Quanto sto per scrivere potrà forse apparire un’idea mutuata, in qualche modo, dalle vicende storiche di Mustafa Kemal Ataturk e dei suoi ‘Giovani turchi’. Tuttavia, in questi ultimi decenni, una concezione neomonetarista dell'economia ha causato un dissesto finanziario 'pazzesco', di livello mondiale, è aumentata la spesa pubblica improduttiva, è peggiorata la qualità dei servizi, si è rafforzata la criminalità organizzata, si è allargata l’area dell’evasione fiscale, è incrementato l’inquinamento ambientale, si è aggravata la crisi della scuola e delle istituzioni educative. Oltre a ciò, abbiamo dovuto assistere a un generale ‘inebetimento’ di massa grazie a programmazioni televisive che hanno eletto l’idiozia a norma di legge. Pertanto, se si vuole veramente raggiungere l’obiettivo di una ‘rigenerazione’ del nostro Paese dobbiamo innanzitutto essere consapevoli del fatto che i fenomeni appena elencati sono comuni a tutte le società capitalistiche avanzate: il traffico della droga affligge da tempo quasi tutti gli Stati euro-americani, la mafia prospera in Giappone e nell’ex Unione Sovietica, l’indebitamento pubblico è ormai altissimo negli stessi Stati Uniti. Si tratterebbe, dunque, di cominciare a distinguere i problemi sociali più ‘cronici’, che possono essere guariti solo attraverso interventi programmabili nel lungo periodo, dalle disfunzioni a cui porre rimedio con la semplice attività legislativa e amministrativa mediante una nuova formazione politica di ‘giovani laici’ da proporre al vaglio del corpo elettorale. Il vero nodo di fondo della situazione italiana è infatti quello del ‘non governo’, della desolante incapacità del nostro ceto politico di affrontare e risolvere anche i problemi più semplici. Il fulcro teorico di una simile riflessione potrebbe perciò convergere verso la ‘ristrutturazione’ di una cultura laica in grado di evitare ogni intreccio tra interessi pubblici e privati, o la trasformazione di imprese, banche, enti pubblici, università e organi di informazione in veri e propri ‘accampamenti lottizzati’, poiché ciò rappresenta la causa primaria di paralisi e inazioni. Personalmente, non credo si possa arrivare presto alla nascita di una nuova sinistra ‘di governo’ se in Italia si continuerà a parlare d’altro. Per quanto mi riguarda, ritengo il comunismo un vecchio rudere venuto meno non solamente nei suoi termini politico-materialistici, ma anche e soprattutto nelle sue formulazioni economiche. In buona sostanza, di Karl Marx è rimasta solo la buona ‘intuizione’ - o la ‘buona intenzione’… - di considerare l’economia una scienza indirizzabile verso finalità sociali. Resta fuor di discussione che il Pci abbia sempre gravemente sottovalutato quell’autentica e specifica tradizione culturale rappresentata dal mondo laico e riformista italiano. E che indicare semplicemente alcune figure di riferimento al fine di portare a compimento la nascita di un ‘insulso’ Partito democratico abbia segnalato soprattutto la grave mancanza di elaborazioni politico-culturali autentiche, effettivamente innovative. Un moderno liberalismo di sinistra, attento alle nuove discriminazioni che la società sforna a getto continuo, aperto verso i temi delle nuove libertà pubbliche, gioverebbe al nostro Paese assai più di una ‘grigiastra’ formazione democratica all’amerikana. Il ‘nocciolo’ della questione è sempre stato esattamente questo: verificare la possibilità di mettere in campo una nuova ‘dottrina’, dotata di un alto grado di ‘idealismo civico’, che possa liberare nuove energie e nuovi linguaggi verso una laicità incentrata su coraggiose metodologie di liberalismo sociale. Ma elaborare una dottrina di siffatto genere significa analizzare ogni tradizione e ogni scuola politica, culturale e filosofica, al fine di riallacciarsi a un’impostazione che sappia generare un rinnovato sentimento di comunità sociale. Si dovrebbe, cioè, ritrovare un nuovo ‘idem sentire’ tra tutti i cittadini, un qualcosa che possa svolgere una funzione di minimo comune denominatore culturale. Anche, ad esempio, decidendo di affrontare ‘di petto’ le grandi questioni riguardanti la povertà e lo squilibrio di ricchezza tra nord e sud del mondo, senza necessariamente incorrere in un ‘terzomondismo modaiolo’, o puramente mondano. Insomma, trovata la ‘chiave’ interpretativa, ne può derivare l’idea. Che potrebbe essere quella di una società diversa, maggiormente dinamica, in cui i mutamenti possano avvenire con maggior velocità e, allo stesso tempo, seguendo un certo ordine, un nuovo senso della collettività che risulti ‘contemperabile’ con i diritti dei singoli individui.
Direttore responsabile di www.laici.it e di www.periodicoitalianomagazine.it