Il risultato delle elezioni presidenziali francesi ha rilanciato la formula del
socialismo democratico dopo lunghi decenni di nazionalismi eversivi e di conservatorismi ‘immobilisti’. L’evento sottolinea, senza ombra di dubbio, la domanda popolare di una crescita socialmente più equa, in grado di redistribuire le risorse secondo il sano paradigma dei
‘meriti e bisogni’. Ne abbiamo parlato con
Bobo Craxi, responsabile della politica estera del
Partito socialista italiano, la formazione che aderisce ufficialmente al
Partito socialista europeo e all’Internazionale socialista, nonché valente ed efficace
sottosegretario di Stato agli Affari Esteri del Governo Prodi II.
Bobo Craxi, le elezioni presidenziali francesi hanno decretato la vittoria di Hollande e il ritorno di un socialista all’Eliseo dopo 17 anni: pensa che ciò possa essere il primo sentore di una svolta ‘riformista’ in Europa?“Certamente cambiano le ‘carte in tavola’, in particolar modo nei confronti della rigidità tedesca sul piano economico. Sul piano politico, diciamo che le opposizioni sono risultate avvantaggiate, in questo momento di crisi, rispetto a chi ha governato in questi anni. In ogni caso, quel che mi auguro è che questo nuovo ‘vento socialista’ trascini in alto anche l’area socialista italiana, che non può certamente essere rappresentata da Vendola e Bersani”.
Della vittoria di Hollande potrebbe risentirne l’asse franco-tedesco in Europa? In che modo?“Ne risentirà senz’altro. E ne risentirà anche il Governo Monti, che in quell’asse franco-tedesco si è ritrovato perfettamente a suo agio. Ma quel che più conta, oggi, è il ritorno di un socialista all’Eliseo: è una vittoria che dà speranza all’Europa, poiché la riporta al proprio spirito originario, che rilancia con forza l’idea del socialismo democratico e che incoraggia anche noi italiani a seguirne l’esempio. Viene invece sconfitta la politica dell’esclusione, del liberismo senza princìpi e del neo-populismo che vuole affermarsi in Europa approfittando delle difficoltà economiche. Il socialismo italiano non potrà che avvantaggiarsi per il netto successo francese”.
A proposito di socialismo, di recente si è celebrato il 120° anno di nascita del Partito socialista italiano: cosa dovrebbe fare, oggi, una forza politica che si definisce socialista per combattere le piaghe della disoccupazione e del precariato?“I Partiti che conservano delle radici antiche hanno il dovere, conservandole, di mantenere una coerenza nella loro azione politica. Allo stato, il Partito socialista italiano è fuori dalle istituzioni, ma non ho dubbi che, una volta tornato nelle istituzioni, come priorità dell’azione politica del Psi si porranno la lotta contro la disoccupazione e politiche più virtuose per recuperare nuovi posti di lavoro, oltre alla doverosa difesa di coloro che lo perdono”.
Con la fine del Governo Berlusconi e la conseguente messa in discussione del ‘bipolarismo muscolare’, che ruolo politico potrebbe svolgere il Partito socialista italiano nel nuovo assetto partitico, in vista delle elezioni del 2013?“Intanto, non sappiamo con quale legge elettorale si andrà a votare. Quel che noi auspichiamo è un sistema che salvaguardi le posizioni di minoranza e una direzione della politica italiana sempre più verso l’Europa, cioè un fronte conservator-popolare che si opponga a uno schieramento progressista e riformista. Questa sarebbe la soluzione ideale anche per l’Italia, eliminando tutta una serie di ‘storie’ della seconda Repubblica: e non sono poche…”.
Condivide la posizione del Segretario nazionale, Riccardo Nencini, secondo il quale il Psi potrebbe schierarsi accanto a Bersani e Vendola in una sorta di grande ‘casa dei riformisti’?“La formula della ‘casa’ mi convince fino a un certo punto, poiché la ‘politica condominiale’ non è mai la migliore. Quel che è certo - e possibile - è che le forze di progresso si possono unire per una proposta di Governo credibile, abbandonando al loro destino quelle antisistema”.