismo, sotto il profilo culturale, ha letteralmente tagliato fuori questo Paese da ogni genere di ‘contaminazione’ tesa a generare quelle “antitesi perennemente rinnovantesi” che il filosofo Giovanni Gentile aveva tentato di teorizzare in quanto processo fondamentale per l’effettiva maturazione del nostro popolo, a quei tempi in larga parte semi-analfabeto (soprattutto all’epoca della ‘sua’ riforma scolastica del 1923). Il fascismo, in sostanza, si stava configurando come un regime fortemente omologativo, mentre quelle ‘antitesi’ a cui Gentile aveva fatto riferimento rappresentavano la base concettuale di un processo sociologico di ‘distinzione’, ovvero dell’esigenza, per ogni singola persona, di riuscire a distinguersi dalla massa secondo un’accezione pienamente liberale - benché intesa in senso ‘hegeliano’ - della personalità individuale. Per togliersi d’impaccio rispetto a simili considerazioni - la ‘fascistizzazione’ dello Stato e la polemica sui cosiddetti ‘intellettuali in camicia nera’ - Mussolini affidò a Gentile la presidenza della ‘Treccani’, al fine di relegare il filosofo siciliano sulle ‘alte vette’ della cultura e continuare a comandare senza troppe obiezioni. Ma dopo il fascismo, le cose andarono, se possibile, ancora peggio. L’avvento di una democrazia sostanzialmente ‘restauratrice’ del corporativismo giuridico e burocratico fascista ci ha condotti, di filato, verso un nuovo appiattimento: quello della cultura di massa, del confessionalismo di massa, dell’istruzione di massa, della comunicazione di massa, della democratizzazione di massa, fino all’assurdità più estrema del cosiddetto “Partito liberale di massa”. Ovvero, della sovrapposizione di tre contraddizioni in una: 1) un singolo individuo non può identificarsi pienamente con un Partito; 2) l’esistenza di un Partito liberale è impresa irta di difficoltà, poiché un ‘gigante’ filosofico come quello del liberalismo non può far altro che dar vita a un ‘pigmeo’ politico; 3) tanti liberali che si riuniscono in un unico Partito con l’intento di portare a compimento una programmazione politica “di massa” non solo non sono più tali, ma rischiano di generare solamente una gran confusione (risultato che il ‘berlusconismo’ ha raggiunto puntualmente). La questione, a questo punto, diviene perciò quella di proporre un ennesimo tentativo, un nuovo coraggioso salto di qualità concettuale e collettivo: domandare agli italiani di riuscire a stabilizzare un nuovo ‘quadro’ politico di riferimento, ponendo il sistema democratico al riparo dagli estremismi, dai radicalismi, dagli irrazionalismi, da ogni possibile ‘disavventura’. Tale idea è proprio quella che ha mosso questa nostra testata di approfondimento politico e la stessa associazione culturale ‘Phoenix’, che presiedo da circa due anni: la rinascita di una moderna cultura laica italiana. Naturalmente, di fronte agli attuali ‘lumi di luna’, sponsor e sostegni concreti per la creazione di una nuova ‘area’ culturale, in grado di ‘riordinare il campo’ della politica italiana, non se ne sono visti. Ma ciò è accaduto non soltanto per la mancanza di ogni qualsivoglia capacità aggregativa da parte di alcuni esponenti o singole personalità, bensì per il solito vecchio vizio ‘gerontocratico’ del mondo politico italiano. Un difetto che rischia veramente di ‘imbalsamare’ una ‘casta’ che, oltretutto, ha perso per strada tutte le sue tradizionali ‘scuole’ formative di riferimento per la propria ‘selezione’ interna. In sintesi, da una parte abbiamo una generazione di ‘vecchi’ che, pur risultando assai abili nel gestire manovre e lotte intestine, in quanto ‘cariatidi’ non sono più in grado di escogitare soluzioni valide per ‘aggredire’ - o quanto meno affrontare - i gravi problemi del Paese; dall’altra, viceversa, sta per presentarsi sul palcoscenico della politica italiana un’enorme massa di ‘esordienti’, totalmente inesperti nei confronti della materia: ‘gestione della cosa pubblica’. Insomma, tale scenario è veramente disastroso: un autentico ‘casino politico’. Matteo Renzi non può nemmeno sperare di riuscire a convincere gli italiani - se non quelli desiderosi di veder “perire Sansone con tutti i Filistei” - di essere all’altezza dei problemi ‘immani’ a cui il futuro Governo dovrà porre mano; al contempo, i vari Bersani, Casini, Montezemolo, Monti e lo stesso Berlusconi rappresentano ormai delle pistole ‘scariche’, personaggi che hanno già detto la loro. E a più riprese. Come lo scrittore Antonio Pennacchi, anch’io voglio un gran bene a Massimo D’Alema: per due anni l’ho visto quasi tutti i giorni e, devo dire, egli è stato un eccellente ministro degli Affari Esteri, il solo che, durante il Governo Prodi II, sia riuscito a portare ‘a casa’ una serie di risultati di prestigio. Ma anche ‘Massimino’ ha i capelli ‘bianchi’, caro Pennacchi! Può certamente apparire un paradosso che gente ormai satura e stanca delle luci di un ‘circo felliniano’ come quello della politica continui, in ogni caso, a non lasciar spazio alcuno a qualche leader emergente. Ma risulta altrettanto vero che nuovi ‘geni della lampada’ non se ne intravedono. Tutto è fermo agli anni ’80, poiché l’unico segretario di Partito che, a suo tempo, ha intuito l’esigenza di una profonda riforma del sistema politico italiano fu Bettino Craxi. E tutti sappiamo com’è andata a finire, perché se agli italiani chiedi di cambiare veramente qualcosa, una qualsiasi cosa, anche semplicemente di spostare un oggetto dentro casa, sembra quasi che gli si proponga di fare una rivoluzione. E ciò sempre a causa di quella mentalità omologativa di cui abbiamo trattato all’inizio della presente analisi. Dunque, a mio parere, una ‘piccola soluzione’ per tentare un riordino della nostra condizione politica si potrebbe anche decidere di attuarla. La propongo sommessamente, rivolgendomi soprattutto a quel mondo socialista, laico e riformista che, in questi ultimi decenni, ha girovagato alla ricerca di un Maestro ‘purché fosse’: torniamo a dare un poco di fiducia al rissoso, irascibile, carissimo Partito socialista italiano. Non perché questa forza abbia le ricette per risolvere i mali dell’intera società, sia chiaro, anche perché tutti quanti ricordano assai bene cos’è sempre stato il Psi: un ‘circo Barnum’. Tuttavia, per una stravagante combinazione di fattori e coincidenze, all’interno di questo Partito - che mantiene una propria antichissima ‘anima anarchica’ facente capo ad Andrea Costa - tra chi combina ‘casini’ ogni giorno, chi litiga con tutti a ogni piè sospinto, chi si allea con Caio per ‘tirare il pacco’ a Sempronio e chi proprio non sa dove andare a ‘sbattere la testa’, alla fine, in qualche modo, i problemi da affrontare finiscono, quasi sempre, ‘da queste parti…’. E uno ‘straccio’ di soluzione, pratica, equilibrata e concreta, la si trova sempre. Rimane fuor di discussione, ovviamente, che non sto affatto dichiarando di voler investire Riccardo Nencini o l’amico Bobo Craxi con l’incarico di prossimo presidente del Consiglio dei ministri (sono già in troppi, al momento, ad appassionarsi a simili ‘onanismi cerebrali’…): più semplicemente, sto chiedendo nuova fiducia in favore dell’unica forza autenticamente erede della tradizione riformista ‘turatiana’. Un po’ perché se la merita, avendo attraversato una sorta di ‘purgatorio’ che, oltre a risultare francamente ingiusto, ha saputo comunque ‘vaccinare’ questo ‘ambiente’ dai tanti faccendieri e ‘affaristi’ che, a suo tempo, lo hanno popolato fino a distruggerlo (non fu ‘colpa’ di Craxi: sarebbe il caso, finalmente, di riuscire a comprenderlo…); un po’ perché l’epoca delle ‘donnine’ di Lele Mora e dei ‘Batman’ divoratori di ostriche la si può considerare definitivamente archiviata. Così come l’illusione ‘localista’ della Lega Nord, dando per assodato come una soluzione federalista rappresenti, qui da noi, un’idea tanto utopica quanto ‘costosa’, in termini di moltiplicazione del debito pubblico. Insomma, sto rivolgendo un ‘piccolo appello’ ai tanti esponenti, militanti e simpatizzanti che, in questi ultimi decenni, si sono rifugiati sotto ‘l’ombrello berlusconiano’: rimettiamoci attorno a un tavolo e facciamo un ‘ragionamento’, tutti assieme. Riapriamo la questione di queste ‘benedette diaspore’: quella socialista, quella liberale e quella repubblicana. Non starete col Pd, bensì a casa vostra! Sotto il profilo meramente ‘tattico’, altro modo per tentare di stabilizzare una nuova ‘barriera’ di fronte alle ‘devastazioni’ in arrivo - quella dei ‘grillini’ e, più in generale, degli avventurieri ‘supponenti’ - non c’è, non esiste: lo scrivo e lo confermo. E non mi si venga a dire, tra qualche anno, che non vi avevo avvisato.
Direttore responsabile di www.laici.it e www.periodicoitalianomagazine.it