Le emozioni sono la parte più coinvolgente della nostra esistenza, nel senso che, grazie a loro, entriamo in contatto con l’essenza della vita, con la dimensione più significativa della nostra mente. In effetti, pensare di esistere senza squilibri è qualche cosa che, in un certo senso, può atterrire. Eh, sì: perché le emozioni sono un’alterazione dinamica dell’equilibrio omeostatico della nostra mente. Eppure, nonostante si sperimenti relativamente spesso questa situazione, siamo sempre alla ricerca dell’equilibrio, pur sapendo appunto che se dovessimo raggiungerlo sarebbe difficile mantenerlo a lungo nel tempo. Ecco perché le emozioni giocano un ruolo importante, nella nostra vita quotidiana e all’interno del buon funzionamento della mente. Grazie a esse sperimentiamo la sorpresa, mentre contemporaneamente inducono in noi un adattamento improvviso alla nuova situazione che esse stesse registrano. Sono molte le teorie psicologiche sulla formazione e la funzione delle emozioni e non è questa la sede più opportuna per esporle. Il lettore interessato al tema può consultare qualsiasi manuale di Psicologia generale e farsi un’idea di quello che molte ricerche dimostrano e altrettanti autori interpretano sul ruolo delle emozioni. Qui è importante, ai fini del nostro articolo, comprendere che sono le emozioni a stabilire il gioco interessante fra sorpresa e monotonia, perché come funzionano i nostri ragionamenti e comportamenti dipende proprio da questa alternanza. Le emozioni primarie sono sei (rabbia, dolore, paura, disgusto, afflizione, gioia) e ne esistono altre sei con le quali si formano le cosiddette emozioni secondarie. Alcune di queste ultime sono, per esempio: la vergogna, l’imbarazzo e il senso di colpa. Fra le sei primarie ve ne sono due particolarmente importanti: la rabbia e il dolore. Si prova rabbia quando si subisce un’ingiustizia, oppure si ritiene di averla subita. Per la mente, la verità è quello che essa prova, mai quello che probabilmente accade nel concreto, altrimenti tutte le persone avrebbero identiche reazioni a eventi simili. Pagare le tasse e sapere che molte persone che le impongono possiedono stipendi o pensioni esorbitanti rispetto alla normale condizione di vita della maggior parte della popolazione è un’ingiustizia. E questa situazione viene vissuta come tale da molte persone, secondo livelli di coinvolgimento emozionale diverso, perché individuale. Però alla base, per tutti, si tratta della stessa identica reazione emozionale: rabbia, che può essere più o meno espressa e secondo forme diversificate fra loro. Cosa importante, per il benessere delle persone che subiscono l’ingiustizia, è che la loro rabbia possa in qualche modo e misura esprimersi, trovare un canale espressivo attraverso il quale esaurirsi, altrimenti le conseguenze della sua ritenzione potrebbero essere, anche psicologicamente, gravi e distruttive. In effetti, la rabbia esprime aggressività verso un oggetto sia esso indefinito o definito, giustificata dalla presenza di una relazione con l’esterno che viene giudicata ingiusta. Quando la rabbia viene canalizzata ed espressa, nel suo esaurirsi dà spazio all’insorgenza di un’altra importante emozione: il dolore. Sino a quando si è arrabbiati non si è in grado di risolvere il problema dell’ingiustizia che ha creato tale emozione, perché il desiderio di trovare la soluzione di fronte all’ingiustizia scaturisce dalla capacità di provare dolore. In questo senso, il dolore è utile e funzionale alla formazione di un atteggiamento propositivo e proattivo, mentre quando lo si prova senza questa funzione è decisamente annichilente. In effetti, nel dolore si alternano due atteggiamenti mentali importanti: la rassegnazione, oppure la ricerca di una soluzione che liberi dal dolore stesso. In questo secondo caso, è intatta ancora in noi una buona dose di autostima, nonostante la presenza del dolore stesso (sia esso fisico che mentale, anche se la relazione fra i due è decisamente molto stretta…), unita a una altrettanto buona dose di motivazione al cambiamento. Nel caso invece della rassegnazione, la mente è costantemente proiettata al passato. E il passato, in quanto tale, non è mai modificabile. Auguro dunque a tutti i lettori di esercitarsi nel passaggio veloce dalla rabbia al dolore, dopo aver subito una ingiustizia, per rispondere proattivamente e costruttivamente a tale affronto, anche scoprendo che quest’ultimo, in fondo, non esiste concretamente, ma solo nella nostra mente. In effetti, la valutazione di trovarsi di fronte a un’ingiustizia dipende dagli scopi per i quali si agisce, dai motivi ultimi che alimentano il nostro fare nella vita, consapevoli che il desiderio di raggiungere una meta edificante supera certamente la valutazione di qualsiasi errore umano. E poi, chissà quante volte noi stessi siamo stati ingiusti con qualcuno…
(tratto dal sito www.controcampus.it)