Susanna SchimpernaDischi a 45, 33 e anche 78 giri, oltre a cd e varie incisioni per un totale di oltre 500 mila supporti, che vanno dalle prime registrazioni del 1928 ai giorni nostri. Questo il patrimonio culturale che l’Icbsa, Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi, ha ereditato nel 2007 dalla Discoteca dello Stato, e che ora passerà alla Direzione generale del ministero dei Beni cuturali. Sembra roba da poco? No. Non lo sembra e non lo è. Nell’ansia di rivedere la spesa, ovvero di dare piena applicazione all’espressione “spending review”, si dimentica, di questa espressione, persino il vero senso: rivedere non significa abbattere a colpi di clava, ma analizzare per poi razionalizzare. La soppressione per decreto legge dell’Icbsa è soltanto l’ultimo esempio di una politica di chiusura indiscriminata, e dicendo indiscriminata si vuole attribuire una buonafede che è contro ogni evidenza, perché ancora una volta la clava sceglie come obiettivo la cultura, l’arte, la memoria. Quanto costava l’Icbsa? Che grandi guadagni si credono di fare, cancellandolo e insieme mortificando professionalità e competenze? Racconta Luciana Biondi, che nell’istituto ha lavorato dal 2008 al 2010 per il progetto ‘Archivio della musica leggera’, ideato e realizzato da uno dei massimi esperti in Italia, Luciano Ceri: “Per chi come me è abituato da sempre alla radio e alla televisione, i compensi lì possono definirsi un rimborso spese. 5 euro a scheda, e per ogni scheda un lavoro che andava da minimo un’ora a due giorni. Nella scheda doveva esserci tutto, dalla foto della copertina del disco a tutti i crediti, le note, ogni informazione anche minima sull’oggetto. E’ stata per me un’esperienza entusiasmante, un percorso antropologico. Ho imparato moltissimo. E aggiungo che in un’epoca in cui la gente non ha idea di cosa sia la realizzazione di un disco, un lavoro come quello dell’istituto, che tra l’altro raccoglie le registrazioni degli studi dell’etnomusicologo Diego Carpitella, è fondamentale per la memoria storica”. Molto perplesso sulle finalità anche Luciano Ceri: “Quando la Discoteca di Stato ha lasciato il posto all’Icbsa è iniziato un percorso che avrebbe dovuto dare all’istituto anche competenze su un museo dell’Audiovisivo, che invece non è stato realizzato. Ora, questo percorso viene brutalmente interrotto. Non sono preoccupato per i posti di lavoro, dato che le persone che lavoravano all’istituto continueranno a lavorare al ministero, ma così si toglie specificità all’Icbsa, che tra l’altro, da sei anni, è stato riconosciuto soggetto di deposito legale, nel senso che i produttori di cd e altri materiali audiovisivi sono tenuti a depositare tutto lì”. Per quanto riguarda i risparmi, la precisazione di Ceri è che “a palazzo Antici Mattei, dove siamo, non paghiamo affitto”. La sede non costa nulla, i munifici compensi dei pochi consulenti fortemente motivati e come Luciana Biondi assolutamente competenti li abbiamo già visti, le persone assunte continueranno a prendere la stessa cifra. Quale, dove, di quanto sarà il risparmio?




(articolo tratto dal sito www.glialtrionline.it)
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