Vittorio LussanaComunque andrà a finire Italia-Spagna, ovvero la 'finalissima' dei campionati europei di calcio 2012 in corso in questi giorni in Polonia e Ucraina, credo proprio sia il caso di proporre un sentito elogio, come uomo e come allenatore, nei riguardi di Cesare Prandelli. Questo signore bresciano, infatti, ha dimostrato di essere un grandissimo allenatore, ha saputo costruire una nostra rappresentativa carica di personalità e di bel giuoco, in grado di confrontarsi, sia fisicamente, sia tatticamente, con tutte le altri grandi squadre del 'vecchio continente'. La cosa non può che far piacere, anche ricordando i suoi precedenti sulle panchine del Verona e della 'primavera' dell'Atalanta, con la quale riuscì a vincere lo scudetto giovanile di categoria. Per non parlare delle sue memorabili imprese in quel di Parma, allorquando portò una 'squadretta' di provincia a vincere, splendidamente, la coppa Uefa. Prandelli è sempre stato un uomo intelligente, un italiano 'sconosciuto' rispetto ai consueti canoni comportamentali che, da sempre, ci caratterizzano. A un certo punto, si fece notare per l'idea del cosiddetto 'terzo tempo': una stretta di mano tra calciatori al termine di ogni incontro, nel tentativo di stemperare gli animi e proporre un'idea di questo sport maggiormente aderente ai suoi più nobili princìpi di lealtà e di rispetto tra avversari impegnati in una competizione. In una prefazione di un libro, egli toccò anche il 'tasto' dell'omosessualità nel mondo del calcio, lasciando intravedere idee progressiste, avanzate, assai coraggiose rispetto a un ambiente in larga parte contagiato da rigurgiti populisti e retaggi incivili: ovvero, proprio quei difetti ignobili i quali spesso allontanano il calcio dalle simpatie di tanta gente che, sinceramente, aveva creduto nella sua funzione di coesione popolare, come pretesto per alimentare il dialogo quotidiano tra singoli individui nel merito della nostra indole più profonda, in grado di vaccinarci da ogni rischio di incomunicabilità sociale, 'tipica' delle società di massa. Ma Cesare Prandelli ha dimostrato di essere di un'altra 'pasta', di distinta natura rispetto all'italiano 'medio'. Nel 2004, era approdato alla panchina della Roma, una compagine in quel momento fortissima. Poteva vincere tutto, ma la gravissima malattia che colpì la moglie, Manuela, sembrò interrompere la sua irresistibile ascesa come allenatore. Fu un momento durissimo: egli rinunziò alla guida della squadra 'giallorossa' per poter stare vicino alla sua compagna, al fine di accompagnarla con affetto e amore verso la fine della propria esistenza. Forse, fu in quel preciso momento della sua vita che Prandelli scoprì, senza aver bisogno di esporsi con 'teatralità', come il dolore e il sacrificio possano rafforzare l'animo umano dandogli nuovo vigore morale, slancio, voglia di tornare a vincere. Stranamente, proprio le caratteristiche che la sua nazionale ha dimostrato, per larghi tratti, nel corso del campionato europeo che sta per andare a concludersi. Da persona intelligente, egli ha riscoperto la razionalità, la lucidità delle scelte che un uomo è tenuto a compiere, nel corso di una partita di calcio così come nella vita. Perché il dolore ha un volto. E spesso siamo costretti a farcelo amico, poiché in caso contrario esso può tramutarsi nel nostro principale e più acerrimo nemico. Probabilmente, nemmeno questa volta riusciremo a laurearci campioni d'Europa, anche se sto scrivendo ciò per puro spirito 'scaramantico'. Ma l'Italia di Cesare Prandelli che ho visto scendere in campo in Polonia e Ucraina, per una volta mi ha donato grandissima soddisfazione, come uomo e come italiano, perché ha rafforzato le mie convinzioni intorno a un possibile rinnovamento della nostra identità, affinché questa possa, un giorno, affrancarsi definitivamente dalle sue millenarie dissimulazioni, da quel complesso del 'parente povero' costretto a vivere 'arrangiandosi' rispetto a società più avanzate della nostra. La notizia potrà apparire di poco conto. Tuttavia, a mio avviso, non lo è affatto: 'l'Italietta' del 'controgolpe' presto non esisterà più. Stiamo per abbandonarla, per sempre. E sta nascendo un'Italia diversa: fredda, razionale, dotata di una personalità più solida e ferma. Ciò sta realmente avvenendo, anche se 'nell'ombra', anche se poco per volta. Possiamo emergere a 'testa alta' dai nostri secoli di miserie e umiliazioni, se solo lo vogliamo: questa è la lezione principale impartitaci da Cesare Prandelli e dai suoi ragazzi, che sento di dover sinceramente ringraziare per questo. Per averlo fatto e per come lo hanno fatto.




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Roberto - Roma - Mail - lunedi 2 luglio 2012 3.41
Nel primo incontro con la Spagna, la lettura tattica di Prandelli è stata intelligente, poiché ha creato una gabbia di difensori sui portatori di palla spagnoli. In questa, si è lasciato prendere dall'ottimismo senza comprendere che la squadra era arrivata in finale cotta e stracotta. In ogni caso, è vera una cosa: si giocano troppe partite durante le stagioni, con campionati di serie A da 18-20 squadre, coppe di Lega e impegni di club nelle competizioni internazionali: tutte cose dettate dagli sponsor e dalle televisioni, che danno poco tempo alle rappresentative nazionali di trovare una propria identità, se non a tratti. Si dovrebbe quanto meno ridurre il numero di partite durante il campionato nazionale, tornando a una competizione da 16 squadre, non di più. Infine, pur perdendo rovinosamente, l'intelaiatura della squadra adesso ci sarebbe: basta integrare qualche nuovo elemento in alcuni reparti trovando un leader (in difesa soprattutto) e toglierci dalla testa che Cassano e Balotelli possano maturare come uomini equilibrati e d'esperienza, perché questa è veramente un'utopia......
Rob
Cristina - Milano - Mail - sabato 30 giugno 2012 7.37
E' veramente un bellissimo articolo, soprattutto sul Prandelli uomo. Ma non entro nel merito degli europei di quest'anno e mi allontanerò sempre di più dal mondo della tifoseria calcistica. (sono una ex grande tifosa della Juve).
Non è ammissibile che, per ospitare questo campionato, sia stata autorizzata dal governo ucraino una strage di circa 30.000 animali (cani e gatti) randagi....per "pulire" il paese. La notizia ha fatto il giro del mondo, sono stati realizzati reportages con immagini raccapriccianti anche da "Striscia la notizia" e nessuno, tranne rarissime eccezioni, dell'entourage calcistico ha menzionato questa barbarie.
Nè gli organi competenti, che, come spesso accade, si palleggiano le responsabilità e rinnegano le dichiarazioni rilasciate alla stampa, nè la maggior parte dei calciatori. Anche l'europarlamentare Tiziano Motti ha chiesto a Prandelli, tramite i media, di ricordare queste vittime innocenti portando un segno di lutto al braccio. Questo "girarsi dall'altra parte" per me, personalmente, è gravissimo e disumano! Il silenzio di chi sapeva è grave quanto l'azione compiuta da chi si sia trasformato in assassino contro esseri indifesi. Questo non è sport!


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