“Non c’è speranza di far capire al mondo cattolico, nella sua interezza o quasi, che non può costringere il resto del mondo a vivere o a morire secondo precetti che non gli appartengono”. E' quanto ha scritto in questi giorni su ‘Repubblica’ il collega Michele Serra, commentando una dichiarazione del vicesindaco di Milano, Maria Grazia Guida, espressamente contraria al testamento biologico. Questa volta sono con lui, poiché finalmente sembra essersi deciso ad aprire gli occhi intorno a un cattolicesimo di sinistra storicamente ancor più ideologico e burocratizzato del vecchio italo-marxismo di ‘togliattiana’ memoria. Tuttavia, personalmente ritengo che nel mondo cristiano sia da tempo entrata inesorabilmente in crisi ogni forma di ‘pastoralità’, ovverosia quell’esigenza di un’assistenza spirituale in favore della società sostanzialmente repressa da un’ottusità che finisce col giudicare negativamente e a priori ogni genere di spiritualità spontanea, o variamente ‘esperienziale’. Innanzitutto, ai discendenti dei ‘professorini di Dossetti’ bisognerebbe ricordare che la vocazione di un cattolico non dovrebbe essere di matrice strettamente teologico-intellettuale, bensì dovrebbe attingere da una sincera predisposizione verso la cura del prossimo, fondata su una fede genuina, aliena da quei ‘trasalimenti mistici’ propri della tradizione ecclesiologica o più propriamente temporalista. La parola di Dio va diffusa con premura, tenendo presente che tutte le grandi religioni monoteiste contengono un potenziale di solidarietà che nessuna divisione o lacerazione potrà mai riuscire a sconfiggere. Dunque, un nuovo cattolicesimo-democratico, più aperto e moderno, potrebbe persino avere la possibilità di ricostituire un clima di reciproca comprensione, in grado di portare la parola di Dio tra tutti i cittadini di buona volontà, atei o credenti che siano. Una nuova spiritualità capace di non eludere, nella condanna dell’errore, la questione del recupero dell’errante. Quel che si chiede non è di piegarsi di fronte agli ‘eccessi opposti’ di un laicismo agnostico e pagano, bensì di approfondire maggiormente quei temi riguardanti i diritti dei singoli individui, o quelli dell’uomo in quanto tale, rendendosi disponibili a diventare strumenti di dialogo. La questione, per noi laici, è tutta qui: come riuscire a ‘intaccare’ una concezione invasiva, omnicomprensiva, tendente, per propria natura, a controllare tutto e tutti al solo fine di proibire, vietare, negare - come nel caso dell’omosessualità - la natura stessa dell’amore tra esseri umani? E’ soprattutto questa la ragione delle incomprensioni che continuano a ingenerarsi tra la Chiesa cattolica e il mondo contemporaneo: come far coesistere un’auspicabile riscoperta dello spirito evangelico, della mitezza, della carità e della misericordia, con una strutturazione teologico-culturale oggettivamente ‘diversa’, in molti casi addirittura contrastante con quello stesso spirito? Nei confronti chi non include, nel proprio orizzonte spirituale, un principio di trascendenza, la Chiesa dovrebbe porsi il problema di garantire la propria volontà di contribuire al progresso sociale, all’emancipazione delle categorie oppresse, a una tolleranza non più accettata di contraggenio. Ma che cos’ha da offrire, oggi, la Chiesa di Roma oltre al mito di se stessa, tenuto conto che, nella nostra epoca, ogni vincolo di proiezione verso il soprannaturale è storicamente divenuto ‘più debole’ e non ‘più forte’? Qual è la sua proposta sul versante degli squilibri demografici del Terzo mondo, dato che si rifiuta persino di affrontare la questione di un contenimento delle nascite o dell’uso dei contraccettivi e degli anticoncezionali? Per poter attingere a un senso realistico di giustizia, di carità e di cooperazione appare necessario affrontare diversamente i problemi della modernità. Occorre, cioè, chiarire con urgenza che i valori dello spirito devono essere anteposti a quelli del benessere materiale e dello sviluppo economico, i quali vengono, ormai sempre più spesso, elevati a unica ragione di vita. Una reciproca fiducia tra gli uomini e tra gli Stati può rafforzarsi solo nel riconoscimento e nel rispetto di un ordine morale che non necessariamente deve porsi il problema di essere ‘scisso’ o meno da Dio, poiché ciò non sta scritto da nessuna parte. Anzi, nel Vangelo, Gesù in persona affermò esattamente il contrario nell’episodio del centurione: “Vedete quest’uomo? Guardatelo bene: è un Romano ed un pagano. Eppure, nessuno in Galilea mi ha mai dimostrato tanta fede. Torna a casa: la tua fede ha guarito il tuo servo…”. Il cristianesimo più autentico professa, da sempre, concezioni di convivenza universale. Ma esso non può considerarsi il solo e unico metro di giudizio antropologico e sociologico nelle scelte che le persone sono tenute a prendere nella loro vita quotidiana. Inoltre, i cattolici impegnati nello svolgimento di attività economico-sociali vengono a trovarsi frequentemente in rapporto con altre persone che non hanno la loro stessa visione culturale. E, in tali rapporti, essi dovrebbero essere i primi a dar prova di ‘auto-vigilanza’, al fine di dimostrarsi coerenti con loro stessi e animarsi di uno spirito di comprensione, di disinteresse, di disponibilità alla collaborazione per l’attuazione di progetti che siano considerabili come buoni o, quanto meno, riconducibili al bene. Solo in questo modo quello cattolico potrà riproporsi legittimamente come ‘popolo di Dio’ e non come espressione di un ‘burocratico santuario’ che decide da solo del giusto e dell’ingiusto. In un mondo completamente cambiato sotto l’impulso dell’ascesa socioeconomica delle classi lavoratrici e dell’ingresso della donna nella vita pubblica diviene impellente il riconoscimento di tutti i diritti relativi al singolo individuo: non solo quelli inerenti alla sicurezza materiale e alla libertà di pensiero, ma anche quelli attinenti a garantire uno sviluppo armonioso e integrale della sua personalità, rendendo il cattolicesimo pienamente conciliabile con un principio universale di democrazia. Le ripetute ondate migratorie, sospinte dalle occasioni di lavoro che i Paesi più ricchi offrono rispetto alle società economicamente meno evolute o dalle macerie di regimi dispotici, provocano sradicamento, sottoccupazione, nuove ingiustizie, perdita di identità. Dunque, i cattolici dovrebbero decidersi a denunciare con maggior forza che deve essere il capitale a cercare il lavoro e non viceversa, al fine di offrire a tutti gli uomini la possibilità concreta di crearsi un avvenire senza essere costretti a trapiantarsi dal proprio ambiente in un altro. Il raggio planetario delle interdipendenze economiche ha reso indifferibile il rafforzamento di strutture politiche sovranazionali, nel pieno rispetto delle singole sovranità dei propri membri, poiché il bene comune dell’intero pianeta dipende dalla soluzione di problemi che, per la loro ampiezza, complessità e urgenza, i soli poteri pubblici nazionali non sono in grado di affrontare con la prospettiva di arrivare a soluzioni positive. Se s’intende porre mano a tali compiti immani, diviene inevitabile cercare un dialogo e stimolare nuove intese fra credenti e quanti non credono o credono solo ‘in partibus’. Identificare false dottrine di relativismo laico non significa nulla, in termini di prospettiva, giacché ogni dottrina, una volta elaborata e definita, rimane sempre la stessa, mentre determinati fenomeni storici, tecnologici, scientifici, socio-economici e culturali, agendo in situazioni dinamiche perennemente rinnovantesi non possono che subire influssi continui, o andare soggetti a mutamenti anche profondi: chi può veramente negare che determinati movimenti politici, filosofici o genericamente culturali non si facciano interpreti essi stessi di giuste aspirazioni in favore della persona umana e che non contengano elementi positivi, meritevoli di approvazione? Il sentiero, in verità, è uno solo: collocare i cattolici su una linea di ecumenismo e di dialogo con il mondo contemporaneo, affinché essi, anziché continuare ad occuparsi prioritariamente di Dio, comprendano che debbono ricominciare a occuparsi degli uomini e dei loro problemi per come oggi si presentano. Uomini vivi che osano dirsi principio e ragione di ogni realtà. Uomini e donne fatti di carne, come volle essere, prima di ogni altra cosa, lo stesso Gesù di Nazareth.
Direttore responsabile di www.laici.it e www.periodicoitalianomagazine.it