In questi giorni, 600mila contribuenti stanno ricevendo lettere minacciose spedite dall’Agenzia delle entrate e firmate Attilio Befera, direttore dell’Agenzia. Le lettere sono tutte uguali, cambia solo l’intestazione e cambiano, evidenziate da crocette, le tipologie di spesa che vengono contestate. L’inizio è pacato, amichevole: “Gentile contribuente, desideriamo offrirle alcuni elementi di valutazione relativi ai redditi dichiarati nel 2011 (anno d’imposta 2010)”. Si precisa poi, in neretto e sottolineato, che la comunicazione ha finalità esclusivamente informative e, pertanto, non è necessaria, da parte di chi la riceve, alcuna risposta. Ci si può tranquillizzare. Si tira il fiato. Invece no, subito l’affondo: “Dal confronto dei dati indicati nella sua dichiarazione dei redditi 2011 con le informazioni presenti nella banche dati dell’Agenzia delle Entrate, risultano alcune spese apparentemente non compatibili con i redditi dichiarati”. Quali spese, di cosa si parla, cosa viene contestato? “Per tutelare la sua riservatezza, nel prospetto non è precisato l’ammontare delle spese rilevate dalla banche dati dell’Agenzia, nel presupposto che le siano certamente note, in quanto relative alla recente annualità 2010”. Tutelare la riservatezza? Ma non state scrivendo all’interessato? La presa in giro è evidente, ma fosse solo questo: nella dichiarazione dei redditi, sulla prima pagina c’è un’informativa sulla privacy che il contribuente è tenuto a firmare. Quindi, non si può cianciare a vanvera per evitare di fornire i dati precisi che vengono contestati. Mi stai accusando? Benissimo: e allora motivalo. Devi dirmi cifre esatte e non puoi sbagliarti perché hai accesso tu, Agenzia delle entrate, all’Agenzia del territorio, a tutti i contratti registrati, ai conti correnti. Si resta, invece, sul terreno delle chiacchiere, tradotte in avvertimenti: si invita il contribuente a valutare la compatibilità del suo reddito 2010 con le spese indicate nel prospetto (le famose ‘crocette’, capolavoro di amministrazione trasparente e competente), perché l’Agenzia procederà ai necessari approfondimenti e, in particolare, potrà chiedere di dimostrare che la quota di spese eccedente per almeno un quinto il reddito complessivo dichiarato sia stata finanziata “con redditi diversi da quelli posseduti nel 2010, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile”. Nel caso in cui il contribuente non fosse in grado di dimostrare la compatibilità delle spese sostenute con il reddito dichiarato etc, l’Agenzia suggerisce di “considerare con attenzione questa comunicazione e le opportunità di ravvedimento offerte dalla normativa fiscale (art. 13 del decreto legislativo n. 472/1997)”. Ecco il vero punto: il “ravvedimento operoso”, ovvero la possibilità di fare una dichiarazione integrativa entro un certo termine e pagando interessi ridotti se hai omesso o sbagliato certe cifre. Ma chi è arrivato a leggere fin lì? Non ci si fa caso, dato che tutta la lettera è congegnata per spaventare, con toni accusatori e ‘viscidi’. Befera si è appena lamentato: “Ormai se si invia una cartella ad un cittadino è considerato un atto di vessazione”. No, carissimo. Non una cartella: ‘queste’ cartelle, ‘queste’ lettere. Indegne di un Paese democratico, perfettamente congrue invece, per usare un aggettivo che vi piace, con un romanzo di Kafka. E’ opportuno, o meglio è proprio vostro dovere, farci sapere alcune cose: chi ha scritto questa sequela di velate minacce? Come mai non c’è un indirizzo vero, postale, a cui rispondere? Con quale criterio sono stati scelti i contribuenti a cui indirizzare le lettere? Come mai non ci sono i dati precisi che colui che riceva la lettera possa contestare? Perché avete commesso tanti errori? Cominciamo col dire che queste lettere sono arrivate, come testimoniano i commercialisti che da giorni hanno il poco grato compito di accogliere e rassicurare persone spesso non sull’orlo di una crisi di nervi ma oltre, a pensionati con reddito minimo e privi di automobile, professionisti che a fronte di un reddito di decine di migliaia di euro hanno una polizza vita di 1.000 euro l’anno (giudicata incongrua), sottoccupati senza alcuna assicurazione. A me personalmente è stato contestato l’acquisto di una casa, no, scusate, genericamente (con crocetta) un “acquisto fabbricato”, che mai ho acquistato nel 2010, oltre agli eccessivi “contributi previdenziali” (Ah! Ah! L’Inpgi obbligatoria…) ed esagerate “polizze assicurative” (una Polo che, all’epoca, aveva già i suoi dignitosi 7 anni, un motorino di 3 anni, poco più di 200 euro per incidenti domestici). Un commercialista che si è recato per capirci qualcosa agli sportelli dell’Agenzia di Rieti ha visto, affannato e stravolto, un dirigente dell’Agenzia stessa che stava reclamando perché nella sua lettera la ‘crocetta’ cadeva (anche a lui!) sull’ “acquisto fabbricato”, mentre lui non ha mai posseduto una casa e vive in affitto. Una lettera piena di errori di ogni tipo, dunque. A cui si può, per rettificare, parlare con un call center i cui impiegati si dicono “bombardati” da chiamate tra il furioso e l’angosciato e ti rispondono che non sanno nulla, o che devi scrivere all’indirizzo mail che appare nella lettera. Certo, scrivere una mail. Non i pensionati che non posseggono un computer, immagino. Ma io l’ho scritta, dettagliata, con cifre e richiesta di spiegazioni. Hanno replicato subito così: “Gentile contribuente, nel confermarle l’avvenuta ricezione della comunicazione da lei inviata, le assicuriamo che quanto rappresentato sarà attentamente considerato dall’Agenzia delle Entrate. Grazie molte per la cortese collaborazione.” Celeri, davvero: orario della mia mail, 17.31; orario della risposta, 17.31. Una strepitosa risposta automatica.
(articolo tratto dal sito www.glialtrionline.it)