Leonardo GuerriniIl risultato delle elezioni presidenziali francesi ha rilanciato la formula del socialismo democratico dopo lunghi decenni di nazionalismi eversivi e di conservatorismi ‘immobilisti’. L’evento sottolinea, senza ombra di dubbio, la domanda popolare di una crescita socialmente più equa, in grado di redistribuire le risorse secondo il sano paradigma dei ‘meriti e bisogni’. Ne abbiamo parlato con Bobo Craxi, responsabile della politica estera del Partito socialista italiano, la formazione che aderisce ufficialmente al Partito socialista europeo e all’Internazionale socialista, nonché valente ed efficace sottosegretario di Stato agli Affari Esteri del Governo Prodi II.

Bobo Craxi, le elezioni presidenziali francesi hanno decretato la vittoria di Hollande e il ritorno di un socialista all’Eliseo dopo 17 anni: pensa che ciò possa essere il primo sentore di una svolta ‘riformista’ in Europa?

“Certamente cambiano le ‘carte in tavola’, in particolar modo nei confronti della rigidità tedesca sul piano economico. Sul piano politico, diciamo che le opposizioni sono risultate avvantaggiate, in questo momento di crisi, rispetto a chi ha governato in questi anni. In ogni caso, quel che mi auguro è che questo nuovo ‘vento socialista’ trascini in alto anche l’area socialista italiana, che non può certamente essere rappresentata da Vendola e Bersani”.

Della vittoria di Hollande potrebbe risentirne l’asse franco-tedesco in Europa? In che modo?
“Ne risentirà senz’altro. E ne risentirà anche il Governo Monti, che in quell’asse franco-tedesco si è ritrovato perfettamente a suo agio. Ma quel che più conta, oggi, è il ritorno di un socialista all’Eliseo: è una vittoria che dà speranza all’Europa, poiché la riporta al proprio spirito originario, che rilancia con forza l’idea del socialismo democratico e che incoraggia anche noi italiani a seguirne l’esempio. Viene invece sconfitta la politica dell’esclusione, del liberismo senza princìpi e del neo-populismo che vuole affermarsi in Europa approfittando delle difficoltà economiche. Il socialismo italiano non potrà che avvantaggiarsi per il netto successo francese”.

A proposito di socialismo, di recente si è celebrato il 120° anno di nascita del Partito socialista italiano: cosa dovrebbe fare, oggi, una forza politica che si definisce socialista per combattere le piaghe della disoccupazione e del precariato?

“I Partiti che conservano delle radici antiche hanno il dovere, conservandole, di mantenere una coerenza nella loro azione politica. Allo stato, il Partito socialista italiano è fuori dalle istituzioni, ma non ho dubbi che, una volta tornato nelle istituzioni, come priorità dell’azione politica del Psi si porranno la lotta contro la disoccupazione e politiche più virtuose per recuperare nuovi posti di lavoro, oltre alla doverosa difesa di coloro che lo perdono”.

Con la fine del Governo Berlusconi e la conseguente messa in discussione del ‘bipolarismo muscolare’, che ruolo politico potrebbe svolgere il Partito socialista italiano nel nuovo assetto partitico, in vista delle elezioni del 2013?
“Intanto, non sappiamo con quale legge elettorale si andrà a votare. Quel che noi auspichiamo è un sistema che salvaguardi le posizioni di minoranza e una direzione della politica italiana sempre più verso l’Europa, cioè un fronte conservator-popolare che si opponga a uno schieramento progressista e riformista. Questa sarebbe la soluzione ideale anche per l’Italia, eliminando tutta una serie di ‘storie’ della seconda Repubblica: e non sono poche…”.

Condivide la posizione del Segretario nazionale, Riccardo Nencini, secondo il quale il Psi potrebbe schierarsi accanto a Bersani e Vendola in una sorta di grande ‘casa dei riformisti’?
“La formula della ‘casa’ mi convince fino a un certo punto, poiché la ‘politica condominiale’ non è mai la migliore. Quel che è certo - e possibile - è che le forze di progresso si possono unire per una proposta di Governo credibile, abbandonando al loro destino quelle antisistema”.





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Marco Lombardi - Firenze - Mail - lunedi 7 maggio 2012 19.13
Per Hollande, nonostante tutto, un successo di misura

Trovo certo apprezzabile in Sarkozy la scelta di legittimare pubblicamente l'avversario vincitore, annunciando al contempo il proprio arretramento nelle seconde file del partito - senza magari cedere il posto allo scalpitante figlio. Tuttavia la ricerca di stile nell'accettare la sconfitta sta forse deviando l'analisi del voto. Nonostante la defezione di Jean-Marie Le Pen, la cui opzione per la scheda bianca potrebbe spiegare parte dell'astensionismo, Hollande si è imposto sostanzialmente di misura. Si sarebbe pensato ad un margine più ampio a favore del leader socialista e l'impressione è che, con un candidato più conforme al sensibile olfatto dei francesi (perché mounsier Bruni è stata una parentesi coatta nella seria compostezza transalpina), l'UMP avrebbe potuto affermarsi, a dispetto della crisi economica e della criticata sudditanza verso la Germania. Non sarà facile per il nuovo Presidente della Repubblica Hollande realizzare i punti del proprio programma, fra cui una politica economica meno rigorosa, legato come è all'appoggio dei centristi e, soprattutto, in vista di elezioni legislative che a giugno potrebbero confermare un Primo Ministro di centro-destra. La faticosa coabitazione che ne risulterebbe avrebbe inoltre pesanti ripercussioni per i già fragili equilibri dell'Unione Europea, con effetti che ci riguarderebbero molto da vicino.
Marco Lombardi


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