Francesca BuffoIl libro delle facce comincia a stancare gli americani, ma molte critiche arrivano anche dall’Italia. Certo, i pareri sono discordi, ma non si può negare che, alla lunga, così come hanno avuto il loro declino fenomeni come ‘Second life’ e ‘Farmville’, anche ‘Fb’ subirà un ridimensionamento, benché non un tracollo. Non mi riferisco ai dati di una ricerca, diffusi in questi giorni in rete, che dichiarano che 1 americano su 3 si è ‘stufato’ di questo social network. La mia è una riflessione che prende spunto da ciò che ho letto negli ultimi mesi sui diversi profili e da uno scambio di vedute con altri amici che ‘Facebook’ lo utilizzano molto per motivi di lavoro. Senza nulla togliere al valore di diffusione di notizie e scambio informazioni (soprattutto per i gruppi che accomunano le persone per fasce di interesse) bisogna ammettere che certi commenti sulle bacheche, composti da faccine e cuoricini o strazianti poesie postate con tanto di musica di sottofondo (ma la gente ha tutto questo tempo?) suscitano un po' di perplessità. Non importa l’età anagrafica, perché sono in molti a rivelarsi adolescenti: dalle ‘eterne belle’ che aggiornano l’album sfoggiando l’ultimo bikini o primi piani dallo sguardo sensuale, all’attempato impiegato che condivide canzoni o foto suggestive. I commenti degli amici, in ogni caso, non deludono. Certamente, un “Sempre bellissima!” non si nega a nessuna. Così come poetici versi che persino a un dodicenne apparirebbero di una banalità assurda, pubblicati sulla bacheca di un ‘classe 60’ accolgono applausi ed elogi. Naturalmente, non mancano anche gli sfoghi sulla politica, i commenti sul calcio, la condivisione di foto strane e i racconti personali della serie: “Mia sorella mi ha offeso…”. Stabilire cosa raccolga più commenti, condivisioni o ‘mi piace’ è per me tutt’ora un rebus. Sulla qualità dei commenti c’è veramente di tutto: dalla discussione filosofica, al ‘libero insulto’. Ed è forse proprio questa assenza di regole a raccogliere il maggior numero di ‘mi piace’. Comunque, se volete qualche motivo per disamorarvi della vostra ‘Facebook dipendenza’ vi riporto qui di seguito il frammento di traduzione più o meno libera, tratta dal sito www.vincenzov.net, di un articolo del giornalista inglese Tom Hodgkinson*.

Se mi cerchi su FaceBook non mi trovi (più)

Il perché lo puoi leggere in questa pagina

Facebook crea davvero relazioni tra le persone? Piuttosto non le allontana, sostituendo relazioni vere come parlare, mangiare, ballare e bere con un amico, banalmente con un messaggino e una foto divertente inviata attraverso il ciberspazio rimanendo incatenati alla propria scrivania. Un amico mi ha detto recentemente che ha trascorso un sabato notte su FaceBook, bevendo alla scrivania. Che malinconia... Invece di collegare, FaceBook realmente ci isola incatenandoci al nostro computer. Facebook fa appello ad una sorta di vanità ed autoreferenzialità delle persone. Pubblicando una mia foto particolarmente bella con l’elenco dei miei prodotti preferiti, posso costruirmi un’immagine artificiale. È un sito che incoraggia una competitività inquietante. Oggi sembra che nell’amicizia non conti la qualità, ma solo la quantità: più amici hai, meglio stai. Facebook è un altro esperimento iper-capitalista. Si possono fare soldi con l’amicizia? E’ possibile creare comunità svincolate dai confini nazionali (e vendere la Coca-Cola)? Il sito non crea niente di originale. Non fa niente. Si limita a mediare rapporti già esistenti. I creatori di Facebook non devono fare quasi niente. Se ne restano seduti mentre milioni di Facebook-dipendenti cercano spontaneamente dati anagrafici, fotografie e liste dei lori prodotti preferiti. Dopo aver costruito questo immenso database di esseri umani, Facebook non fa altro che rivendere le informazioni agli inserzionisti o, come ha spiegato Zuckerberg sul suo blog, “aiutare le persone a condividere con gli amici le informazioni sulle loro attività online”. E poi, cari utenti di Facebook, avete letto le dichiarazioni del sito sulla riservatezza dei dati? In sostanza vi dice che la privacy non esiste. Facebook si dichiara a favore della libertà, ma in realtà somiglia ad un regime totalitario, virtuale e ideologicamente orientato, con una popolazione che presto supererà quella britannica. Thiel e gli altri hanno creato il loro paese, un paese di consumatori.

* Tom Hodgkinson
(1968) è uno scrittore britannico. Si è formato alla Westminster School e ha collaborato con vari articoli a importanti testate giornalistiche quali The Sunday Telegraph, The Guardian e The Sunday Times e, parallelamente alla direzione della direzione della rivista The Idler (L'ozioso), ha scritto due libri: L'ozio come stile di vita (titolo originale: How to be idle. Anno 2005) e La libertà come stile di vita (titolo originale: How to be free. Anno 2006).




(articolo tratto dal sito www.periodicoitalianomagazine.it)
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